Eccomi finalmente in aeroporto a Tel Aviv, dopo un viaggio passato a domandarmi cosa mi stia spingendo verso questa avventura. Ma ora non ho tempo di pensarci. Ora devo farmi mettere un visto. Dove vai? A Gerusalemme. Quanto ti fermi? Due mesi. Come mai? Pellegrinaggio. Da sola? Sì. Come mai da sola? Pellegrinaggio. Dove dormi? Dai Francescani. Timbro. Shalom. Tutto sommato mi è andata bene. Pensavo peggio. Non una delle risposte che ho dato corrisponde a verità. Ma era l’unico modo per passare, l’unico modo per farsi mettere un timbro sul passaporto. Ecco il mio primo incontro con il tanto nominato – da sembrare quasi più leggenda che realtà – conflitto israelo-palestinese. Io mento. Loro, gli israeliani, sanno che io mento. Per loro nessuno può essere diretto a Betlemme. Neanche un pellegrino. E’ una città importante per la cristianità… ma ha un difetto. Non è in Israele. E’ in Palestina. Ma la Palestina non esiste. Forse per questo sono qui? Capirne di più di questo conflitto?
A Gerusalemme, nella città vecchia, tutti i miei compagni passeggeri dello sharut, si fermano, lasciandomi sola con l’autista. La mia destinazione è infatti Ghilo-Tantur, ovvero l’ultima fermata di Gerusalemme, vicina al confine con Betlemme. In questa ultima parte di tragitto chiacchiero un pò con l’autista, isaeliano, che insiste per accompagnarmi direttamente a Betlemme, visto che, nonostante non lo avessi detto, ha capito che sono diretta lì. Al mio rifiuto, insospettito, mi chiede se mi devono venire a prendere dei “musulmani”. Ovviamente no. Ma ormai il nostro rapporto si è spezzato. Scesa alla fermata, trascino la mia valigia rigida Samsonite anni ’80 (da tipica viaggiatrice….) lungo la strada che porta a Betlemme. Cammino immersa in mille pensieri e incuriosita da ciò che mi circonda. Ma la strada a un certo punto si ferma.
Muro. Altissimo. Enorme. Ingombrante. Grigio. Mi chiedo se abbia sbagliato strada…eppure le indicazioni dicevano di qui. La freccia indicava questa strada. E quindi..? Forse la strada è giusta…forse un tempo proseguiva dritto verso Betlemme.. e forse quindi questo è il famoso Muro. Non vorrei crederci, preferirei aver sbagliato strada… ma la vista di soldati israeliani mi fa capire che questo è proprio il Muro. E questo è il check point che ti permette di passare al di là del muro. Sono frastornata. Col naso all’insù fisso questo muro. Non riesco a capire quanto possa essere alto. Non mi sembra sia solo 9 metri. L’impressione è che tocchi il cielo.
Forse è per questo che sono qui? Cinico interesse da “scienziata politica”? O più sentimentalmente volontà di lotta verso un’ingiustizia? O tutte e due le cose insieme? Ma in realtà cosa potrò mai fare io? Questa è la domanda che mi accompagnerà per tutta la mia esperienza in Palestina e alla quale purtroppo non ho ancora dato una riposta definitiva. So solo che anche se ora sono di nuovo a Milano, il mio cuore è ancora là.
E allora forse l’unica risposta è ancora quella frase rubata ai Muse che feci scrivere poco tempo fa proprio su questo muro (www.sendamessage.nl): I’ll be there as soon as I can.
E ora inizia davvero l’avventura. Ora attraverso il Muro.
Testo e foto di Valeria Lonati