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5 Maggio 2021

Ei fu: “Il naufrago e il dominatore” della Rivoluzione

È una lunga cavalcata nell’epopea napoleonica il nuovo libro di Antonino De Francesco, professore ordinario del Dipartimento di studi storici all’Università Statale di Milano, dove insegna Storia moderna. Lo pubblica Neri Pozza nella collana “I Colibrì” con il titolo un po’ enigmatico di “Il naufrago e il dominatore” (la spiegazione verrà data nella premessa). Molto più esplicito – e programmatico – il sottotitolo: “Vita politica di Napoleone Bonaparte”.

Oggi, nella ricorrenza del bicentenario della morte, non possiamo che ripetere “Ei fu”. Sì, ma questa è l’unica certezza. Noi, lontani posteri, troviamo sempre più ardua la sentenza sulla natura, l’opera e i suoi effetti, l’eredità e lo spirito di Napoleone. Non si nasconde questa difficoltà lo stesso autore che nelle pagine della premessa mette in chiaro come affronterà una figura così ingombrante. Insisterà poco sulle eccezionali doti strategiche e sugli aspetti “intimi” del protagonista, concentrandosi invece sullo sforzo “di rimuovere le molte sedimentazioni che sul personaggio si sono addensate tramite le innumerevoli testimonianze, i molteplici ricordi, il gran numero di giudizi che gli uomini a lui vicini oppure avversi hanno col tempo proposto”.

Antonino De Francesco, Il naufrago e il dominatore, Neri Pozza

Il lettore ha dunque tra le mani una biografia politica di Napoleone, naufrago e dominatore della Rivoluzione francese. Impossibile pensare all’uno senza pensare all’altra. Il mezzo secolo della vita mortale di Bonaparte viene ripercorso in cinque tappe, dall’esordio drammatico nella natia Corsica al “tristo esiglio” sull’isola di Sant’Elena, spersa nell’Oceano Atlantico.

I padri di Napoleone

La parabola prende le mosse dal confronto e dal progressivo distanziamento dai padri. Quello naturale, Carlo Maria, scompare prematuramente, lasciando il secondogenito Napoleone nello scomodo ruolo di capofamiglia che non abbandonerà mai. “Si babbu ci vidia!”, “Se papà ci vedesse”, dirà al fratello maggiore Giuseppe la mattina dell’incoronazione imperiale. La madre Maria Letizia non avrebbe partecipato alla cerimonia nella cattedrale di Notre Dame, contraria a quella che considerava una sceneggiata. Ma il figlio ordinò comunque a Jacques-Louis David di ritrarla nella tribuna d’onore nella sua immensa tela del “Sacre”. Altro che i foto-ritocchi di Stalin! (I due aneddoti non sono riportati, ma nel libro ce ne sono tanti altri).

E poi il “Babbu” della Corsica, quel Pasquale Paoli che sembrava a un passo dal realizzare il sogno dell’indipendenza. La scuola militare, le letture (Plutarco e Rousseau su tutti), l’incontro con la Francia, la Rivoluzione… Il periodo della formazione coincide con quello della trasformazione. Agitato da uno spirito ribelle, Napoleone si sente còrso in Francia, mentre studia e impara a essere francese e in un breve torno di anni i suoi orizzonti si allargano a dismisura. Si convince che la politica del “Solone del Mediterraneo” (Paoli) vada ripensata e aggiornata, mentre la Francia è squassata dalle ondate di terremoto delle rivoluzioni che portano alla guerra civile tra i repubblicani.

Napoleone pensa alla famiglia, si fa panflettista e a Tolone dà la prima prova del suo talento, facendo sloggiare la flotta inglese dalla rada a colpi di cannone. Ecco: l’Inghilterra si profila già come il vero nemico della Francia, da combattere su ogni scacchiere. È in quest’ottica che Napoleone guarda all’Italia: non tanto in funzione anti austriaca, quanto come base per contrastare il dominio inglese nel Mediterraneo.

Il mare, l’Italia e l’Egitto

Ma già nelle primissime fasi della parabola se ne possono intravedere i punti deboli. Dalla fallita spedizione in Sardegna in poi, il mare rimarrà per Napoleone un ostacolo, un elemento contrario, come hanno messo ben in evidenza due mostre che ho avuto la fortuna di visitare negli anni scorsi: “Napoléon et la mer” al Musée National de la Marine di Parigi (2004) e “Nelson & Napoleon” al National Maritime Museum di Greenwich nel 2005, bicentenario dalla battaglia navale di Trafalgar.

