Ero già stato una manciata di volte a Zurigo, ma sempre per visite “mordi e fuggi”, con al massimo un pernottamento alla volta. Ovviamente il fatto che sia una delle città più care al mondo – in alcune classifiche si merita addirittura il gradino più alto del podio, davanti a Hong Kong e Shangai – ha avuto il suo peso nella durata dei precedenti soggiorni.
All’inizio di quest’anno mi sono invece fermato per un weekend lungo quattro giorni, da giovedì a domenica. Le esperienze fatte in questo lasso di tempo hanno cambiato la mia idea della città, facendola rapidamente salire di posizione nella mia personale lista di preferenze.
Al motivo principale per cui ci sono appena stato dedicherò un articolo più avanti, per ora permettetemi di glissare. Qui segnalo cinque cose che non avevo mai fatto prima a Zurigo.
La montagna magica
Tanto per cominciare, non ero mai stato in cima al monte Uetliberg che domina la città e il lago. La vetta sta a 871 metri sul livello del mare e si chiama Uto Kulm, come l’hotel in cui ho soggiornato. Il panorama è spettacolare, ma vedere l’albergo e il bosco circostante ricoperti di neve appena caduta è stata l’esperienza più emozionante dell’intero viaggio.

Davvero un’atmosfera da Montagna magica o incantata come nel romanzo Zauberberg di Thomas Mann che sto rileggendo in questi mesi, al ritmo di cinque pagine al giorno. Certo, Uetliberg non è Davos (meta di una prossima gita, spero), tuttavia per me – lettore appassionato di Mann – non è stato possibile evitare di associare quello che vedevo a quello che leggevo e paragonare gli ospiti dell’albergo ai personaggi del Berghof.
Una sera all’opera
La magia della neve si è ripetuta nella notte di sabato anche giù in città. Entrati in largo anticipo al Teatro dell’opera o Operahaus sotto una insignificante pioggerellina per assistere alla Madama Butterfly di Puccini, ci siamo ritrovati sulla terrazza ricoperta di un manto bianco al momento dell’intervallo, durante il quale ci siamo goduti un aperitivo ordinato con due giorni di anticipo direttamente sul sito del teatro (ottimo servizio!).

“Milk-punch, o whisky?” chiede Pinkerton al console Sharpless nel primo atto. Noi invece abbiamo scelto di brindare con un calice di rosé locale e uno di tempranillo della Ribera del Duero, ad accompagnare una micro quiche e altri piccoli stuzzichini. Al termine della rappresentazione il soprano Marina Rebeka, nella parte di Cio-Cio-San, ha ricevuto prolungati e calorosissimi applausi dagli spettatori di ogni ordine e grado, compresi noi che eravamo nelle ultime due file della seconda galleria.
Uber
Non è stata una prima volta la visita al Museo Rietberg, uno dei must irrinunciabili di Zurigo. Ci sono stato due volte solo durante l’anno scorso, per visitare le mostre sui tesori della Colombia, sul complesso tema del patrimonio culturale del Benin e sulle miniature indiane del Ragamala.
È stata però una prima volta, per me, andarci con Uber. Tralascerò qui tutto quanto riguarda gli aspetti della concorrenza con altri servizi di trasporto. Mi limito a rimarcare la semplicità dell’operazione, alla portata di un boomer. Per dire: la prenotazione di una vettura è molto più semplice e intuitiva di quella di molti teatri italiani (non faccio nomi per carità di patria, ma soprattutto per non avere rogne).
All’andata la macchina era addirittura già parcheggiata davanti al nostro hotel, mentre al ritorno abbiamo atteso pochi minuti, potendone seguire l’avvicinamento in tempo reale. Mi aspettavo però un minimo di conversazione con gli autisti e invece nelle due corse lo scambio di battute si è limitato ai saluti salendo e scendendo dalla macchina.
Pranzo tra i libri
Dopo l’intensa visita al Museo Rietberg ci siamo spostati a piedi al B2 Hotel per pranzare nel ristorante libreria. Migliaia di volumi riempiono gli scaffali che ricoprono le pareti della sala: sono oltre trentamila, tra romanzi e saggi, in varie lingue.

Ho individuato alcuni libri in italiano, tra cui I santuari del misticismo della Rizzoli e un curioso Agira di Rosario Patanè edito a Enna, copia già appartenuta al gestore dell’Albergo Aurora, stando al timbro di proprietà sul risguardo.
Anche i lampadari con le luci in bottiglie di birra rovesciate sono uno dei segni distintivi della sala a cui possono accedere tutti, non soltanto gli ospiti dell’albergo (le cui camere da letto hanno prezzi molto elevati, anche per gli standard di Zurigo). Abbiamo mangiato un club sandwich e un cheeseburger, accompagnati da due birre. Vi dico solo che il prezzo dell’espresso è in linea con quello svizzero, ovvero 5 franchi a tazzina, pari a circa 5,30 euro.
Domenica a messa
L’ultima esperienza che ho provato per la prima volta a Zurigo è stata quella di partecipare a una messa nella Chiesa Evangelica di lingua italiana, con sermone dialogato all’interno del culto, tenuto dalla pastora battista Lidia Maggi, che ho avuto l’onore – ma soprattutto il piacere – di avere due volte ospite del ciclo sulle Riscritture delle Scritture alla Biblioteca di Vimercate (MB).
Alcuni aspetti in particolare mi hanno colpito. Nei testi dei canti le forme femminili si affiancano a quelle maschili (“Io non sono degno/a di ciò che fai per me”). Al momento della Santa Cena – temendo di fare figuracce, la sera prima ho cercato su Google in cosa consista – noi partecipanti ci siamo messi in cerchio e fatto girare un vassoio con pezzetti di pane e un altro con bicchierini di peltro, alcuni con vino rosso e altri con il bianco.
Ma la differenza più evidente con la messa cattolica, almeno per un osservatore tutt’altro che preparato né assiduo frequentatore, è appunto il sermone dialogato. Nel commentare il vangelo – la pagina di Matteo dedicata al viaggio dei Magi – la pastora ha invitato i fedeli a esprimere le proprie considerazioni, facendo domande e suggerendo spunti di riflessione.
Sperando di non cadere nella blasfemia, propongo un paragone molto semplice: la messa cattolica è come il web 1.0, monodirezionale, mentre quella riformata è 2.0, ovvero contempla l’interazione da parte dell’utente, con tutte le virgolette del caso (a mia difesa ricorro al manzoniano Omnia munda mundis come scudo).
Forse una caratteristica collega le cinque esperienze: l’avermi fornito un nuovo punto di vista. Un ottimo viatico per l’anno appena iniziato.
Saul Stucchi