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Voi siete qui: Biblioteca » Diavoli stranieri: con Peter Hopkirk sulla Via della Seta

14 Dicembre 2009 Scritto da Saul Stucchi

Diavoli stranieri: con Peter Hopkirk sulla Via della Seta

Sei uomini pronti a tutto. A patire sofferenze e privazioni inimmaginabili, a sopportare una dissenteria cronica, a cibarsi di pasti estremamente monotoni a base di “riso con grasso di montone, o grasso di montone con riso” (e il grasso di montone, d’estate, era invariabilmente rancido); a percorrere migliaia di chilometri nel deserto più inospitale del mondo, a rischiare la vita per arrivare prima degli avversari in quella folle corsa ai tesori sepolti lungo la Via della Seta.

Quale fu il risultato di tutti questi sforzi? Nel migliore dei casi i reperti archeologici sui quali riuscirono a mettere le mani sono finiti esposti in una vetrinetta nella sala più angusta di un museo. È andata senz’altro peggio a gran parte del materiale tanto faticosamente ricercato: un’ingloriosa reclusione negli scantinati degli stessi musei, quando non addirittura la distruzione, come è capitato a buona parte della raccolta messa insieme da von Le Coq nel corso delle sue spedizioni nel Takla Makan (il cui nome è tutto un programma: “se entri, non esci”), colpita dai bombardamenti su Berlino nel corso del secondo conflitto mondiale.
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Ignari del triste destino che si sarebbe abbattuto sulle loro “prede”, i sei protagonisti della storia raccontata magistralmente da Peter Hopkirk in Diavoli stranieri sulla Via della Seta non si risparmiarono nulla ed ebbero pochissimi scrupoli. Rubarono, corruppero, ingannarono, spiarono, mentirono, ricorsero agli espedienti più originali (e a volte abbietti) per chiudere in una cassa di legno un vaso, un manoscritto, una statua, un timpano, un tesoretto di monete.

Le sabbie dei deserti centrasiatici avevano per secoli ricoperto intere città di cui si erano completamente perse le tracce. Ogni tanto riaffiorava qualche reperto che alimentava il mercato clandestino, riportato alla luce dai picconi degli scavatori di frodo i cui metodi di lavoro ben poco differivano da quelli utilizzati dalle spedizioni “scientifiche” dei nostri sei protagonisti, dei quali è giunto il momento di rivelare il nome. Dalla Svezia partì Sven Hedin, dalla Gran Bretagna Sir Aurel Stein, dalla Germania Albert von Le Coq, dalla Francia Paul Pelliot, dagli USA Langdon Warner e dal Giappone l’enigmatico conte Otani.

diavolistranieri_coverAlla corsa archeologica nel Turkestan aveva inconsapevolmente dato il via il tenente Bower: un manoscritto composto da una cinquantina di fogli di corteccia di betulla comprato nell’oasi di Kucha era risultato essere uno dei più antichi testi manoscritti conservati, essendo databile al V secolo. Bastò a scatenare una vera e propria gara per accaparrarsi quanti più manoscritti possibile, a volte con esiti comici.
La British Library di Londra custodisce ancora due casse di falsi realizzati con maestria da Islam Akhun, un cercatore di tesori semianalfabeta che riuscì a ingannare per anni i più illustri professori universitari del mondo. Il Museo Guimet di Parigi, invece, espone una piccola foto che ritrae Paul Pelliot mentre esamina centinaia di manoscritti in una delle Grotte dei Mille Buddha a Tun-huang. Fu questa una delle mete più ambite della gara, oggi raggiunta in pullman air-conditioned da chiassose torme di turisti globalizzati all’oscuro dell’epica competizione che si era scatenata oltre un secolo fa.
PS: Peter Hopkirk non è uno storico da tavolino, non solo, perlomeno. La terza di copertina ricorda infatti i suoi soggiorni nelle carceri di varie polizie segrete, tra Cuba e il Medio Oriente. Le note biografiche segnalano che servì nello stesso reggimento in cui era caporale il futuro dittatore ugandese Idi Amin Dada.
Saul Stucchi

Peter Hopkirk
Diavoli stranieri sulla Via della Seta
Adelphi 2006
313 pp. 23.00 €

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