Regno Unito e Persia hanno avuto rapporti stretti e spesso travagliati negli ultimi secoli. In un’ottica “distensiva” che non è sfuggita a nessuno, il British Museum ha scelto di focalizzare l’attenzione su uno dei protagonisti della storia del paese centrasiatico e la mostra che gli dedica, aperta fino al prossimo 14 giugno, ha il titolo programmatico di Shah ‘Abbas. The Remaking of Iran. Per ricostruire il proprio paese, l’energico sovrano non ebbe remore di utilizzare alcuno strumento della politica e della guerra, come più volte sottolineato nei testi che accompagnano il percorso espositivo. Quest’ultimo si apre con un pannello che illustra lo stato del mondo al tempo di Shah Abbas, grazie al quale il visitatore ha l’agio di verificare che suoi contemporanei erano, tra gli altri, Elisabetta I sul trono d’Inghilterra, Filippo II su quello dell’impero spagnolo e Murad III a capo dell’impero ottomano. L’Iran che ereditò dal padre era un paese instabile e sotto la continua minaccia dei vicini. Ma “ereditò” non è il termine corretto. Shah Abbas infatti costrinse il genitore ad abdicare, convinto che non avesse le qualità e la capacità per continuare a sedere sul trono. Il suo lungo regno (ben quarantadue anni) cambiò il volto dell’Iran e lo fece, da una parte scacciando le potenze straniere e allargandone i confini a spese dei vicini, dall’altra riformando molti aspetti della vita civile e religiosa del suo popolo.
La sua fu una personalità particolarmente complessa: era deciso e intelligente, ma anche senza scrupoli, come dimostra l’uccisione, dopo appena due anni di regno, del tutore con l’aiuto del quale aveva raggiunto il potere.
I suoi nemici principali erano gli Ottomani e per combatterli Shah Abbas non esitò ad allearsi con i sovrani delle potenze europee. Fondamentale fu la sua scelta dello sciismo come religione ufficiale, ma i curatori della mostra ne sottolineano anche la tolleranza nei confronti degli Armeni, trasferiti da Julfa a Isfahan perché avviassero il commercio della seta nella nuova capitale.
L’espansione dell’impero savafide avvenne utilizzando un esercito in gran parte composto da ghulam, ovvero schiavi cristiani provenienti dall’Armenia e dalla Georgia convertiti all’Islam.
Shah Abbas sottrasse Hormuz ai Portoghesi, sconfisse gli Ottomani e conquistò Bagdad nel 1623, ripristinando l’accesso ai santuari sciiti di Kazimayn, Kerbala e Najaf in Iraq e riconquistando Mashad, caduta in mano agli Uzbechi. Proprio in questa città santa Shah Abbas compì un importante pellegrinaggio che univa al forte significato religioso, un altrettanto evidente messaggio politico. L’incoraggiamento del pellegrinaggio verso Mashad aveva anche motivazioni economiche: il tentativo, cioè, di frenare l’emorragia di oro dall’Iran verso la Mecca. Molto importante era anche il rapporto con il Sufismo. Shah Abbas era contemporaneamente leader di una congregazione sufi e si diceva discendente del Profeta.
La parte più emozionante del percorso espositivo è il passaggio sotto grandi pannelli sui quali vengono proiettate immagini di Isfahan: i visitatori si siedono su delle panche e hanno per un attimo l’illusione di trovarsi nella città iraniana. Guardando le decorazioni della cupola della Moschea dello Shah si intravedono, dietro i pannelli, quelle della cupola della Reading Room che al confronto paiono di una semplicità disarmante.
Saul Stucchi
Shah ‘Abbas: The Remaking of Iran
British Museum
Great Russell Street
Londra
Metro: Russell Square; Holborn; Tottenham Court Road; Goodge Street
Fino al 14 giugno 2009
Orari: tutti i giorni 10.00–17.30 (ultimo ingresso 16.20); giovedì e venerdì chiusura alle 20.30 (ultimo ingresso 19.20)
Biglietto: intero 12.00 £; ridotto 10.00 £
Informazioni: www.britishmuseum.org