Antefatto: qualche settimana fa, sulle pagine culturali del quotidiano El País ho letto la recensione di una mostra di archeologia allestita all’Allard Pierson Museum di Amsterdam, intitolata Crimea. Oro e segreti del Mar Nero. Al di là del valore storico e della bellezza dei pezzi esposti, l’articolo si soffermava sull’eccezionalità dello stato in cui si trovano al momento: prestati da musei di una repubblica autonoma che fino allo scorso marzo faceva parte dell’Ucraina, ora sono finiti in un limbo giuridico e gli organizzatori stanno cercando di capire a chi dovranno restituirli, visto che il parlamento della Crimea ha votato l’adesione alla Federazione Russa.
Il pezzo, firmato dalla giornalista Isabel Ferrer, corrispondente da L’Aia per il giornale spagnolo, mi è parso talmente interessante da spingermi ad andare nella capitale olandese per visitare di persona l’esposizione. Ne è valsa davvero la pena e la mia modesta speranza è che le righe che seguono possano avere su qualche lettore di ALIBI un effetto simile (si parva licet…), convincendolo a partire per Amsterdam.
Nell’antichità come oggi la penisola della Crimea, che si protende sulla parte settentrionale del Mar Nero, è sempre stata una regione di passaggio, al centro di commerci, scambi, razzie e guerre. Nel video che apre il percorso espositivo viene presentata la mostra che ha avuto a Bonn, in Germania, la sua prima tappa. I momenti in cui gli allestitori estraggono delicatamente i reperti dagli imballaggi che li hanno protetti durante gli spostamenti sono emozionanti anche per chi li segue in differita. “La Crimea è oggi meta di vacanze”, dice lo speaker del video, ignaro che gli avvenimenti hanno preso una piega inaspettata e oggi quelle lande sono al centro di un’aspra contesa geopolitica.
La prima sala è dedicata agli Sciti, con i quali i Greci avevano stretto forti legami commerciali: in cambio del grano indispensabile per mantenere i cittadini della madrepatria (o più correttamente delle varie poleis) gli Elleni portavano agli Sciti il loro oro e questi se ne adornavano, come dimostra lo splendido elmo da parata rinvenuto in una tomba del IV secolo. Spettacolare è anche il rivestimento del fodero di spada, impreziosito da raffigurazioni di animali, tra cui un grifone che azzanna un cervo, sbalzati in oro.
Sul pannello della seconda sala, in cui sono esposti pezzi che illustrano la vita della colonia di Cherson o Chersonesos Taurica (sul sito dell’attuale Sebastopoli), si legge una frase che va bene anche per i Greci dei nostri giorni. Tradotta in italiano suona così: “A molti dei suoi abitanti la Grecia offriva poche speranze di un futuro sereno. Così l’emigrazione era un’alternativa molto popolare”. I coloni greci erano alla ricerca di terre coltivabili e grazie alla superiorità militare che potevano vantare nei confronti delle popolazioni autoctone, riuscirono a fondare città del tutto indipendenti dalla madrepatria.
Cherson venne fondata attorno al 450 a.C. con un impianto ippodameo (dal nome dell’urbanista Ippodamo di Mileto), ovvero con uno schema viario molto regolare, fatto di strade che si incrociavano in modo ortogonale. Qui viene raccontata da alcuni reperti come architravi ed altri elementi architettonici, mentre su una parete domina una ricostruzione della città. È un’immagine stupenda, ma viene da chiedersi se non sia frutto (magari inconscio) della tradizionale suddivisione del mondo antico tra civiltà e barbarie: dentro le mura una città ben ordinata, con i suoi templi, il teatro e l’agorà, mentre fuori c’è la natura selvaggia e i suoi abitatori senza legge… “Sulle sponde del Mar Nero nacque una coppia di gemelli chiamati «civiltà» e «barbarie» (…) portati in grembo e partoriti dall’immaginario greco, soprattutto ateniese”, scrive Neal Ascherson nel suo fondamentale saggio Mar Nero (tradotto in italiano da Einaudi).
