Lo scorso novembre il Teatro Real di Madrid ha proposto in cartellone Theodora di Georg Friedrich Händel: per la precisione in sette rappresentazioni dal lunedì 11 a sabato 23. Era una nuova produzione del teatro madrileno con la Royal Opera House di Londra, sotto la direzione musicale di Ivor Bolton e la direzione di scena di Katie Mitchell che ha scelto una “lettura femminista” dell’opera.
Theodora fu rappresentata per la prima volta a Londra nel 1750 in forma di oratorio. Fu un clamoroso fallimento. Ambiziosa è stata dunque la scommessa del Teatro Real di riproporla, questa volta in versione scenica. Come oratorio è stata eseguita al Teatro alla Scala giusto tre anni fa, con Lisette Oropesa nel ruolo del titolo, Joyce DiDonato in quello di Irene e Paul-Antonie Bénos-Djian come Didimo.
A giudicare dai calorosi applausi che ho sentito – e a cui mi sono unito – due settimane fa, si può dire che la scommessa del Teatro Real sia stata pienamente vinta.
Da Antiochia a oggi
Ma perché al suo tempo fu un flop e oggi invece è stata coronata dal successo? Spiegano il primo la particolarità di Theodora, l’unico oratorio drammatico di Händel in inglese a tema cristiano. Il pubblico britannico non apprezzò il finale tragico, con la morte della protagonista e del giovane di cui aveva favorito la conversione. Anche un terremoto occorso pochi giorni prima contribuì a raffreddare l’accoglienza, provocando la partenza da Londra di molti estimatori del compositore.
Due parole sulla trama. Theodora non riguarda l’imperatrice bizantina, moglie di Giustiniano (nonostante succeda di trovare riproduzioni del celeberrimo ritratto a mosaico di Ravenna per illustrare l’opera del compositore barocco), bensì una nobile cristiana di Antiochia che subì il martirio durante le persecuzioni sotto l’imperatore Diocleziano.
Il librettista Thomas Morell – autore di altri libretti per oratori di Händel – si basò principalmente sull’opera Il Martirio di Teodora e Didimo di Robert Boyle, teologo e insieme scienziato (fu il primo a enunciare la legge della termodinamica che ancora porta il suo nome), con riprese anche dalla tragedia di Corneille che ha per titolo il nome della martire.
In cucina
Due sono i campi, tra loro contrapposti: da una parte i pagani, fedeli alle tradizioni e al culto imperiale romano, dall’altra i cristiani che non vogliono sacrificare agli dei e all’imperatore che li rappresenta. In bilico tra i due si trova l’ufficiale Didimo, innamorato di Theodora. L’inflessibilità dei personaggi schierati sui due fronti porterà alla risoluzione drammatica, ma comunque positiva dal punto di vista della prospettiva di vita eterna dei cristiani.
Ma non è l’Antiochia “ville lumière” della dolce vita del IV secolo tanto cara ad Ammiano Marcellino che vi nacque, coetaneo di Giuliano poi detto l’Apostata, l’ambientazione della vicenda. Qui l’azione si svolge ai giorni nostri nell’ambasciata romana, dove cristiani e pagani lavorano gomito a gomito. E infatti, appena si è alzato il sipario, è apparsa per prima la mezzosoprano Joyce DiDonato nel ruolo di Irene, amica di Theodora, intenta a pulire la cucina della residenza dell’ambasciatore Valente (il basso Callum Thorpe).
Quali sono gli elementi che hanno decretato il successo di questo allestimento? Tanti, tutti importanti. Il merito principale va riconosciuto alla musica di Händel, magistralmente eseguita dall’orchestra e dal coro del Teatro Real, rispettivamente diretti da Ivor Bolton e José Luis Basso.
Poi all’intero cast, su cui hanno brillato Julia Bullock come Theodora, Iestyn Davies nei panni di Didimo e la già citata DiDonato, a cui è andato un applauso a scena aperta, all’inizio del terzo atto, quando ha cantato l’aria Lord, to Thee each night and day. La musica ha taciuto e tutto il Teatro Real pure. Si sentiva solo la sua voce: da brividi.
