Sei uomini pronti a tutto. A patire sofferenze e privazioni inimmaginabili, a sopportare una dissenteria cronica, a cibarsi di pasti estremamente monotoni a base di “riso con grasso di montone, o grasso di montone con riso” (e il grasso di montone, d’estate, era invariabilmente rancido); a percorrere migliaia di chilometri nel deserto più inospitale del mondo, a rischiare la vita per arrivare prima degli avversari in quella folle corsa ai tesori sepolti lungo la Via della Seta.

Ignari del triste destino che si sarebbe abbattuto sulle loro “prede”, i sei protagonisti della storia raccontata magistralmente da Peter Hopkirk in Diavoli stranieri sulla Via della Seta non si risparmiarono nulla ed ebbero pochissimi scrupoli. Rubarono, corruppero, ingannarono, spiarono, mentirono, ricorsero agli espedienti più originali (e a volte abbietti) per chiudere in una cassa di legno un vaso, un manoscritto, una statua, un timpano, un tesoretto di monete.
Le sabbie dei deserti centrasiatici avevano per secoli ricoperto intere città di cui si erano completamente perse le tracce. Ogni tanto riaffiorava qualche reperto che alimentava il mercato clandestino, riportato alla luce dai picconi degli scavatori di frodo i cui metodi di lavoro ben poco differivano da quelli utilizzati dalle spedizioni “scientifiche” dei nostri sei protagonisti, dei quali è giunto il momento di rivelare il nome. Dalla Svezia partì Sven Hedin, dalla Gran Bretagna Sir Aurel Stein, dalla Germania Albert von Le Coq, dalla Francia Paul Pelliot, dagli USA Langdon Warner e dal Giappone l’enigmatico conte Otani.

Saul Stucchi
Peter Hopkirk
Diavoli stranieri sulla Via della Seta
Adelphi 2006
313 pp. 23.00 €