“L’ALIBI della domenica” è dedicato questa settimana a lui: N.
Sarà proiettato nelle sale cinematografiche soltanto nelle date di lunedì 8, martedì 9 e mercoledì 10 novembre 2021 il docufilm “Napoleone. Nel nome dell’arte”, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia. Come sempre, l’elenco delle sale è disponibile sul sito www.nexodigital.it.

È un’intensa cavalcata che rievoca biografia, carriera e storia di un uomo che è diventato mito. Impossibile condensare in 100 minuti la sua vita. Del resto non ci riescono neppure gli oltre 170 mila libri che finora sono stati scritti su di lui, la seconda figura storica più celebre al mondo, dopo Gesù Cristo (altro che Beatles, con buona pace di John Lennon). Il lungometraggio si prefigge dunque lo scopo di sottolineare alcuni aspetti della caleidoscopica e inimitabile esperienza di Napoleone, concentrandosi soprattutto sul suo rapporto con l’arte.
Napoleone e Milano
Il racconto si apre su piazza del Duomo a Milano ed è affidato a Jeremy Irons che avevamo già apprezzato, al di fuori della sua carriera cinematografica, nel docufilm sul Museo del Prado. Dall’oggi torniamo indietro al 26 maggio del 1805, giorno dell’incoronazione di Napoleone a Re d’Italia. Intesa Sanpaolo si è impegnata per il progetto “Restituzioni” nel restauro del manto indossato da Napoleone e degli oggetti utilizzati durante la cerimonia, a cominciare dalla “Mano di Giustizia”.
Milano e le sue perle culturali torneranno spesso, anzi sono – si può dire – l’ossatura del film. Via via compariranno la Pinacoteca di Brera e il suo direttore James Bradburne, la Biblioteca Braidense (nella cui sala di lettura Irons sfoglia uno dei 23 volumi della Description de l’Égypte, provocando a chi scrive una scarica d’invidia che neanche quando se la spassava con la Binoche ne “Il danno” di Louis Malle), l’Ambrosiana, Palazzo Reale e l’Archivio di Stato, dove Licia Sirch ha ritrovato il Te Deum di Francesco Pollini suonato in quella maestosa – davvero! – cerimonia, una sorta di replica del Sacre di Notre-Dame, ma con un tempo bellissimo.

Il recupero di quel brano musicale, eseguito dall’Orchestra Fondazione “I Pomeriggi Musicali” diretta da Marco Pace, con il mezzosoprano Giuseppina Bridelli, è un altro fil rouge del film, le cui musiche originali invece sono state composte da Remo Anzovino.
E poi l’Egitto, con la battaglia delle Piramidi (“Soldati, ricordatevi che dall’alto di queste piramidi, quaranta secoli vi guardano”), i 167 Savants al seguito dell’esercito e l’invenzione dell’egittologia. En passant: ci sono quelli che vanno al cimitero del Père-Lachaise a deporre un fiore sulla tomba di Jim Morrison o di Oscar Wilde. Io ci vado per rendere omaggio, tra gli altri, a Dominique Vivant-Denon e Gaspard Monge.
Napoleone e l’arte
Essendo l’arte il tema centrale del documentario, le spoliazioni napoleoniche (in realtà iniziate precedentemente, ancora nella fase rivoluzionaria) e la fondazione del Louvre come “museo universale” (ne parla Jean-Luc Martinez, all’epoca della realizzazione del film presidente-direttore del Museo, carica che dal primo settembre di quest’anno è stata assunta da Laurence des Cars, la prima donna a ricoprire questo prestigioso incarico) vi hanno un ruolo chiave.
Tra i numerosi ospiti impossibile non menzionare almeno lo storico Luigi Mascilli Migliorini i cui libri sull’epopea napoleonica sono nella biblioteca di tutti gli aficionados; Ernesto Ferrero, anch’egli autore di diversi libri, tra cui il romanzo “N” da cui Paolo Virzì ha tratto il non fortunato film “N (Io e Napoleone)” con Daniel Auteuil, Elio Germano e Monica Bellucci; e l’archeologo e storico dell’arte Salvatore Settis, a cui tocca il compito di raccontare l’odissea dei capolavori “italiani” (il rientro della maggior parte dei quali, dopo Waterloo, fu pagato dagli Inglesi). Gli spettatori più attenti noteranno la decorazione della Legion d’Onore appuntata sulla giacca dello storico.
Una vita da film
Tra aneddoti ed episodi celeberrimi (per esempio la battaglia a palle di neve nel cortile della scuola militare di Brienne, prima “vittoria” del giovane ancora Buonaparte con la “u” è rievocata da uno spezzone del film “Napoleone” del 1927: titolo originale “Napoléon vu par Abel Gance”; durata della prima versione 333 minuti! (poi ridotti a “soli” 235, come a dire 4 ore invece di 5 e mezza…).
I 100 minuti del docufilm diretto da Giovanni Piscaglia su soggetto di Didi Gnocchi, co-autrice della sceneggiatura con Matteo Moneta, scorrono invece velocissimi, tra capolavori dell’arte (a proposito: le spoliazioni napoleoniche costituiscono il capitolo più corposo del nuovo libro di Fabio Isman: “Quando l’arte va a ruba”, pubblicato da Giunti, di cui parleremo nei prossimi giorni) e vittorie sui campi di battaglia (fino alle sconfitte a Lipsia e Waterloo).
Malato di sfrenato attivismo, Napoleone si è occupato di tutto: del piccolo e del grande, del comune e quotidiano quanto dell’eccezionale, del singolo e dei popoli, sempre con un occhio di riguardo alla comunicazione, intesa modernamente a 360 gradi: nella consapevolezza del “potere delle immagini” ha superato di gran lunga Augusto.
Naturalmente non poteva mancare Giuseppina, il grande amore di Napoleone. Viene citato un brano di una lettera, credo quella datata 6 Brumaio Anno IV (ovvero 28 ottobre 1795): “la mia anima è spezzata dal dolore, e non c’è riposo per il tuo amico”. Napoleone le scrive in francese, ma infila un romantico “mio dolce amor” in italiano. Pochi anni dopo, prima di rientrare dalla fallimentare spedizione in Egitto, le scriverà invece un messaggio con questa indicazione: “Je reviens en trois jours; ne te laves pas!”. È uno degli aneddoti che non troverete nel docufilm.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Jeremy Irons alla Biblioteca Braidense di Milano
Foto © Francesco Prandoni - Jacques-Louis David
Bonaparte valica il Gran San Bernardo
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