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Voi siete qui: Interviste » Un caffè da tre C con Hans Tuzzi, viaggiatore tra le pagine

12 Aprile 2013 Scritto da Saul Stucchi

Un caffè da tre C con Hans Tuzzi, viaggiatore tra le pagine

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In un pomeriggio uggioso di inizio aprile Hans Tuzzi mi ha ospitato a casa sua per una chiacchierata sul suo ultimo libro Morte di un magnate americano (edito da Skira), dedicato a John Pierpont Morgan. “Ultimo fino all’11 aprile, quando uscirà il nuovo Melis”, mi corregge pochi istanti dopo avermi accolto sulla porta, mentre una levriera mansueta mi annusa le gambe e mi accompagna in soggiorno. Faccio in tempo a riconoscere alcuni titoli nelle librerie: Africa di John Reader, Pax Britannica di James (diventata poi Jan) Morris e sul tavolino il catalogo della mostra al British Museum (2012) Shakespeare Staging the World. [Nella foto qui sotto vedete un particolare del quadro di T. Jones Barker: La Regina Vittoria dona una Bibbia a un principe orientale (1861), dalla sovraccoperta del libro di Morris]. Morris
Mi accomodo sul divano, mentre lo scrittore prende posto su una sedia per mantenere dritta la schiena che gli dà qualche problema. Estraggo dalla borsa l’edizione economica del romanzo Ipazia di Adriano Petta e Antonino Colavito, ricevuta quella stessa mattina dall’editore La Lepre e gli leggo questo passo: “Mi farei tagliare una mano piuttosto che rischiare di perdere uno solo dei ventotto volumi di Zosimo di Panopoli sull’alchimia!”. Tuzzi sorride all’iperbole e spiega che in genere tutti gli uomini di religione sono uomini di un solo libro, come il Califfo Omar che avrebbe ordinato la distruzione della Biblioteca di Alessandria perché inutile se conteneva “doppioni” del Corano o dannosa se custodiva libri in contrasto con esso. Anche il cristianesimo non fu da meno quando prescriveva “non oltre un solo libro!” (la Bibbia, ovviamente).

MorganSan Tommaso in verità diceva di non fidarsi di chi legge un solo libro e fu una fronda interna al cristianesimo a permettere la sopravvivenza degli antichi manoscritti, anche se si tratta di una minima parte della produzione letteraria grecolatina, come l’autore fa dire al segretario di Morgan all’inizio del libro (“le nostre radici. Il prologo del nostro presente”, scrive a pagina 19 in omaggio a Shakespeare).Il sorgere dell’età cristiana segna anche il contrapporsi di due forme di scrittura: volume (rotolo) contro codice (libro). Ha prevalso la forma libro, anche grazie al fatto che i testi cristiani erano in principio molto esili, e per circa millecinquecento anni ha dominato quasi incontrastata perché è nata praticamente perfetta (come avviene raramente, dice, aggiungendo i casi del cucchiaio e degli occhiali).Quando arriva il caffè mi racconta che al mattino morirebbe senza una tazzina della nera bevanda, ma non ama l’espresso a cui preferisce di gran lunga il caffè turco. Mentre sorseggio il caffè (e penso che il suo domestico egiziano l’ha fatto “alla napoletana”, ovvero nel rispetto delle tradizionali Tre C: caldo, carico e da bere comodo), Tuzzi affronta il tema del passaggio epocale dalla carta al digitale. Tuzzi_caffe
Si è pensato che il “rotolo” (ovvero la lettura a scorrimento sullo schermo del computer) avrebbe in fretta soppiantato il libro e invece l’ebook sta sancendo il ritorno al libro. “La nostra civiltà si è abituata al gesto progressivo di sfogliare e non dello srotolare. Ed è indicativo: per una volta un mezzo davvero rivoluzionario si piega a un oggetto che sembrava superato”.Da parte mia gli confesso la recente adesione, sempre più convinta, alla lettura su un supporto digitale, mentre lui dice di appartenere a una generazione che mantiene un atteggiamento ambiguo e ambivalente verso le macchine, di cui subisce il fascino ma di cui anche prova timore. Senza dubbio, concede, i nuovi strumenti risolvono il problema dell’accesso ai manoscritti che da sempre affligge gli studiosi, anche se non possono sostituire la visione diretta del documento.La sua passione per i libri l’avevo messa in conto, ma quella per la storia mi sorprende, soprattutto per l’intensità. Morte di un magnate americano è in effetti un romanzo storico, ma i racconti e gli aneddoti che inanella – con la schiena perfettamente dritta sulla sedia – sono la prova più evidente di una profonda passione, nutrita in decenni di letture. Ne ha fatto cenno nel libro: la guerra civile americana ha costituito un momento di enorme progresso tecnologico e quando la supercorazzata unionista Monitor mise fuori combattimento la più potente corazzata confederata (era il 9 marzo 1862) quel giorno l’Impero Britannico scoprì che in tutta la sua flotta soltanto due navi sarebbero state in grado di sostenere il combattimento con quel “mostro”.
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La finanza e la politica furono più lente a recepire quel cambiamento d’epoca. Gli Stati Uniti avevano già una politica imperiale anche se non se ne accorgevano ed erano ancora privi di una banca centrale. Nove mesi dopo la morte di Morgan (avvenuta a Roma il 31 marzo 1913) si dotarono del Federal Reserve Bureau: fu il suo partus masculus. Il rapporto tra libri antichi (pregiati e costosissimi) ed economia è strettissimo. Delle quarantanove copie complete o quasi della Bibbia di Gutenberg oggi appena una si trova al di fuori di Stati Uniti ed Europa: in Giappone. Ma il primo esemplare che lasciò il Vecchio Continente per gli Stati Uniti partì soltanto nel 1847, cioè quando l’economia americana iniziava a farsi da esclusivamente agricola a proto-industriale.Colpito dalle pagine che dedica al viaggio di Morgan in Egitto, gli chiedo se abbia un legame particolare con la terra dei Faraoni. “Chi di noi non ha un legame particolare con l’Egitto?” risponde prima di sorprendermi con la confessione di non essere mai stato in Grecia né di volerci andare perché si ritiene “culturalmente inadeguato e perché alla mia età ci si risparmiano le delusioni”. Molti anni fa decise che non avrebbe più lasciato l’Europa e possibilmente casa sua. Con un compagno di viaggio si trovava sul tratto iniziale, tibetano, del Brahmaputra su una zattera circolare di pelli di yak, insieme a una guida cinese e due pastorelli locali. I ragazzini, appena compresero che erano italiani, chiesero loro di cantare Notti magiche (l’inno dei Mondiali di calcio di Italia 1990, ndr). “Il mio Egitto, la mia Grecia, la mia Africa… ” sospira e con un gesto indica le pareti del soggiorno, occupate da librerie, quadri e opere.