Uomo d’ordine, Bonaparte non esita a sparare sui parigini che protestano, guadagnandosi il soprannome di Generale Vendemmiaio. Poi l’incontro con Giuseppina e la campagna d’Italia, probabilmente il capolavoro di Napoleone. “L’Italia era una sua conquista personale e non doveva divenire oggetto di una trattativa che non lo coinvolgesse”. Sul campo di battaglia scopre di non avere rivali o, meglio, che i rivali non possono resistergli, che siano nello schieramento avverso o nel proprio. Vittorie militari fulminee e abilità machiavellica al tavolo: il Nostro è “maestro nel tenere in equilibrio gli opposti per dominare al centro”, “uomo dalla straordinaria duttilità politica”.

Confesso che quello della campagna d’Egitto, disastro militare ma successo culturale di lunga portata (anche grazie a Vivant Denon), è il grano che preferisco nel rosario napoleonico. La battaglia “delle Piramidi”, gli appestati di Giaffa, quel monumento che è la “Description de l’Égypte”, la nascita dell’egittologia… Devo aver già raccontato altrove il mancato approdo all’Isola di Nelson nella baia di Aboukir durante il viaggio di nozze: le onde impedirono alla nostra barchetta di spingersi oltre la metà dello stretto braccio di mare. Il professor Paolo Gallo, che sull’Isola di Nelson ci ha scavato, sa che il mio è un appuntamento soltanto rimandato!

Tra Washington e Cromwell

Impossibile rendere conto di tutto. Vi dico solo che ho preso pagine di appunti. “Il naufrago e il dominatore” è un ottimo strumento per ripassare una delle epoche più convulse dell’Europa, grondante sangue, ma quale non lo è? De Francesco concorderà con il Gibbon, secondo il quale “History is indeed little more than the register of crimes, follies, and misfortunes of mankind”.

Avendo in mente gli eroi di Plutarco e quella loro riedizione moderna che era George Washington, ma temendo di essere costretto a farsi il Cromwell della Francia, Napoleone molto fece e molto sbagliò. Cito almeno l’errore – più di un crimine! – dell’esecuzione del Duca d’Enghien. Non che i legittimisti fossero angioletti: la fucilazione del Maresciallo Ney, “il Prode dei Prodi” basta a smascherarli (come l’impiccagione dell’ammiraglio Caracciolo macchia la gloria di Nelson).

Ma tra una campagna e l’altra, oltre a gestire un “clan familiare che si muoveva con scompostezza”, Napoleone ebbe tempo e modo di rifondare il Louvre, creare i licei e la Legion d’onore, promuovere la redazione del Codice Civile, ridisegnare la gestione del potere in Francia e nei suoi satelliti… Arrivò a presentare come guerre “di civiltà” quelle combattute contro Egitto, Russia e l’arcinemica Inghilterra, alla quale, infine, si consegnò, come novello Temistocle.

Finale di partita

Sono d’accordo con quasi tutto quello che scrive il professor De Francesco, fin dalla prima pagina (che è la numero 7) in cui annota: “L’Impero – non lo nascondo – mi sembra il segno di una perdita delle proporzioni, un passo all’indietro sulla strada della modernità, il prodotto, stavolta però posticcio e mal riuscito, della proverbiale capacità di Bonaparte di tenere assieme le posizioni più disparate, per non dire contrapposti”.

Nelle quasi 230 pagine che seguono l’autore rievoca le mosse e le contromosse di Napoleone per arrivare al vertice e per restarci, per guidare gli esiti della Rivoluzione dopo aver rischiato di annegare nei suoi gorghi (ad Antibes si fece anche qualche giorno di prigione). I provvedimenti per “chiudere il libro delle divisioni”, l’affannosa ricerca di consensi, la duttilità e lo spregiudicato pragmatismo (la conferma della schiavitù nelle isole riconsegnate alla Francia dall’Inghilterra è forse il caso più clamoroso, ma di sicuro non l’unico).

La Wunderkammer di Neri Pozza su Facebook ospita Antonino De Francesco

Solo su un paio di punti ho qualche perplessità: a proposito della “riluttanza” di Napoleone a farsi imperatore e nel considerare definitivamente chiusa la partita a Waterloo. “La carica della sua dimensione pubblica stava esaurendosi: non ci sarebbe stata un’altra folle impresa quale quella che dall’Elba lo aveva portato a golfo Juan e poi a Parigi”. È innegabile: a Sant’Elena lo aspettava il tempo dei ricordi e dei bilanci. Ma anche l’ultimo campo di scontro, quello della memoria e del racconto.

Se in vita Napoleone era stato bersaglio della stampa e della satira inglesi, con il “Memoriale” Bonaparte ha chiuso la partita a suo favore. Altrimenti non saremmo qui a scriverne né a leggerne. E non avremmo il bel libro di Antonino De Francesco che, giusto questa sera (5 maggio 2021) alle 18.00, presenterà con Pier Luigi Vercesi nella cornice della Wunderkammer Neri Pozza, sulla pagina Facebook della casa editrice.

Saul Stucchi

Antonino De Francesco
Il naufrago e il dominatore
Vita politica di Napoleone Bonaparte

Neri Pozza
Collana I Colibrì
192 pagine
18 €

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