Riflessioni acrobatiche
Mentre aspetto di avere il libro tra le mani, rifletto a lungo sul termine “acrobazie”, che dà il titolo a questa raccolta di racconti. Facendo una veloce ricerca sul Treccani, sotto la voce Acrobazia, si legge: “Acrobazia s. f. [dal. fr. acrobatie] – 1. a. Esercizio compiuto da un acrobata, e in genere qualsiasi esercizio, fisico o eseguito con mezzi meccanici, che richieda abilità e presenti pericolo, spesso anche fatto per gioco o per pura ostentazione […]”.

In effetti, la prima immagine che prende forma nella mia mente è quella di acrobati professionisti, circondati da centinaia di persone, occhi spaventati, ma pieni di stupore, puntati su di loro, bocche socchiuse, fiati sospesi. Sospesi come le sorti di quegli artisti, così impegnati nel mostrare le loro grandi abilità e attraversati da moti di adrenalina. Così abituati nel compiere quei movimenti da non avere, o perlomeno mostrare, una benché minima paura per il pericolo che si apprestano a correre. Quanti acrobati professionisti avete visto, o di quanti avete avuto notizia, che hanno fallito nella loro esibizione? Personalmente, non ne ho memoria.
Treccani prosegue nella definizione: “b. fig. Comportamento ingegnosamente abile nel superare ostacoli o situazioni difficili: fare delle a., adoperarsi con ogni mezzo per superare una difficoltà […]”.
Quindi, possiamo ritenerci tutti un po’ acrobati nella nostra quotidianità? Inconsapevolmente, tutti ci ritroviamo a compiere volteggi per cercare di superare una difficoltà o evitare un pericolo. Ogni giorno. Certo, l’approccio è ben diverso da quello dei professionisti, ma il resto non cambia. L’obiettivo è sempre lo stesso: non commettere errori, non cadere, non rompersi l’osso del collo. Gli ingredienti anche: una forte pressione, un pericolo, una sola possibilità, quella di andare oltre.
Racconto brevissimo: la copertina
Il libro è tra le mie mani. Non l’ho ancora sfogliato, ma ho come la sensazione che il primo racconto sia la copertina stessa. Un disegno semplice, realizzato con tre elementi: una piramide a righe bianche e nere, una prima figura non ben definita e di difficile classificazione e una seconda figura, non ben delineata, ma che sembra avere le fattezze di un essere umano. La prima figura si tiene in equilibrio con il piede (o zampa?) sul vertice della piramide e il suo braccio si fonde con quello della seconda figura, più umana.
Emerge un forte contrasto tra la stabilità della piramide e la fragilità delle due forme. È evidente, però, come le due figure, in questa apparente disarmonia, diventino un tutt’uno, in bilico tra una rovinosa caduta al suolo e un volo liberatorio. In questo disegno, personalmente, leggo l’esatta definizione di acrobazia: l’abilità di stare in equilibrio in una qualche situazione pericolosa, per gioco o per necessità, sorretti o spinti da forze spesso sconosciute e sorprendenti.
Apro il libro e tra le informazioni leggo: “Il disegno di copertina e quelli all’interno sono dell’autore”. Forse la mia sensazione viene confermata.
Acrobazie tra le pagine
L’autore ci avvisa: “È inutile. Questo libro è nato male. Non ci sarà mai niente che lo tiene insieme. Non diventerà mai un libro compiuto”. All’avvertimento affianca, però, una sorta di promessa, che racchiude la scelta del titolo: “Passare dall’una all’altra è un’acrobazia”.
“Acrobazie. Storie brevi e brevissime” è una raccolta di micro-racconti scritti da Alessandro Trasciatti.
Questa “minutaglia di schegge scritte nell’arco di vent’anni” è un album di momenti catturati nella quotidianità, istantanee che si esauriscono in poche pagine, a volte in poche righe.
L’io narrante è il grande protagonista di ogni racconto. Un soggetto fatto di sogni, paure, abitudini, debolezze, emozioni e istinti, che tenta di celare, ma che poi, costantemente, si ripresentano.
Tra un salto e un volteggio, si compie un viaggio tra le memorie, le fantasie e gli immaginari dell’io narrante. E passando da un racconto all’altro, diventa impossibile non interrogarsi sull’identità di questo “io”. Chi è davvero: l’autore, il lettore, io stesso, l’intero genere umano?
Acrobazia a tre fasi
Il libro si suddivide in tre parti: “Rifugi”, “Infanzia e prolungamenti d’infanzia”, “Casi clinici e onirici”.
La prima parte è composta da 10 micro-storie che sembrano creare un unico racconto. L’io narrante elenca una serie di oggetti e luoghi in cui trova pace e rifugio dalle sue paure e debolezze. I “recessi” in cui ha trovato riparo nel corso degli anni sono raccontati a una persona non ben definita, presentata al lettore in modo indiretto e alla quale l’io si rivolge usando la seconda persona singolare. L’angoscia e l’incertezza che animano questi primi racconti emergono anche dalla scrittura molto frammentaria, con brevi periodi e abbondante punteggiatura.
La seconda parte è un tripudio di ricordi provenienti direttamente dal passato. Qui il confine tra realtà e immaginario si fa sempre più sottile e la dimensione fisica lascia spazio alla dimensione immateriale. La stravaganza e l’ironia rendono le storie uniche e la loro lettura una necessità.
La terza parte è quella in cui si realizza l’acrobazia più difficile. La sensazione di caduta diventa sempre più forte e ogni elemento perde la propria funzione, trasformandosi nella rappresentazione delle paure più profonde. Anche la persona dei suoi rifugi perde di importanza e diventa un “tu” generico. Si passa dal particolare all’universale. Questo terzo capitolo, e così l’intera raccolta, si chiude con “Un caso di punizione dei peccati”, in cui “orrende figure mostruose portano lo scompiglio tra la folla”. Portano alla fine dell’io.
Acrobazia completata
“Esiste ancora un lettore intermittente come io sono uno scrittore intermittente?”
All’inizio, la frammentarietà della narrazione si accompagna a un forte senso di smarrimento e incertezza: ci si sente costantemente pronti a una caduta rovinosa.
I racconti rasentano spesso l’inverosimile, si sviluppano sul filo che divide immaginario e realtà. Ogni passaggio fa trasalire e snocciola una serie di interrogativi sulla frammentarietà della nostra esistenza. L’io narrante è lui stesso un acrobata e sembra essere una sola persona. Eppure, in ogni racconto, sembra indossare una nuova maschera e trasformarsi in un nuovo artista della e nella propria vita. Una vita che viene raccontata in modo schietto, denso, curioso.
L’ordine dei racconti non è casuale e tutto segue una direzione. Le storie non sono così sconnesse come, invece, possono apparire in prima battuta. E la loro sottile connessione porta a proseguire, senza sosta, nella lettura. A compiere, pagina dopo pagina, una nuova acrobazia.
Ilaria Cattaneo
Alessandro Trasciatti
Acrobazie. Storie brevi e brevissime
Il ramo e la foglia Edizioni
Collana Racconti
2021, 80 pagine
13 €