Sono esposte anche le steli di due decreti in onore di altrettanti cittadini, ma uno è mutilo proprio nella parte in cui si descriveva la decisione presa in suo favore.
Il percorso espositivo prosegue e fa tappa a Panticapeo (Pantikapaion), un melting-pot culturale che aveva il ruolo di leadership di una federazione di poleis greche organizzate contro gli Sciti. I piatti con raffigurazioni di pesci raccontano più di mille parole il tesoro ittico che nuotava nelle acque del Mar Nero, soprattutto negli estuari dei fiumi che vi si gettano. I vasi i Greci se li portavano da casa, come i lekythoi (vasetti per contenere olio e unguenti) esposti in una teca, realizzati ad Atene. Su uno è raffigurato Teseo alle prese col Minotauro, mentre su un altro ci sono Dioniso e le sue menadi.
Il territorio era così spartito: i Greci risiedevano sulle coste, le montagne alle loro spalle erano abitate dai Tauri, mentre nelle steppe dominavano gli Sciti. Adesso la prospettiva della mostra si ribalta e il visitatore si imbatte nei reperti di Neapolis Scythica, sede dei re Sciti che vi avevano un palazzo e il mausoleo dinastico. I reperti delle sepolture svelano che gli Sciti copiavano rituali greci; per esempio il capo del defunto veniva adornato da una corona d’oro.Le due sale successive accolgono oggetti rinvenuti a Ust-Alma, per gli Sciti il centro abitato più importante dopo Neapolis. In meno di vent’anni, dal 1993 al 2011, sono state scavate 900 tombe che hanno restituito circa 3000 sepolture. In cinque di queste tombe gli archeologi hanno ritrovato resti di scatole di lacca realizzate in Cina che raggiunsero la loro meta finale probabilmente viaggiando lungo il braccio settentrionale della Via della Seta (attualmente è in corso all’Hermitage di Amsterdam un’eccezionale mostra proprio sulla Via della Seta: ne parleremo a breve). Si tratta di ritrovamenti eccezionali, per il cui restauro sono stati coinvolti esperti cinesi che nel lavoro hanno profuso tutta la loro certosina pazienza, mettendo insieme uno dopo l’altro frammenti microscopici. L’archeologa russa che le aveva scoperte dovette tenerle dieci anni in frigorifero, chiedendo in ogni incontro e convegno internazionale se ci fosse qualcuno in grado di restaurarle. Nel video d’apertura il direttore del restauro chiama “Via della Lacca” quel fascio di vie che univano Oriente e Occidente, passando dall’Asia Centrale, come a dire che la seta era soltanto uno dei prodotti veicolati. Il corredo funebre di una nobildonna dell’élite scitica è emblematico a questo riguardo: oltre alle menzionate scatole di lacca cinesi, comprendeva amuleti egizi e oggetti greci. La globalizzazione è vecchia di millenni!
Le ultime due sale sono dedicate alle alleanze redditizie strette dagli Sciti, con un riguardo particolare alla figura di Mitridate VI, l’acerrimo nemico dei Romani, e infine ai reperti di alcune sepolture risalenti al periodo delle “invasioni” o migrazioni barbariche, dai Goti agli Unni. L’epoca delle città greche era finita da un bel pezzo, ma la storia della regione non si fermò lì. E proprio in questi giorni la Crimea sta scrivendo un nuovo capitolo.
Saul Stucchi
CRIMEA
Oro e segreti del Mar Nero
Dal 7 febbraio al 18 maggio 2014
Allard Pierson Museum
Oude Turfmarkt 127
Amsterdam (Paesi Bassi)
Orari: da martedì a venerdì 10.00 – 17.00; sabato e domenica 13.00 – 17.00
Biglietti: intero 10 €; ridotto 5 €
Informazioni:
www.allardpiersonmuseum.nl
Ente Nazionale Olandese per Turismo & Congressi
www.holland.com/it