Pole dance
La scenografia, firmata da Chloe Lamford, ha sicuramente avuto un ruolo molto importante. Gli ambienti in cui si svolgono le azioni – quanto movimento per essere un oratorio messo in scena come opera! – rimangono tutti fissati nella memoria, dalla cucina al boudoir, passando per il club di pole dance. Ed eccoci a un altro elemento tutt’altro che secondario.
Il bordello a cui viene condannata Theodora, rea di non voler sacrificare agli dei pagani, diventa infatti un club dalle pareti di velluto rosso (il colore dell’eros, ma anche del sangue del martirio) e due ballerine professioniste (La Galgue e Mero González) si esibiscono in una pole dance che ipnotizza.
Il libretto di sala segnala che la produzione “presenta scene violente e contiene temi di terrorismo, molestie e sfruttamento sessuale”. Ma se è vero che se siamo abituati a vedere armi da fuoco in scena, anche a teatro e all’opera, tutt’altro che comune è assistere a danze così apertamente provocanti e a scene esplicite come l’amplesso mimato sulla tavola. Gli spettatori londinesi sarebbero fuggiti via sconvolti!
Ottima ricetta
Pur essendo sempre più arduo sbalordire i borghesi che siamo, devo confessare che queste scelte estreme hanno colpito nel segno, senza però prevalere – per fortuna – sulla musica. Tutti gli ingredienti sono mescolati con maestria e la ricetta viene eseguita alla perfezione.
Contribuisce al successo anche il disegno delle luci curato da James Farncombe che gioca sui contrasti di cui l’opera è tutta intessuta (insieme alla scenografia mi ha fatto pensare alle atmosfere dei film di David Lynch). E non vanno tralasciati i costumi di scena realizzati sotto la direzione di Sussie Juhlin-Wallén, importantissimi in un’opera in cui si nota l’insistenza sul tema della veste, antica e nuova, come metafora dell’abito morale. È infatti tutto un cambiarsi e scambiarsi di vesti e sottinteso è il riferimento alla tunica del martirio.
Tanti i momenti che rimarranno nella mia memoria, ma voglio qui citare almeno gli interventi del coro, l’aria The raptur’d soul defies the sword cantata da Didimo nel primo atto, quando tutti si fermano sul palcoscenico, e la commovente scena del battesimo di Didimo da parte di Irene.
Domenica 15 dicembre Händel tornerà al Teatro Real di Madrid, questa volta con l’opera Alcina (composta tra 1735 e 1735), rappresentata in forma di concerto con la direzione musicale di Francesco Corti. Il soprano franco-danese Elsa Dreisig canterà nel ruolo del titolo, accompagnata da Sandrine Piau come Morgana, dal mezzosoprano Juliette Mey come Ruggiero e Jasmin White nella parte di Bradamante. Biglietti a partire da 18 €.
Saul Stucchi
Foto © Javier del Real | Teatro Real
Didascalie:
- Una scena dell’opera
- In primo piano Joyce DiDonato (Irene) e Julia Bullock (Theodora)
- Iestyn Davies (Didimo) e La Galgue (Flora, ballerina)
Theodora
di Georg Friedrich Händellibretto di Thomas Morell
Direzione musicale Ivor Bolton
Direzione di scena Katie Mitchell
Scenografia Chloe Lamford
Costumi Sussie Juhlin-Wallén
Luci James Farncombe
Coreografia Sarita Piotrowski
Direzione di intimità Ita O’Brien
Direzione del coro José Luis Basso
Coro e Orchestra titolari del Teatro Real
Interpreti principali:
Julia Bullock (Theodora)
Joyce DiDonato (Irene)
Iestyn Davies (Didimo)
Ed Lyon (Settimio)
Callum Thorpe (Valente)
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Teatro RealPlaza de Isabel II, Madrid
Quando
Dall’11 al 23 novembre 2024Orari e prezzi
Orari: 19.30domenica 18.00
Durata: 3 ore e 25 minuti con due intervalli
Biglietti: informazioni sul sito ufficiale