Io non ho mai amato i film di guerra, e lo si può intuire dal fatto che questo sia il primo di cui vado a parlare. Però La sottile linea rossa di Terrence Malick (1998) è una pellicola molto particolare, di un regista altrettanto particolare.
Innanzitutto le parti con azioni di guerra sono uguali, se non inferiori a quelle bucoliche: basti pensare che il primo colpo da arma da fuoco viene sparato dopo quaranta minuti. Inoltre, seguendo la sceneggiatura dello stesso Malick, il tema del film va a incentrarsi su un dualismo filosofico-scientifico tra la natura e la società umana.
“Questo grande male da dove viene? Come ha fatto a contaminare il mondo? Da quale seme, da quale radice si è sviluppato?” (soldato Edward P. Train)
La sceneggiatura, dicevo, è del regista, ma il soggetto è tratto dal romanzo omonimo del 1962 di James Jones, vero reduce della guerra nel Pacifico. Il titolo è un verso dal poema Tommy di Rudyard Kipling che si riferisce alla guerra di Crimea e nello specifico alla battaglia di Balaklava.
Come che sia, Malick trasforma la conquista dell’isola di Guadalcanal, nelle isole Salomone, in una riflessione, spesso interiore – con voci fuori campo e immagini di indigeni pacifici o di animali e piante – da parte dei vari soldati, costretti a misurarsi con la pazzia della guerra, in luoghi in cui la natura lussureggiante, sembra indifferente alle loro azioni (per questo prima ho parlato di sequenze bucoliche).
“Forse gli uomini appartengono a un’unica grande anima: tutti ne fanno parte. Tutti volti dello stesso essere, un unico grande essere. Tutti cercano la salvezza seguendo il proprio sentiero. Tutti come un piccolo carbone tolto dal fuoco.” (soldato Witt)
I tormenti interiori arrivano direttamente dagli studi del regista americano, laureato ad Harvard in filosofia, con una passione per Kierkegaard, Heidegger e Wittgenstein. Ma la caratteristica fondamentale del cinema di Malick è la sua maniacalità.
La sottile linea rossa è girato spesso in condizioni estreme, con l’ausilio di fonti luminose diverse, sia naturali che artificiali; la stessa scena viene poi ripresa per tre volte e, spesso, persino durante le battaglie, ricorrono inquadrature di elementi naturali.
Il risultato è che – dopo sei mesi di lavoro – la prima versione della pellicola sfiora le sei ore. Il lavoro di montaggio riporta il film a una lunghezza adatta alla distribuzione nelle sale, ma la durata è di ben 170 minuti.
Dopo il vigoroso taglio, molte parti di attori anche illustri vengono ridimensionate (basti l’esempio di George Clooney che dopo due settimane di riprese, compare per meno di un minuto). È necessario, però, che approfondisca un attimo questo aspetto. Terrence è alla sua terza prova registica, dopo quasi vent’anni da I giorni del cielo: la sua fama nel tempo è andata crescendo a tal punto che le più importanti star maschili del cinema si offrono per recitare con lui e quando ci sono tagli anche drastici li accettano di buon grado.
Tornando al film, è ovvio che un ruolo fondamentale tocchi alla fotografia: John Toll è costretto a giocare con le luci e i colori, per sottolineare l’atmosfera e le emozioni che Malick vuole far arrivare al pubblico.
La storia procede per flussi di coscienza, intervallati da momenti di battaglia o – più spesso – da immagini di natura. Il soldato Witt si chiede per tutto il film come riuscire a mantenere pura l’anima in mezzo all’odio, mentre, all’opposto, ci sono i pacifici indigeni della Polinesia e il mare e le spiagge e le foreste.
“La guerra non nobilita l’uomo; lo fa diventare un cane rabbioso, avvelena l’anima.” (soldato Witt)
La sottile linea rossa è costato circa 52 milioni di dollari e ne ha incassati quasi il doppio. Nel 1999 vince l’Orso d’oro a Berlino.
Ho già scritto prima qualcosa su Terrence Malick: completo ora la sua biografia. Classe 1943, nasce a Ottawa, nell’Illinois e, dopo la laurea in filosofia, svolge diversi lavori, fino a dirigere un film indipendente: La rabbia giovane (1973). La sua seconda opera (I giorni del cielo, 1978) incontra qualche problema nella produzione e nel montaggio, a causa del suo perfezionismo maniacale. Dopo questo lavoro lascia gli USA e si trasferisce in Europa.
Torna dopo due decenni con la pellicola di cui sto scrivendo, ma non intensifica la sua produzione: sette anni per The New World, altri tre per The Tree of Life. Gli ultimi anni l’hanno visto più regolare, con altri tre lungometraggi, meno filosofici dei precedenti.
“La nostalgia è un sentimento potente, sovrasta ogni cosa.” (T. Malick)
Oltre che per il perfezionismo e la maniacalità, il nostro si distingue dagli altri protagonisti dello star system anche per l’aura di mistero che ha saputo creare intorno a sé. Concede interviste molto raramente e non vuole essere fotografato, al punto che ha stipulato un contratto che impedisce di usare la sua immagine per fini promozionali. Ovviamente non partecipa a serate di gala o conferenze stampa; preferisce che a parlare per lui siano le sue opere.
E, per chiudere, sottolineo ancora come dagli anni Settanta (inizio della New Hollywood) fino ai giorni nostri, abbia saputo perseguire la sua idea di cinema, con un linguaggio rivoluzionario, con scelte stilistiche originali e con il suo scavo continuo nell’animo umano.
Note e osservazioni
Nel 1964, è stato girato un primo film tratto dal romanzo di Jones, intitolato anch’esso La sottile linea rossa, diretto da Andrew Marton.
Una cosa davvero curiosa è che il DVD originale, come extra, offra un CD di canzoni melanesiane.
P.S.: una lettrice particolarmente attenta mi ha fatto notare come nella precedente recensione (Dio esiste e vive a Bruxelles) io abbia parlato della steadycam, senza spiegarne il significato. Rimedio adesso. Essa è un supporto meccanico, su cui può essere montata una macchina da presa o una telecamera, sostenuto dall’operatore per mezzo di un sofisticato sistema di ammortizzazione, agganciato al corpetto: in questo modo, l’operatore ha le mani libere per controllare la macchina e allo stesso tempo, muoversi liberamente o addirittura correre, senza vibrazioni od oscillazioni eccessive.
L S D
La sottile linea rossa
- Regia: Terrence Malick
- Soggetto: dal romanzo di James Jones
- Sceneggiatura: Terrence Malick
- Interpreti: Sean Penn, Adrien Brody, Jim Caviezel, John Savage, Ben Chaplin, George Clooney, John Cusack