Le vetrine di numerosi negozi che affacciano sulla via principale della cittadina di Waterloo, pochi chilometri a sud di Bruxelles, espongono in questi giorni un richiamo al bicentenario della battaglia. Non soltanto, è evidente, i manifesti delle commemorazioni. Alcune giocano con ironia sull’avvenimento storico, capitale per la storia europea, e sul protagonista che ne uscì sconfitto, naturalmente Napoleone. Il negozio di ottica, per esempio, mette in mostra telescopi di ultima generazione accompagnati dal provocatorio messaggio “… e se Napoleone?” sottintendendo “Cosa sarebbe successo se l’Imperatore avesse avuto uno di questi?”. Forse avrebbe evitato di confondere i Prussiani con i tanto attesi (ma invano!) rinforzi di Grouchy, attribuendo correttamente ai nemici il fumo che proveniva dall’estrema destra del suo schieramento. Ma capirlo con qualche minuto d’anticipo non gli avrebbe giovato granché.
Venerdì scorso, 18 giugno, davanti al Museo Wellington c’era una piccola folla. Turisti e curiosi erano attirati dai figuranti che indossavano uniformi che sono la replica perfetta di quelle portate dai soldati di duecento anni fa. Scattavano fotografie a raffica e si facevano un selfie in compagnia di un fante di linea del 108° reggimento. L’edificio che ospitò il quartier generale di Wellington da tempo è stato trasformato in un museo. Fino al 31 luglio si può visitare l’esposizione Napoleone – Wellington, destini incrociati. Sulle porte di vetro che danno accesso alla mostra è riportata la celebre sentenza del duca di Wellington, secondo cui “soltanto una battaglia persa è più terribile di una battaglia vinta”.
Ad accogliere i visitatori ci sono i busti dei due antagonisti, di cui i curatori hanno ricostruito in parallelo le carriere, con buona pace di von Blücher e dei Prussiani, il cui determinante apporto viene trascurato. Le didascalie in verde individuano gli oggetti riguardanti Napoleone, mentre quelle in rosso sono per Wellington. Ci sono monete, il bastone da maresciallo di Massena con l’iscrizione “Terror belli decus pacis” (terrore in guerra, ornamento in tempo di pace), copie di documenti e stampe, la borraccia da cui beveva il generale Bonaparte nel 1796, ai tempi della prima Campagna d’Italia, un servizio da tè decorato in stile egittizzante, souvenirs, memorabilia e persino reliquie: per par condicio, sono esposte ciocche di capelli sia di Wellington che di Napoleone.
Nel cortiletto, tra lapidi e monumenti funebri (quello del colonnello H. W. Ellis, caduto nella battaglia di Waterloo, curiosamente porta sui due lati lo stesso testo in inglese e in francese, quasi a dire che nella morte la contrapposizione tra nemici perde di significato), il principe Charles Napoléon Bonaparte (classe 1950) e suo figlio Jean-Cristophe (nato nel 1986), lontani discendenti di Girolamo, il più giovane dei fratelli Bonaparte, si concedono con pazienza alle interviste dei giornalisti. Percorrendo a piedi qualche centinaio di metri si arriva alle antiche scuderie, dove è allestita la mostra Storia in mattoncini Lego. I monumenti e i momenti salienti dell’epoca napoleonica sono ricostruiti – è il caso di dire – mattoncino su mattoncino: dal Codice Civile, al ritratto di Napoleone sul cavallo bianco realizzato da Jacques-Louis David, per cui sono serviti poco meno di 100 mila pezzi e un lavoro di 200 ore, mentre sono bastati meno di 10 mila pezzi e 98 ore per completare il modellino del Museo Wellington, con tanto di turista che scatta una foto. Nonostante i cartelli “Non toccare” posizionati in bella vista accanto a ogni opera, qualcuno ha rubato (per sfregio?) il cappello a von Blücher, impettito sul cavallo mentre fronteggia lo schieramento di Napoleone. Il celebre bicorno dell’Imperatore è invece un altro degli oggetti ricostruiti (con 4 mila pezzi) e non poteva essere altrimenti, essendo l’icona più riconoscibile dell’intera epopea.
La lunga prima giornata di commemorazioni si è conclusa con lo spettacolo Inferno, a cui hanno assistito molte migliaia di persone. Luc Petit, il suo ideatore, si è ispirato al poema L’Espiazione di Victor Hugo:
Waterloo ! Waterloo ! Waterloo ! morne plaine !
Comme une onde qui bout dans une urne trop pleine,
Dans ton cirque de bois, de coteaux, de vallons,
La pâle mort mêlait les sombres bataillons.
D’un côté c’est l’Europe et de l’autre la France.
Choc sanglant ! des héros Dieu trompait l’espérance ;
Tu désertais, victoire, et le sort était las.
O Waterloo ! je pleure et je m’arrête, hélas !
Petit ne ha tratto uno spettacolo pirotecnico, nel vero senso della parola. A dominare sono stati infatti i fuochi d’artificio, insieme ai riflettori che arrossavano i verdi campi. Mentre ripensavo alle scene del film Fiorile dei fratelli Taviani, un buontempone dalla parte dei soldati ha urlato “Happy New Year!”, scatenando l’ilarità generale. “Tra il sublime e il ridicolo non vi è che un passo”, ha detto del resto Napoleone. In questo venerdì dal cielo appena striato di evanescenti nuvole la domenica di sangue di due secoli fa si è trasformata in una carnevalata, con tanto di tamburi e cornamuse.
Gli altoparlanti esplodevano il brano The Hanging Tree di James Newton Howard (quello di Hunger Games, per intenderci) e cavalli rampanti fatti d’aria s’imbizzarrivano al racconto del poeta. Forse sarebbe stato auspicabile qualcosa di più sobrio (se non il silenzio) per ricordare le migliaia di vittime. È anche vero che lo spettacolo affonda le radici e in qualche modo trova legittimazione nel fasto delle feste e delle cerimonie pubbliche di epoca napoleonica, di qua e di là della Manica, quando anche i funerali di stato erano un avvenimento (su tutti quello delll’Ammiraglio Nelson). Inferno è finito in gloria sulle note della marcia di Pomp and Circumstance, mentre sulla destra delle tribune, isolato e possente in cima alla collinetta artificiale, rimaneva impassibile il gigantesco Leone.
Saul Stucchi
INFO
Musée Wellington
Chaussée de Bruxelles 147
Waterloo
Belgio
www.museewellington.be
Waterloo 2015
www.waterloo2015.org
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