Chiuderà il 16 gennaio 2017 la mostra “Giada. Dagli imperatori all’Art Déco” allestita al Museo Guimet di Parigi. È un’occasione da non perdere per fare un lungo viaggio alla scoperta dei segreti di questa pietra dura che ha segnato millenni di storia e di cultura della Cina (ma non solo), attraverso oltre 300 oggetti prestati da una quindicina di istituzioni francesi (il museo parigino Jaquemart-André, per esempio, ha concesso una bella coppa quadrilobata proveniente dall’Asia centrale) e internazionali, tra cui spicca il Taipei National Palace Museum che da solo ha fornito quasi un terzo del materiale.
Giada da toccare e da ammirare
Il percorso si apre sulla lavorazione della pietra: ci sono foto raffiguranti i vari passaggi a cui viene sottoposta e due pezzi messi a disposizione dei visitatori. Contrariamente a quanto avviene nei musei, qui l’invito è di toccare con mano, di sfiorare la pietra grezza e quella lisciata per sentirne con i polpastrelli delle dita la consistenza e le differenze.
La prima sala è illuminata da luci soffuse che mettono in risalto la preziosità degli oggetti esposti: sembra di essere in gioielleria! E in effetti vasi, contenitori, strumenti cultuali e piccole sculture sono davvero dei gioielli (incantevole il piccolo blocco di giada ravvivato da una scenetta di vita quotidiana, con due uomini che portano ciascuno un pesante carico di… giada!).
Alle pareti campeggiano citazioni che testimoniano l’alto valore simbolico concentrato nella giada. Per esempio Cao Zhao, nel XIV secolo, affermò che “tenendo tra le mani della giada calda e gialla del Khotan è come se una corrente celeste vi scorresse tra le dita”. Ecco: la giada era considerata un medium tra cielo e terra e per questo era la pietra degli imperatori, intermediari tra le sfere celeste e terrestre.
Una teca all’inizio del percorso custodisce proprio una sfera con tre anelli di giada, raffiguranti il Cielo, l’Uomo e la Terra. La loro unione armoniosa forma l’Universo. L’anello dell’uomo è in mezzo agli altri due e li collega; quello esterno è la Terra, mentre l’anello interno è il Cielo.
L’imperatore Qianlong
E poi ci sono oggetti selezionati per rievocare le origini della civiltà della giada in Cina, i colori naturali e le colorazioni artificiali, i rituali della burocrazia celeste, il gusto naturalista dei letterati (la cui cultura nacque sotto la dinastia Song che regnò tra il 960 e il 1279 d.C. per poi svilupparsi sotto i Ming, tra il 1368 e il 1644) e il ruolo di Qianlong (1736-1795), sovrano conquistatore, ma anche fine esteta e uomo pio. Di lui è riportata questa citazione:
Progressivamente desidero mettermi sui passi dell’Antichità, avvicinarla per tornare all’autentico.
C’è anche posto per Giuseppe Castiglione. Chi era costui? Era un missionario gesuita nonché pittore, nato a Milano nel 1688 e morto a Pechino nel 1766. In Cina coniugò l’arte occidentale con quella orientale e alcuni suoi lavori sono conservati proprio al Museo Guimet.
Una stampa su carta mostra la rimozione dell’assedio del Fiume Nero, mentre un rotolo raffigura la scena di alcuni Kazaki che presentano dei cavalli all’imperatore Qianlong. Fu sotto il regno di quest’ultimo che la Cina conquistò territori islamici chiamati da allora Xinjiang, ovvero “Nuova frontiera”. Tra le varie conseguenze di questa espansione territoriale ci fu anche il controllo diretto di ricchissimi giacimenti di giada che diede un notevole impulso alla produzione imperiale.
Il Rosario dell’Imperatrice
L’area di contatto (e di scontro) tra Cina e mondo islamico diede vita a un raffinatissimo artigianato con la condivisione di forme e di motivi. In questa sezione sono esposti, se posso esprimere il mio parere personale, gli oggetti più belli (chi va a Parigi non tralasci di cercare al Museo del Louvre altri gioielli in giada, come lo splendido pugnale con manico a forma di testa di cavallo, esposto nel nuovo Dipartimento di Arti dell’Islam).
Il percorso continua poi fino ai paraventi di Coco Chanel, regina della moda, passando per il cosiddetto “Rosario dell’Imperatrice” Eugenia, moglie di Napoleone III. Composto da giadeite, quarzo rosa, lapislazzuli, spinelle, corallo, perle e oro non portò bene all’ultima sovrana di Francia. Le fu regalato dal capo della spedizione francese che fece montare a rosario monili cerimoniali dei mandarini. Il gioiello attirò le critiche dell’opinione pubblica, contraria alla campagna di Cina e come Maria Antonietta venne indebolita dallo scandalo dell’affare della collana, Eugenia subì quello del Rosario cinese.
Quante storie per una pietra!
Saul Stucchi
Didascalie:
- Piatto forato con motivo del dragone
Cina
Dinastie Liao o Song del Nord, prima metà dell’XI secolo
Giada
Museo Nazionale del Palazzo, Taipei, Guyu 2251
© Museo Nazionale del Palazzo, Taipei - Miniatura di montagna (shanzi): estrazione della giada
Cina
Dinastia Qing (1644-1911), regno di Qianlong (1736-1795)
Giada
Museo Nazionale del Palazzo, Taipei, Guyu 2880
© Museo Nazionale del Palazzo, Taipei - Coppia di schermi da tavolo con decorazione di elefante e prugno
Cina
Dinastia Qing, regno di Qianlong (1736-1795)
Giada
Museo Nazionale del Palazzo, Taipei, a : Guyu 1572/1573, b : Guyu 1574/1575
© Museo Nazionale del Palazzo, Taipei
Giada. Dagli imperatori all’Art Déco
Fino al 16 gennaio 2017