È possibile raccontare una civiltà descrivendola attraverso qualche decina di parole? Certo che no. Ne è consapevole il professor Giulio Guidorizzi che lo riconosce in apertura del suo nuovo libro Il lessico dei greci. Una civiltà in 30 parole, pubblicato da Raffaello Cortina Editore.
Lasciamogli la parola, è il caso di dire:
Questo non è un libro di semantica, ma di storia della cultura. Le parole infatti contengono la parte essenziale della storia di una civiltà, e parlano di come essa affrontò il reale attorno a sé per renderlo comunicabile, come un gran bosco che a poco a poco nel tempo si allarga, o in alcune zone si secca. In questo libro ho scelto trenta parole che esprimono a mio parere il cuore della civiltà greca. È un numero piccolo: potrebbero essere trecento o mille ed è una scelta in parte soggettiva, risultato di tanti anni di mia riflessione su questo mondo, perché nessuno può negare che le origini della nostra cultura stanno là, in quella penisola assolata e spazzata dai venti, e nella miriade di isole che popolano il suo mare viola”.

Il volume si articola in sette sezioni, a loro volta suddivise in capitoli:
- Forze primordiali
- L’io interiore
- La società
- Il sacro
- Valori omerici
- L’arte e la bellezza
- I saperi
Il glossario si apre con agón, gara, per chiudersi con psyché, anima, passando per termini di immediata riconoscibilità e comprensione come éros e politiké e molti altri meno noti al grande pubblico, come aoidé (canto) e týche (sorte).
Ma al di là dei termini presi in esame per fare un ritratto della civiltà greca, numerose sono le parole che dal vocabolario greco sono venute – seguendo percorsi più o meno tortuosi – ad arricchire il nostro. Le leggiamo in questo Lessico senza quasi farci caso: poesia, storia, metro, fenomeni, ottica, effimero, cosmo, etica, politica, pragmatismo (ma in chiusura c’è una raffinata definizione di Epicuro e Freud come “archegeti di una palingenesi della mente umana”).
Guidorizzi scava nella mente e nella letteratura dei greci per spiegare al lettore le parole che hanno retto per secoli l’elaborato edificio della loro cultura, termini usati da filosofi e teologi, politici e poeti, ma anche dal popolo, in particolare quello ateniese che frequentava l’agorà e il teatro (altre due parole greche) e i tribunali, per la rabbia di Aristofane. Quanto fossero importanti le parole lo si capisce da questa sua considerazione:
Si può dire che quella greca fu una società di ascoltatori: qualcuno parlava, il pubblico assentiva, magari disapprovava; fu una società in cui l’idea del teatro e degli spettatori era saldamente presente, durante i dibattiti giudiziari, durante le assemblee politiche o quando c’erano dei concorsi di poesia ai quali accorreva tutto il popolo”.
L’autore fa anche riferimenti a scoperte archeologiche, come quella nel sito cretese di Anemospilia che testimonia di un sacrificio umano compiuto in epoca pregreca o il rinvenimento di una tavoletta di piombo lasciata nella tomba di un bambino con un testo carico d’odio per legare la tanto desiderata Teodora all’autore della magia (come vedete, le personalità disturbate precedono di millenni i social che però possiamo “leggere” come esasperazione incontrollata di questi antichi mezzi di sfogo).
Il professore si sofferma più volte ad analizzare la psicologia dei comportamenti, come nel caso dei tentativi di “risolvere conflitti tra impulsi contraddittori” in una società profondamente improntata ai modelli eroici come quella descritta dai poemi omerici.
Cambiando i tempi, dalla società omerica a quella classica, cambiò spesso il valore delle parole, se non il loro significato, e mutarono i paradigmi (per esempio quello per interpretare la malattia mentale, focus di attenzione della scuola medica ippocratica) ma l’ambivalenza dei termini è ciò che caratterizza una cultura così ricca come quella greca (e mette a dura prova chi è chiamato a tradurli in italiano, magari sul banco del liceo).
Nella recensione alla Biografia di Paolo del cardinal Gianfranco Ravasi, pubblicata dallo stesso editore, avevo notato che nessuna delle parole scelte per illustrare la capacità creativa dell’Apostolo delle Genti ricorre in questo Lessico. Ma qui troviamo un interessante capitolo sullo sport e sulle sue parole, non solo fondamentale per comprendere la cultura greca, ma anche utile per intendere appieno le metafore sportive care a Paolo.
Non potevano certo mancare un capitolo dedicato alla follia appena menzionata e uno sul sogno, temi assai cari a Guidorizzi che vi ha dedicato vari lavori. Personalmente ricordo ancora il suo corso monografico all’Università Statale di Milano quando il professore insegnava Grammatica greca. Fu quello il mio primo esame e l’unico 26/30, il voto più basso nella mia tormentata carriera universitaria.
Come sempre nei volumi della “collana / fuori collana” (ricordiamo i titoli dello stesso Guidorizzi come La Sicilia degli dei a quattro mani con Silvia Romani, e di Gian Piero Piretto, tra cui L’ultimo spettacolo. I funerali sovietici che hanno fatto storia) le pagine sono arricchite da un prezioso inserto iconografico.
Saul Stucchi
Giulio Guidorizzi
Il lessico dei greci
Una civiltà in 30 parole
Raffaello Cortina Editore
2024, 240 pagine
20 €