Morte di un magnate americano
 è tutto giocato sull’idea del viaggio come navigazione, a cominciare dall’incipit che è un omaggio a Moby Dick (ma forse anche la menzione del Libro di Giona, a pag. 40…). “Risalire il Nilo, lo diceva in una sua lettera molto bella il mitologo Furio Jesi, è risalire alla fonte di ogni nostra età primeva, è risalire alla madre. In questo senso non è privo di significato che Morgan fosse affascinato dall’Egitto e ci venisse spesso”. Lui invece si dice affascinato dall’epoca di fine Ottocento perché fu un insieme di antico e nuovo, con le navi già a vapore ma contemporaneamente ancora dotate di vela. Per affermarsi la modernità ebbe bisogno del massacro della prima guerra mondiale.“E come ci si sente a essere un personaggio di romanzi e a essere definito “Affabulatore con i fiocchi” (nel romanzo Vernice fresca di Antonio Grassi)?” gli chiedo. “Oh, è un gioco! Antonio Grassi ha troppa stima di me” risponde con una risata. “Mi fa piacere, come mi fa piacere che uscirà un libro di Massimo Gatta, valido storico dell’editoria di Otto-Novecento che ha scelto di farlo prefare da un personaggio di un mio libro”.
Tuzzi_coverE il nuovo Melis? “È ambientato nel 1986 nella Valle dei Pittori in Val d’Ossola. Si intitola Un enigma dal passato”. Ma a fine conversazione è il momento di tornare alla domanda iniziale: c’è un libro per avere il quale si taglierebbe una mano? “Sinceramente, no”. Aveva iniziato con gli incisori italiani del Seicento (“che oggi non vorrei in casa neanche a pagamento”), poi il suo interesse si è spostato su altri settori. Ci tiene invece a dirmi i libri che gli hanno cambiato la vita, premettendo di essere un lettore prevalentemente di saggi e che della narrativa ama i grandi classici: Guerra e pace, Le radici storiche dei racconti di fate di Vladimir Propp, À la recherche du temps perdu, e La religione romana arcaica di Dumézil. “Questi quattro libri mi hanno fatto cambiare il mio sguardo sul mondo. Non solo mi hanno aperto finestre, ma è proprio la qualità dello sguardo che è cambiata”. “Detto questo, – aggiunge – io ho la Recherche in prima edizione, ma la leggo sui tascabili”.
Ci tiene anche ad aggiungere un’ultima osservazione sull’età di trapasso tra Otto e Novecento: “l’età vittoriana non è un periodo storico. È una plaga della psicopatologia umana”. Morgan era l’uomo più ricco e potente del mondo, ma soffriva di forti depressioni e non volle mai operarsi al naso perché era convinto che l’operazione avrebbe liberato nel corpo i vapori maligni concentratisi nel naso. “Tutti i vittoriani hanno avuto il loro entomologo nel dottor Freud e mentre scrivevo questo libro su Morgan, pensavo costantemente a un altro vittoriano, forse non eminente ma famigerato: Jack lo Squartatore. Il quale in una lettera spedita a Scotland Yard scrisse: Tra cento anni io verrò additato come colui che ha anticipato il ventesimo secolo”. E sceglie questa frase come citazione in esergo per il suo Morgan.Quando gli chiedo il permesso di scattare un paio di foto si alza e si avvicina alla parete con i quadri che preferisce, assicurandosi che la statuetta lignea del Principe del Tanganika si intraveda alle sue spalle. Ci salutiamo e io mi ritrovo in un novembre che dura da cinque mesi. Il calendario, cartaceo o digitale che sia, sembra non volersi arrendere a voltare pagina.
Saul Stucchi

Hans Tuzzi
Morte di un magnate americano
SkiraHans Tuzzi
Un enigma dal passato
Bollati Boringhieri

Adriano Petta e Antonino Colavita
Ipazia
La Lepre

Antonio Grassi
Vernice fresca
Libreria Dornetti Editore

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