“L’ALIBI della domenica” è dedicato questa settimana al racconto di un viaggio in treno da Milano a Basilea, compiuto nel marzo del 2018.
“Penso di aver trovato un rapporto bellissimo con me stessa”, dice una quarantenne all’amica seduta di fronte a lei. Impiegherò poco a constatare che nei dialoghi la prima si riserva l’ottanta per cento delle battute. Abbiamo appena lasciato la stazione di Milano Centrale e siamo diretti in Svizzera. Io più precisamente a Basilea, loro non so.
Ho aiutato la quarantenne a riporre un valigione sulla rastrelliera. “C’è dentro un cadavere?” le ho chiesto. “No”, ha risposto sorridendo. “Non ancora…”, ho scherzato. “Non ancora”, ha confermato lei.
A Gallarate avvio l’app per ascoltare l’audiolibro che mi farà compagnia durante il viaggio. Mi accorgo però che il suono non proviene dagli auricolari, pur regolarmente inseriti, ma dallo smartphone. È una delle cose che mi imbarazza di più in pubblico, dato che non sopporto quelli che costringono gli altri ad ascoltare le proprie conversazioni o canzoni. Per risolvere il problema provo a spegnere e a riavviare il cellulare. La mossa funziona. Finalmente parte il file audio de “I sotterranei del Majestic” di Georges Simenon tradotto da Eliana Vicari Fabris per Adelphi e qui letto da Giuseppe Battiston, con la regia di Flavia Gentili, per Emons Audiolibri.
“Tu sei il centro della mia felicità”, sento dire alla quarantenne quando metto in pausa l’audiolibro per prendere questi appunti. Scopro che è divorziata e ha un figlio che gioca a calcio. La lascio alla sua vita e torno da Simenon.
“Il rumore secco di una portiera. Un’altra giornata aveva inizio. Il motore in folle. Forse Charlotte stringeva la mano al tassista. Poi l’auto si allontanò. Dei passi, la chiave che entrava nelle serratura, lo scatto di un interruttore. Lo schiocco di un fiammifero in cucina e il leggero sibilo del fornello a gas che si accendeva”.
Battiston pronuncia “Majestic” all’inglese, non alla francese come lo speaker dell’introduzione. Ad Arona il commissario Maigret si accende la prima pipa della giornata, “la migliore”.
Il castello di Angera si staglia sul lago grigiastro. Rivoli di pioggia corrono orizzontalmente sul finestrino. Più autunno che inverno, parrebbe. Mi appoggio al tavolino con il gomito. Sento sul palmo della mano sinistra, intenso, il profumo del caffè che ho bevuto un’ora e mezzo fa.
Fa freddo nella carrozza n. 4, ma il pollice non mi duole (sì, avete indovinato: è una allusione al finale de “Il nome della rosa”). I passeggeri addormentati hanno il cappotto appoggiato sulle spalle o sul ventre. Una ragazza dorme reclinata sullo zaino che ha messo tra sé e il tavolino.
Dal ponte ferroviario di Verbania vedo un ombrellone blu sulla spiaggia del fiume Toce: dà riparo a due persone. Pioviggina. A Domodossola la stanchezza si fa sentire e interrompo l’ascolto dell’audiolibro.
Il display sulla banchina segna che il treno sta viaggiando con 5 minuti di ritardo. I passeggeri che salgono portano un forte odore delle ultime sigarette fumate nell’attesa. I tre posti attorno al mio vengono occupati da un padre con due ragazzi. Tra loro parlano inglese ma con accento francese. Anche dall’aspetto li direi più transalpini che britannici.
La quarantenne con l’amica dalla voce di lettrice di fiabe è andata a fare colazione. Messaggi ripetuti in varie lingue avvisano che ci stiamo avvicinando alla frontiera e che verranno effettuati dei controlli doganali.
Nella galleria tra Italia e Svizzera un bambino canta “Il coccodrillo come fa?”, alzando la voce in alcuni passaggi chiave. Mi tornano in mente i viaggi in auto con questa canzone a fare da colonna sonora. Forse meno di dieci anni fa, ma sembra passato un secolo.
A Visp la carrozza è ormai piena. In banchina l’addetta delle ferrovie fischia e mostra un cartellino giallo plastificato. Il treno riprende il viaggio. I tre francesi – inglesi sono scesi alla stazione precedente. Adesso di fronte a me è seduta una bionda platino, con un filo di perle attorno al collo rugoso. Continua ad accendere e spegnere, inavvertitamente, la lampada posta tra un sedile e l’altro. La luce si riflette sulla superficie del tavolino.
