Di godibile lettura, il Piccolo trattato sull’immensità del mondo di Sylvain Tesson, pubblicato da Piano B Edizioni nella traduzione di Anna Faro, è ricco di spunti di riflessione nonché di divagazioni e ricordi dell’autore, scrittore e grande viaggiatore.
I lettori italiani lo conoscono soprattutto per i titoli proposti da Sellerio, come Sentieri neri, da cui Denis Imbert ha tratto il film A passo d’uomo, e Beresina. In sidecar con Napoleone, al quale rimandano le ultime pagine di questo volume.
Si apre con una citazione da The Fairy Queen di Purcell sotto la quale, per renderle la giustizia che merita, stava bene un codice QR che rimandasse a una qualche forma di esecuzione (io ricordo ancora la celestiale prova della Filarmonica di Milano diretta da Federico Maria Sardelli, con il Coro Universitario Ghislieri di Pavia, ascoltata lo scorso dicembre al Piccolo Teatro Studio di Milano).

In undici brevi capitoli, o meglio testi indipendenti, Tesson divaga – è il caso di dire – attorno al tema del viaggio. Questo è l’argomento centrale, da cui dipartono diversi altri, come la natura, la decadenza dell’Occidente, l’incontro con l’altro, il rapporto tra spirito e corpo. Un capitolo è dedicato alla condizione delle donne in giro per il mondo, in cui l’autore riporta alcuni proverbi davvero agghiaccianti.
Le pagine sono intessute di frasi a effetto, ben calibrate, massime degne di trovar posto in un trattato medievale sull’arte del pellegrinare senza meta. Ne cito un paio: “Una vita è realizzata quando coniuga soltanto verbi d’azione”; “il bivacco è un palco aperto sul teatro del mondo”.
Ma abbondano anche i passaggi lirici, come: “Un paesaggio – ogni vagabondo che gli sta seduto davanti con l’anima vuota lo sa – è una tela euclidea tesa sull’orizzonte, sulla quale sono compressi e ridotti su un unico piano i milioni di eventi concorsi alla trasformazione del quadro, un accumulo di strati di Storia ridotti a un unico istante, una storia che avrebbe fatto a meno del dispiegarsi del tempo”.
La visione del mondo e di conseguenza la scrittura di Tesson sono debitrici verso un nutrito pantheon di viaggiatori e scrittori che lui menziona e cita qua e là, da Novalis a London e Jünger, passando per la Yourcenar. E la sua biblioteca interiore la mette a frutto recitando poesie mentre percorre le vie del mondo: “la marcia fa affiorare alla superficie della memoria gli strati di ricordi conservati nella scatola d’osso del cranio, un vero archivio, il bagaglio più prezioso del viaggiatore”.
La biblioteca interiore rispecchia quella fisica che costruirà nel suo ultimo rifugio, sul cui giaciglio scriverà “PICCOLA BIBLIOTECA DEL VAGABONDAGGIO”. E sono sicuro che vi troverebbe posto il suo amato Thoreau accompagnato dalle illustrazioni di Nicola Magrin per Camminare dell’edizione Nuages (le tavole sono in mostra ancora per qualche giorno alla Galleria Nuages di Milano).
Come dicevo in apertura, le riflessioni sono mescolate a fugaci racconti e aneddoti sui suoi viaggi, lungo il fiume Lena, oppure attraversando a piedi il sud del Tibet da Amdo a Lhasa o nel Badakhshan afghano, al confine con il Tagikistan, o ancora cavalcando nel Turkestan e in Mongolia. E fu in groppa a un cavallo che Tesson entrò nella tanto a lungo sognata Bukhara, a prezzo però di una cocente delusione.
Il libro ha giusto vent’anni perché è stato scritto nel 2005, dunque ben prima dell’incendio che ha severamente danneggiato la cattedrale di Notre Dame di Parigi nel 2019 e del successivo restauro, durato cinque anni.
Le pagine sulle avventure sui tetti delle cattedrali gotiche francesi non avrebbero la stessa leggerezza, se scritte oggi. Anche perché nel frattempo – per la precisione nel 2014 – Tesson è rimasto vittima di una brutta caduta, precipitando da un cornicione a otto metri da terra. Dunque il lettore interpreta la stegofilia (l’amore per i tetti) con altri occhi dell’autore di vent’anni fa.
Ci sarebbe ancora tanto da dire, sulla figura del Wanderer (centrale nel libro), sul calcare di Parigi, sulle fate e sulla doppia lettura del mondo, sul “principio della metonimia applicato all’osservazione”, sulle parole che invitano al viaggio (ricordate il rumore del copertone della Mercedes che ad Abatantuono richiama Katmandu nel film Turné di Salvatores? Uguale!), ma lascio a voi il piacere di scoprirlo.
Saul Stucchi
Sylvain Tesson
Piccolo trattato sull’immensità del mondo
Traduzione di Anna Faro
Piano B Edizioni
2024, 160 pagine
14 €