Ieri sera, martedì 11 febbraio, al Teatro Carcano di Milano è andata in scena la prima rappresentazione dello spettacolo Il sogno di una cosa che verrà replicato fino a domenica 16. Dunque una sfida ambiziosa al festival della canzone(tta) nazionale che sembra dover fagocitare tutte le risorse di attenzione nel periodo che abbraccia le stesse date (purtroppo con ampi margini prima e dopo la parentesi della kermesse in se stessa).
La sala del teatro milanese era comunque quasi piena. Forte il richiamo del nome dell’attore Elio Germano, anche se – confesso – io ero soprattutto curioso di ascoltare dal vivo la musica di Teho Teardo, l’altro autore e “interprete” di questo spettacolo che è difficile definire (ammesso che sia indispensabile e per fortuna non lo è).

Ha qualcosa dell’audiolibro registrato in diretta e qualcosa del concerto – i bassi sparati ad alto volume, per esempio, mi sembravano più da concerto dei redivivi CCCP Fedeli alla linea che da allestimento teatrale. Germano e Teardo hanno entrambi davanti a sé una postazione, una vera consolle per il musicista, e da seduti accompagnano gli spettatori indietro nel tempo, nel Friuli dell’immediato dopoguerra.
Sono questi i dati temporali e geografici del primo romanzo di Pier Paolo Pasolini. Il sogno di una cosa, infatti, è ambientato nella sua regione natale (e nella confinante Jugoslavia) del 1948-49 e scritto più o meno in quel periodo, anche se poi venne pubblicato soltanto nel 1962.
Ho già assistito in passato a rappresentazioni in scena di testi non teatrali di Pasolini, letture più o meno teatralizzate di racconti. Ricordo per esempio La lunga strada di sabbia di Federico Tiezzi al Piccolo Teatro; lo spettacolo Tutto il mio folle amore lo soffia il vento di e con Mino Manni a Camairago e Pasolini. Una storia romana di e con Massimo Popolizio al Teatro Palladium di Roma.

Ciascuno, naturalmente, ha scelto un approccio personale, ma a tenerli in qualche modo insieme è il forte legame costituito dalle parole di Pasolini. In questo caso, come poi di sovente nelle opere successive, l’autore le impiega per realizzare il ritratto di un mondo in via di estinzione, quella società rurale che in breve tempo sarebbe stata soppiantata dall’urbanizzazione e dall’industrializzazione (e dalle tappe successive di entrambi i fenomeni).
Qui i protagonisti intraprendono un viaggio proprio per abbandonare quel mondo, affascinati dalle sirene del Comunismo del vicino orientale. Ma quello che era un viaggio della speranza (“camminavano come in un sogno”) si tramuterà fin da subito in un percorso di disillusione fatto di fame, nostalgia di casa e tentativi di ritorno. Ad aspettarli al rientro ci saranno gli scontri tra lavoratori e padroni, i cambiamenti negli stili di vita, l’amore…
A Germano il compito di “presentare” la parola di Pasolini, in alcuni momenti suonando la fisarmonica, mentre Teardo più che affiancare il compagno di strada, propone una versione musicale del racconto, passando da uno strumento all’altro della panoplia che ha sistemato sul palco. E le campane a morto del finale mi hanno ricordato i colpi di tamburo della Decima Sinfonia di Mahler, ma non è – più di tanto – uno spoiler.
Saul Stucchi
Foto di Daniele Casalboni
Il sogno di una cosa
di e con Elio Germano e Teho Teardoliberamente tratto dal romanzo di Pier Paolo Pasolini
produzione Pierfrancesco Pisani
per Infinito Teatro e Argot Produzioni
coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana
con il contributo di Regione Toscana
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Teatro CarcanoCorso di Porta Romana 63, Milano
Quando
Dall’11 al 16 febbraio 2025Orari e prezzi
Orari: 11-12-13-14 febbraio 19:3015 febbraio 20:30
16 febbraio 16:30
Durata: 1 ora senza intervallo
Biglietti: poltronissima 38 €; ridotto 27 €
poltrona / balconata 30 €; ridotto 24,50 €
Maggiori informazioni
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