Bisogna affrettarsi a raggiungere Londra per non perdere una mostra davvero unica, aperta ancora per pochi giorni: Hadrian. Empire and Conflict. L’importanza dell’evento è testimoniata da un particolare a prima vista insignificante:
l’antiquario di fronte all’entrata del British Museum vende i denarii di Adriano (reclamizzati da un cartello con la scritta “vecchi di 1870 anni”) a partire da un prezzo di 75 sterline, ovvero più cari della media delle monete d’argento degli altri imperatori esposte nelle stesse vetrine. La mostra sull’imperatore filelleno ha fatto lievitare i prezzi: business is business.
Entrati nella spettacolare sala centrale del museo si viene accolti da una statua di Antinoo più grande del naturale. La rotonda che ospita l’esposizione è stata rivestita di pannelli di colore nero che danno un effetto scenografico di notevole impatto. La struttura non deve essere stata scelta a caso: sembra infatti una citazione del Pantheon di Roma, edificio fatto costruire da Agrippa sotto Augusto, ma riedificato completamente nella struttura che oggi conosciamo proprio da Adriano. Secondo Mario Attilio Levi, che all’imperatore ha dedicato una biografia edita da Rusconi nel 1994, un altro edificio rotondo, a Villa Adriana, era l’ufficio del princeps, assimilato a un tempio per comunicare ai visitatori la sacralità della sua persona e della funzione che ricopriva.
Il percorso espositivo inizia con la testa colossale di Adriano rinvenuta a Sagalassos, in Turchia, appena l’anno scorso. La fotografia dell’archeologo che libera il reperto dalla terra mi ha riportato alla memoria le prime pagine del bel romanzo di Alexandra Lapierre sulla vita di William Petty, in cui viene descritto il riemergere del passato romano dal sottosuolo di Londra.
Il Museo Archeologico di Siviglia ha prestato un busto dell’imperatore, proveniente da Italica, la città di cui era originaria la famiglia di Adriano (ma le fonti sostengono che lui nacque a Roma).
È molto bella la galleria di ritratti disposti a semicerchio, con un pannello color rosso messo come quinta che fa risaltare il bianco dei marmi – ma va ricordato che anticamente le statue erano ricoperte di colori per apparire il più realisticamente simili al vero. Ecco Adriano, sua moglie Sabina, Traiano e la moglie Plotina; Marciana e Matidia (sorella di Traiano).
Un aureo con la rappresentazione della provincia Hispania che regge un ramo d’ulivo fa capire che l’olio era il principale prodotto d’esportazione e la fonte della ricchezza della famiglia di Adriano. Una nota spiega che nel Mediterraneo antico l’olio aveva un’importanza paragonabile a quella del petrolio ai nostri tempi. Similitudine forse un po’ forzata, ma che fa ben comprendere il peso dell’olio dell’economia romana.
Il percorso si snoda a “serpentina”: i pezzi compaiono all’improvviso davanti allo sguardo del visitatore, dietro una curva, creando una piacevole sorpresa accompagnata da ammirazione per i reperti (e la loro disposizione ben studiata). Sono davvero pochissimi i pezzi “riempitivi” che solitamente vengono inseriti nelle mostre per fare numero e quantità (si veda la peraltro spettacolare mostra sui Barbari a Palazzo Grassi che contava quasi duemila oggetti). Tra i pezzi più significativi vanno segnalati i vasi d’argento di un servizio “diplomatico”, provenienti dal museo di Tblisi, in Georgia.
Al centro di uno di essi compare il busto di Antinoo con corona laureata, a testimoniare la rilevanza politica del nuovo culto dell’amasio di Adriano. Il servizio apparteneva ad Aspaurukis, un governatore locale. Ma è l’Egitto uno dei fulcri dell’esposizione (e della vita dell’imperatore). Una fotografia mostra il graffito che ricorda lla visita di Sabina ai Colossi di Memnone. Dell’entourage imperiale che partecipò a quel viaggio faceva parte anche la nobile Giulia Balbilla che compose un poema sul viaggio.
Una bella testa di Elio Cesare, in prestito dal Louvre, ci mostra l’erede designato di Adriano, che però morì prematuramente nel 138, a soli 33 anni, già da tempo sofferente di tubercolosi.
Merita una menzione particolare il busto di Lucio Giulio Urso Serviano, marito di Domizia Paulina, sorella di Adriano. Aveva nutrito speranze di succedere a Traiano, come suo figlio pensava di succedere allo zio. Serviano junior tentò un colpo di mano contro lo zio quando questi adottò Elio Cesare. Adriano lo fece condannare a morte, costringendo il padre al suicidio. In questo modo però compromise i suoi rapporti col senato perché i due erano rappresentanti degli alti livelli del consesso romano. Altri busti molto importanti sono quelli di Lucio Vero e di Marco Aurelio raffigurati da bambini. Risalgono probabilmente al periodo dell’adozione da parte di Antonino Pio, su volontà di Adriano.
Ma non soltanto la pietra conserva ricordi di quell’epoca. In una teca, per esempio, è esposto un frammento di papiro ritrovato nella regione del Fayum, contenente un brano dell’autobiografia di Adriano: è l’unico brano superstite di quest’opera.
Saul Stucchi
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Didascalie:
- Pavone in bronzo dorato, proveniente probabilmente dal Mausole d’Adriano.
- 117-138 d.C.
- Musei Vaticani
- (c) Musei Vaticani / Alessandro Bracchetti
- Testa colossale di Antinoo (cd Testa Mondragone), proveniente da una villa romana nei pressi di Frascati
- 130-138 d.C.
- Museo del Louvre
- (c) Photo RMN / Hervé Lewandowski
Teatro marittimo di Villa Adriana, Tivoli
(c) The Trustees of The British Museum
Hadrian. Empire and Conflict
British Museum
Londra
Fino al 26 ottobre 2008
www.britishmuseum.org