A dieci anni esatti dalla scomparsa di Mariangela Melato, Toni Servillo ha debuttato ieri sera al Piccolo Teatro Studio a lei dedicato con il suo nuovo spettacolo: “Tre modi per non morire. Baudelaire, Dante, i Greci” di Giuseppe Montesano. Rimarrà in cartellone a Milano fino a domenica 22 gennaio, ma le repliche sono già tutte esaurite (da giorni). È nel ricordo della Melato, con cui alla metà degli anni Novanta ha condiviso due anni di tournée in “Tango barbaro” di Copi per la regia di Elio De Capitani, che Servillo ha voluto congedarsi dal pubblico (numerosi i volti noti in sala, tra scrittori, artisti e gente di teatro).
Nella presentazione stampa del giorno prima l’attore ha tenuto a sottolineare l’infondatezza della definizione di “ritorno a teatro” per questa sua nuova esperienza, per il semplice fatto che lui il teatro non l’ha mai lasciato. Certo i due anni di pandemia costituiscono una parentesi, ma lui è tra quelli non intenzionati a chiuderla riprendendo la vita esattamente come prima, come se nulla fosse successo: sarebbe da folli.
Baudelaire, Dante e i Greci
E proprio sulla follia e sulla consapevolezza, sulla vita e sulla morte – o ancora meglio: su cosa sia essere davvero vivi e cosa essere morti -, sulla libertà e sulla schiavitù, sulla noia e sull’energia dirompente e tante altre contrapposizioni è intessuta la trama dell’opera omonima di Montesano, composta di tre distinti testi: “Monsieur Baudelaire, quando finirà la notte?”, “Le voci di Dante” e “Il fuoco sapiente” (Bompiani ha appena mandato in libreria il volume, nella collana “Passaggi”).
Le tre sezioni sono insieme separate – infatti sono già state presentate in precedenza in modo autonomo – e collegate tra loro da un fitto intreccio di riferimenti e rimandi. A ciascun spettatore, a seconda delle rispettive letture e predilezioni, sta la possibilità di coglierli, ma non è indispensabile avere una vasta cultura per apprezzare le parole di cui Servillo si fa interprete, anche se è pur vero che i “lettori selvaggi”, per richiamare il titolo di un importante libro dello stesso Montesano, moltiplicano il piacere apprezzando l’articolazione delle diramazioni.
Nel mio piccolo, per esempio, mi è successo di pensare al collegamento tra l’episodio evangelico dell’indemoniato di Gerasa (Luca 8), menzionato nello spettacolo, e i Demoni di Dostoevskij che proprio quel brano richiamano nella citazione in esergo. Ho notato, en passant, che Montesano rende con “moltitudine” l’originale “legione” con cui l’indemoniato chiama se stesso, riconoscendo di dare ospitalità a molteplici e diverse identità. Ecco un altro filo conduttore dei testi sui quali Montesano ha riflettuto negli anni, qui antologizzati. Prende diverse forme perché proprio di metamorfosi si tratta: ricchezza di aspetti, multilateralità, apertura a differenti esiti…
Maledetti ignavi
Alla metamorfosi si oppone la morte che altro non è che fissità, incapacità e impossibilità di mutare aspetto, pensiero, desiderio. Siamo vivi o siamo morti, ora? Quando siamo piegati sullo schermo del nostro smartphone? Ci portiamo in tasca la nostra caverna platonica personalizzata (il riferimento è ovviamente al mito raccontato nel VII libro de La Repubblica del filosofo ateniese) e non servono catene d’acciaio a tenerci prigionieri.
“Tre modi per non morire” sono altrettanti inviti al risveglio, alla presa di coscienza. Torna alla mente la definizione di Illuminismo data da Kant, ovvero “l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso”. Montesano non ricorre – almeno qui apertamente – a Kant, bensì a Baudelaire nella sua dimensione di ribelle, a Dante come poeta d’amore che odia gli ignavi e ai Greci (lirici e tragediografi) come inventori del teatro.
È il teatro una porta sul futuro, uno specchio in cui osservarsi (e qui fa capolino Amleto), un lettino d’analista ante litteram in cui raccontarsi come si è, non come si vorrebbe essere, senza alcuna censura. Guardare in faccia la realtà: ecco la funzione del teatro, cerimonia viva e vivificante.
I tre momenti sono diversi per tono e ritmo, ma anche colore e sottolineatura musicale. Servillo li tiene insieme con il suo straordinario talento. “Quanta abilità tecnica in questa poesia!”, viene da pensare osservando da vicino – se il posto a teatro lo consente – come gestisce muscoli e respirazione, a cominciare dall’apnea della lunga tirata su Baudelaire: altro che la Canzone del sole di Mogol e Battisti!
E dunque, “raccogliti, anima mia, in questo grave momento”: dobbiamo imparare a diventare vivi!
Saul Stucchi
Foto di Masiar Pasquali
La foto della presentazione stampa è di Saul Stucchi
Tre modi per non morire
Baudelaire, Dante, i Greci
di Giuseppe Montesanocon Toni Servillo
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Piccolo Teatro Studio MelatoVia Rivoli 6, Milano
Quando
Dall’11 al 22 gennaio 2023Orari e prezzi
Orari: martedì, giovedì e sabato 19.30mercoledì e venerdì 20.30
domenica 16.00
lunedì riposo
Biglietti: intero platea 40 €; intero balconata 32 €