«È stato molto emozionante. Grazie!»: con queste parole, qualche giorno fa all’anteprima stampa milanese, una collega giornalista ha salutato Matteo Moneta, co-autore del soggetto e della sceneggiatura del docufilm Uomini e Dei. Le meraviglie del Museo Egizio, seduto nella nostra stessa fila. Concordo con lei.
Il lungometraggio sarà proiettato nelle sale italiane soltanto nelle date di martedì 12 e mercoledì 13 marzo. Ne firma la regia Michele Mally, co-autore del soggetto e della sceneggiatura con il citato Moneta, mentre la produzione è di 3D Produzioni, Nexo Digital e Sky in collaborazione con il Museo Egizio di Torino.
Quattro sono le principali ragioni per cui lo spettatore avrà modo di scoprire un “inedito” Museo Egizio di Torino, grazie a questo documentario realizzato per celebrare il bicentenario del primo museo dedicato alla civiltà dei faraoni.
Prima di tutto conta sulla presenza, nel ruolo di guida d’eccezione, di Jeremy Irons, Premio Oscar come miglior attore nel 1991 per il film Il mistero Von Bulow, in cui interpretava un marito accusato di tentato uxoricidio (sia detto tra parentesi: Irons ha già fatto da cicerone in altri docufilm, come Napoleone. Nel nome dell’arte, ma mai come in questo caso, in cui il tema principale è la morte, la sua figura enigmatica e un poco inquietante lo rende perfetto per la parte).
Secondo motivo: non ci sono visitatori per le sale (i visitatori, come i borghesi per Jules Renard, sono per definizione gli altri…), il che consente di ammirare i reperti senza alcun impedimento.
Terza ragione: l’illuminazione, radicalmente diversa da quella consueta, esalta le opere e i singoli dettagli su cui si sofferma la telecamera, regalandoci inoltre splendidi giochi di riflessi tra i vetri delle teche.
È però forse l’ultimo motivo che segnalo quello a cui va riconosciuto il merito principale, ovvero la coerenza del racconto. La collezione del Museo Egizio di Torino, infatti, è per sua stessa origine (doppia: antiquaria e archeologica), per quantità del materiale esposto, per allestimento, difficile – se non impossibile – da comprendere in una visione unitaria. Uomini e Dei, invece, si concentra sullo straordinario corredo funebre di Kha e Merit, composto da oltre quattrocento pezzi, per proporre un viaggio nell’antico Egitto.
Ad accompagnarci, oltre a Jeremy Irons, ci sono numerosi esperti, a cominciare dal direttore del Museo Egizio Christian Greco. Secondo lui, a ragione, la sala del corredo del capo architetto dei lavori della necropoli tebana, disposto nella sua estrema dimora (oggi identificata con la sigla TT8, ovvero Theban Tomb 8), una vera e propria capsula del tempo, basterebbe da sola a giustificare il viaggio a Torino. Altra parentesi: la grande bellezza della capitale sabauda viene giustamente sottolineata nel film.
Partecipano poi altri volti noti ai frequentatori dell’Egizio, come chi scrive queste righe che si è dato l’obiettivo di visitare il museo una volta al mese, tanto da aver notato che il film è stato girato prima della recente inaugurazione della Galleria della Scrittura, dove sono ora esposti pezzi che nel lungometraggio compaiono nella loro precedente posizione.
Anche senza i sovratitoli ho riconosciuto Federico Poole che si sofferma sulla statua di Ramesse II; Susanne Töpfer, curatrice della collezione papirologica; Paolo Del Vesco, ma anche Vincent Rondot del Museo del Louvre. Ci sono infatti veloci ma intensi “cammei” degli altri principali musei egizi del mondo: da quello del Cairo (non l’attesissimo Grand Egyptian Museum, ma lo storico edificio di piazza Tahrir), al British Museum di Londra, passando per il Neues Museum di Berlino. Avendo appena visitato quest’ultimo, ho provato un brivido di emozione nel rivedere la testa verde di tarda epoca tolemaica e la testina in legno della regina Tiye (la madre di Akhenaton, il faraone “eretico”), oltre che – naturalmente – il celeberrimo busto di Nefertiti.
Ma torniamo ai tesori del Museo Egizio di Torino. Sfilano nel film con l’accompagnamento della colonna sonora originale di Remo Anzovino. Ecco i reperti del villaggio operaio di Deir el-Medina; la statua di Anen, secondo sacerdote di Amon (uno dei miei pezzi preferiti dell’intera collezione); la mummia predinastica di Gebelein… A proposito di mummie: due restauratrici raccontano che quando “operano” su resti umani, lo fanno con il massimo rispetto, evitando discussioni e facendo ascoltare alla mummia solo buona musica
Significativamente Uomini e Dei si chiude con il richiamo del direttore Greco sull’importanza della ricerca per mantenere viva la memoria di quanto conservato al Museo Egizio di Torino.
Io invece finisco con il ricordare l’egittologo tedesco Jan Assmann, scomparso a 85 anni meno di un mese fa, autore – tra le altre opere – de La morte come tema culturale, pubblicato in Italia da Einaudi.
Saul Stucchi
Uomini e Dei
Le meraviglie del Museo Egizio
12 e 13 marzo 2024
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