Di certo non è all’interno del Palazzo dei Diamanti che troverete l’arte più alta e preziosa offerta da Ferrara perché questa viene elargita dagli affreschi che hanno resistito all’accanimento corrosivo del tempo nel Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, dove Francesco Del Cossa, Ercole de’ Roberti, colui che viene identificato come “Il Maestro dagli occhi spalancati” e altri artisti (ormai smentita l’antica convinzione che tra questi figurasse anche Cosmè Tura) hanno lasciato una meraviglia rinascimentale davanti alla quale i venti minuti concessi per la visita costituiscono una misera misura.

Ma se avete camminato lungo Corso Ercole d’Este, da taluni ritenuto una delle più belle strade urbane d’Europa e ambientazione amata e utilizzata da molti registi cinematografici, e siete arrivati fin qui per ammirare il bugnato di marmo bianco venato di rosa, le più di ottomila punte o piramidi che lo compongono e rammentano appunto il pregiato cristallo da cui deriva il nome dell’edificio, vale forse la pena di visitare la Pinacoteca Nazionale.
L’esposizione comprende opere realizzate fra il XIII e il XVIII secolo. Ad accoglierci nella prime sale, alcune ragguardevoli prove, per quanto di non primaria importanza, della scuola ferrarese – il già menzionato Cosmè Tura quale nome di spicco. Proseguendo troviamo dipinti di Mantegna, Carpaccio, Guercino, Bastianino, El Greco…

Fra le tele e le tavole cinquecentesche di grandi dimensioni, una Deposizione attira la mia attenzione. Di pregevole fattura ed evidenti debiti michelangioleschi, mi pare bella ma un po’ senz’anima, una sorta di compito ben eseguito, quasi da copista, laddove la buona esecuzione del compito sembra essere la principale preoccupazione dell’autore.
Enrico Glocher
Ancor più mi colpisce la didascalia che sul muro affianca l’opera: se la datazione stimata coincide con la metà del XVI secolo, la paternità risulta totalmente incerta e ce la si cava con un Pittore olandese italianizzante.
Fonti settecentesche attribuiscono la tavola al poco noto pittore fiammingo Enrico Glocher. La critica moderna preferisce riferire l’opera a un artista olandese fortemente influenzato da Michelangelo e dai maestri del manierismo romano come Gerolamo Siciolante e Jacopino del Conte. Diversi artisti del Nord Europa giunsero a Ferrara alla metà del Cinquecento, forse attratti anche dalla presenza in città della fiorente bottega dei fratelli Karcher, specializzata nella produzione di arazzi”.
Di opere senza attribuzione è piena la storia dell’arte, soprattutto quella medioevale, che possedeva peraltro un senso relativo dell’individualità dell’artista eppure la faccenda mi pare crudele, tanto più che sul mio smartphone di Enrico Glocher, digitando il nome proprio in tutte le varianti nordiche e germaniche possibili, non trovo in rete alcuna traccia.
Con quali aspettative, seguendo quali chimere il nostro ipotetico Enrico aveva intrapreso il lungo viaggio dai Paesi Bassi all’Italia? Che cosa andava cercando? Cosa lo muoveva? Ammirazione? Ambizione? Necessità di riconoscimento o di apprendere? Desiderio di fama, di avventura o di denaro? E cosa ha impedito che il suo nome venisse tramandato? Un talento tutto sommato non eccelso? L’incapacità di frequentare i propri demoni per poi esprimerli o un’improvvisa malattia? Il clima troppo caldo o la nostalgia per una donna? Quale strumento di perdizione lo ha preso di mira? E il suo mancato successo si è rivelato una sconfitta di quelle che avvelenano tutto il resto dell’esistenza oppure una liberazione?
Potrei andare avanti all’infinito a ipotizzare e fantasticare mentre vago distratto per le sale successive, ne fossi capace potrei abbozzare un romanzo o quantomeno un racconto ma vengo drasticamente richiamato all’ordine: il tempo corre, dobbiamo accompagnare al treno per Milano la nostra ospite Alice e per raggiungere la stazione ferroviaria ci occorrono una ventina di minuti a passo spedito. Non piove più, i nostri indumenti prima fradici e adesso soltanto umidi, mentre camminiamo si asciugano rapidamente al sole di fine agosto.
I molti chilometri percorsi in giornata incominciano, per ragioni anagrafiche, a pesarmi, faccio fatica a tenere il ritmo degli altri. Anche il nostro viaggio si avvia rapidamente verso la conclusione, domani rientreremo nei ranghi e come sempre in queste circostanze, compilo mentalmente un elenco di consolazioni che mi attendono, comprendente cene con gli amici, mostre da visitare, libri da acquistare e leggere, sere al cinema o a teatro, pomeriggi festivi al parco sino a che non farà troppo freddo e la ripresa del campionato di calcio.
Poi, come uno sciocco, inizio a ripetere in silenzio i nostri nomi, quasi che questo stupido gioco o formula d’incantesimo potesse davvero farci e farli durare.
Giovanni Granatelli
Pinacoteca Nazionale
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I d’Este
Ferrara
Informazioni:
https://gallerie-estensi.beniculturali.it/pinacoteca-nazionale