Maigret spiega a Charlotte come è stato ritrovato il cadavere di Mrs Oswald nello spogliatoio dei sotterranei del Majestic, sugli Champs-Élysées. Il momento è delicato, ma il mio vicino non lo sa e addenta vorace un grosso würstel stringendo in mano la confezione di plastica. Nell’altra mano tiene un tozzo di pane che porta alla bocca alternandolo al salsicciotto rosa.
La voce della quarantenne è sempre il suono più forte che si ode nella carrozza. “Il problema dell’orario è che poi ti si sfalsano i giorni”. Sta parlando di vitamina C e albumina, ma io sono più interessato al mistero del Majestic. Infatti alzo il volume.
Tra Visp e Spiez mi abbiocco. A svegliarmi sono stati i rumori della stazione e il saliscendi dei passeggeri. Il treno ha recuperato il modesto ritardo che aveva accumulato. “Adesso c’è la voglia di togliere questa cosa dal tuo corpo”, dice la quarantenne, “ma non è ancora accettazione…”.
I monti che fanno corona al lago sono spruzzati di neve. Prima che un muretto mi impedisca la vista del Lago di Thun faccio in tempo a scorgere uno sportivo (un folle!) in piedi su una tavola a fare “Stand Up Paddling”, o come diavolo si chiama l’attività di remare in piedi come un gondoliere. Aveva un casco rosso in testa. Sicuramente uno svizzero.
L’altoparlante annuncia “Prossima stazione: Thun”. Riprendo l’ascolto dell’audiolibro tornando indietro di qualche minuto. Devo averne dormito una decina. Riprendo dalla scena della chiacchierata tra Maigret e Charlotte. “La donna pareva impietrita…”. Colpo di scena!
E più avanti: “Apparentemente non era cambiato nulla. In cucina c’era sempre quel buon odore delle case modeste, un odore rassicurante che pare emanare dai muri, e quel profumo familiare di carne che cuoce piano piano su un letto di cipolle dorate. La stessa tela cerata a quadretti rossi sul tavolo. E le briciole di torta”. Sono le 10.10 e ho più che appetito: ho una fame da lupo.
Passa il bambino canterino, in braccio al suo giovane papà che ha i capelli da rasta. Il capotreno invita i passeggeri a lasciare liberi i sedili togliendo i bagagli. I miei vicini non fanno una piega. Si limitano a spostare solo uno dei due zaini ingombranti che vi hanno appoggiato. Ripassa il papino rasta. La felpa lascia intravedere un tappeto di peli sul petto. Impressionante.
“Oggi non ho paura di cambiare”, dice la quarantenne. Ogni volta che fermo il racconto, Battiston lascia la parola a lei. Entriamo alla stazione di Berna. Il ragazzo rasta scende e le due viaggiatrici salutano il suo bambino. Maigret dice alla moglie che può servire la cena. Poi si muove in una Montmartre più animata che mai.
Il mio vicino estrae un piccolo dispositivo per l’analisi del sangue, ovvero un Analizzatore POC. Si punge un dito e passa la striscia nel lettore. Vedo il risultato: 189. Con gesti rapidi e precisi che tradiscono l’abitudine, prende una siringa e si fa un’iniezione sopra l’addome. “Alterata glicemia a digiuno” o IFG (Impaired Fasting Glucose), mi spiegherà poi mia moglie, consultata per soddisfare la mia curiosità.
Il treno riprende il viaggio, questa volta in senso opposto a quello che aveva prima. Finalmente mi ritrovo seduto secondo il senso di marcia. E m’immedesimo con il commissario Maigret, anche se lui viaggia verso sud e io verso nord. “Insomma, stava scontando la notte insonne e le ore di viaggio, e non ne poteva più. Non appena il treno ripartì da Marsiglia si addormentò nel suo angolo con la bocca aperta, e quando sentì gridare «Cannes!» si svegliò di soprassalto e si guardò attorno sbalordito”.
Io invece sono arrivato a Basilea.
Qui potete leggere la recensione della mostra “Scanning Seti. The Regeneration of a Pharaonic Tomb” che ho visitato all’Antikenmuseum (2018).
Saul Stucchi
- Georges Simenon
I sotterranei del Majestic
Traduzione di Eliana Vicari Fabris
Adelphi - Audiolibro letto da Giuseppe Battiston
Regia Flavia Gentili
Durata 4h 6m
Emons Audiolibri