Se lo proiettano nei cinema della vostra città o dove abitate, non perdetevi “Il ritratto del duca” (The Duke, nell’originale) di Roger Michell (scomparso a settembre del 2021, un anno dopo l’uscita in patria del film). È una pellicola che sa commuovere anche lo spettatore più cinico e che offre più di un insegnamento.
Bastano poche parole per raccontarne la trama. Il protagonista, Kempton Bunton, è un sessantenne inglese, aspirante drammaturgo (amante più di Čechov che di Shakespeare), idealista un po’ ingenuo e alquanto tenace. Fatica a tenersi un lavoro, quando lo trova, ma non rinuncia mai alle sue battaglie civili.
Finisce addirittura in carcere perché non vuole pagare il canone della BBC. Ma non è per quello che lo vediamo sul banco degli imputati all’inizio del film. È lì perché è accusato di aver rubato dalla National Gallery di Londra il “Ritratto del Duca di Wellington” dipinto da Francisco Goya. Si tratta di una storia vera, accaduta nel 1961.

Nel film si cita come data del furto il 21 marzo, ma in realtà l’incredibile colpo venne messo a segno il 21 agosto, diciannove giorni dopo che la tavola era stata esposta al museo londinese. Lì era arrivata dopo essere stata acquistata a un’asta di Sotheby’s grazie a una raccolta fondi alla quale il governo aveva aggiunto la cifra restante per pareggiare l’offerta di un collezionista americano, in modo che l’opera restasse nel Regno Unito.
Il Duca di Wellington
Goya aveva eseguito il ritratto del futuro vincitore di Waterloo negli anni tra il 1812 e il 1814, quando il generale Arthur Wellesley, primo Duca di Wellington, stava combattendo contro i Francesi nella penisola iberica. Nel 1814 il pittore spagnolo aggiunse alcune decorazioni, come l’ordine del Toson d’oro, che Wellesley aveva meritato nel frattempo per i suoi successi sul campo di battaglia.
Il ruolo del protagonista è affidato a Jim Broadbent (tra i numerosi film in cui ha recitato menziono almeno “Il diario di Bridget Jones”, nel quale interpretava il padre di Bridget): perfetto nella parte del simpatico don Chisciotte in versione inglese. Al suo fianco la regina del cinema britannico, sua maestà Helen Mirren, nel ruolo della moglie. In una scena i due figli della coppia la prendono sulle spalle chiamandola proprio “regina”. È una strizzatina d’occhio che gli sceneggiatori Richard Bean e Clive Coleman fanno al pubblico per ricordargli il film “The Queen” del 2006, in cui la Mirren interpretava appunto Elisabetta II.
C’è soltanto una cosa che non condivido. A un certo punto il protagonista, guardando da vicino il “Ritratto del Duca di Wellington” commenta: “Non è granché, vero?!”. Si sbaglia.
Per la prima volta ho ammirato il dipinto non alla National Gallery, bensì al Museo del Prado di Madrid, nella mostra Goya en tiempos de guerra (rimando alla recensione “Goya in guerra”, pubblicata su ALIBI Online il 27 maggio 2008). In questo come in molti altri ritratti – se non tutti – Goya usa il pennello come bisturi per mettere a nudo l’anima del soggetto. E gli occhi del Duca catturano lo sguardo dell’osservatore più delle decorazioni che brillano sulla sua uniforme.
PS: per quanto sia intensa l’opera di Goya, fossi stato in Bunton avrei rubato il “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di Jan van Eyck o (anzi: e) il suo presunto autoritratto, il “Ritratto di uomo con turbante rosso”. Ma i quadri non si rubano, nemmeno per fare beneficenza.
Saul Stucchi
Il ritratto del Duca
- Regia: Roger Michell
- Sceneggiatura: Richard Bean, Clive Coleman
- Interpreti: Jim Broadbent, Helen Mirren, Fionn Whitehead, Anna Maxwell Martin, Matthew Goode