Cosa rimane quando si chiude una mostra? Restano i ricordi, magari gli appunti presi durante la visita ed eventualmente le fotografie che abbiamo scattato con lo smartphone (la maggior parte delle volte non sono un granché, a causa dei riflessi delle luci sulle teche). Ma soprattutto resta il catalogo.

Sfogliare quello dell’esposizione “L’Or des Pharaons. 2500 ans d’orfèvrerie dans l’Egypte ancienne”, curata da Christiane Ziegler (disponibile solo in lingua francese) è un piacere intenso tanto quanto la visita stessa, per chi abbia avuto il piacere di ammirare i pezzi esposti al Grimaldi Forum nel Principato di Monaco dal 7 luglio al 9 settembre 2018.
In più c’è il vantaggio di poter apprezzare i dettagli più piccoli dei gioielli e degli altri pezzi presenti nelle sale, grazie alle splendide fotografie che arricchiscono il volume, peraltro dalla robusta copertina rigida che nel tempo ne salvaguarderà il valore.
Prendete per esempio i due collier “large” della principessa Khenemet e della principessa Ita-Ouret, rispettivamente esaminati nelle schede n. 99 e 100. Le fotografie a doppia pagina sono un piacere per gli occhi. Ci si perde nei particolari: i pilastri djed (simboli di stabilità), le croci ankh e uas (was), bastone dei sacerdoti.

Oppure soffermatevi sulle scene che ricoprono il sarcofago aureo di Tuya, con le divinità del pantheon egizio ben riconoscibili, da Thot ad Anubis.
O, ancora, i meravigliosi braccialetti di Amenemope, faraone della XXI dinastia. Fate attenzione: i cartigli che vi sono raffigurati non contengono il nome del sovrano, bensì quello del predecessore Psusennes I, rispettivamente Akheperra setepenamon, ovvero “Grandi sono le manifestazioni di Ra, scelto da Amon” e Pasebakhaienniut meriamon “L’astro è apparso sulla città (di Tebe), amato da Amon”.
Tra i testi segnalo il saggio “Le pillage des tombes royales dans l’antiquité”, scritto da Mélodie Boussalmi che rievoca la storia antica delle depredazioni, in auge soprattutto nei momenti di crisi istituzionale ed economica, come per esempio alla fine dell’epoca ramesside, quando lo stato non si dimostrò in grado di assicurare il pagamento regolare dei dipendenti pubblici che allora cercavano “altre vie”…

Le schede sono ricche di informazioni. Sapevate che gli antichi egizi – non soltanto le donne, ma anche gli uomini – usavano un fard di colore nero e un altro di colore verde. Quest’ultimo ha un’attestazione più antica. Era composto da malachite (carbonato di rame), proveniente dalla penisola del Sinai, mentre quello nero, prodotto dalla galena (solfuro di piombo). Il fard non veniva utilizzato soltanto per ragioni estetiche, ma anche per prevenire infezioni oculari.
Rimanendo nell’ambito della cura del corpo segnaliamo i rasoi della regina Hetepheres (IV dinastia). In oro! Al tesoro della regina appartengono anche una coppa e degli splendidi braccialetti in argento incrostato di cornalina, lapislazzuli, diaspro verde e turchese. Su ciascuno sono raffigurate quattro farfalle dalle ali spiegate.
A chiudere il catalogo c’è una selezione di testi antichi, tradotti dall’egiziano, dall’accadico e dal greco, tra cui una lettera inviata da Tushratta, re di Mitanni, al faraone Amenofi III, e un estratto del processo ai predoni delle tombe durante il regno di Ramses IX (dal cosiddetto “Papiro Léopold”, conservato ai Musées Royaux d’Art et d’Histoire di Bruxelles).
Saul Stucchi
Didascalie:
- Sarcofago di Tuya
Legno, oro, argento
Valle dei Re, tomba di Yuya e Tuya
XVIII dinastia, regno di Amenofi III
Il Cairo, Museo Egizio, JE 68965, JE 95233
© Laboratoriorosso Srl - Bracciale decorato con uno scarabeo alato e i cartigli di Psusennes I
Oro, lapislazzuli e pasta di vetro
Terzo Periodo Intermedio, XXI dinastia, regno di Psusennes I – Tanis
Il Cairo, Museo Egizio, inv. SR 1/8727, JE86027
© Egyptian Museum, Cairo