Cees Nooteboom è da sempre uno dei nomi di punta del catalogo Iperborea, che ora rimanda in libreria un classico del secondo Novecento, Rituali (traduzione di Fulvio Ferrari), emblematico della scrittura sottilmente evocativa e insieme sferzante del novantenne scrittore olandese (l’incipit è memorabile “Il giorno che Inni Wintrop cercò di suicidarsi, le azioni della Philips erano a 149,60”).
Noto forse più come scrittore di viaggi ma romanziere di prim’ordine, Nooteboom anche in questo libro dipana la storia connettendo volubili sensazioni fra luoghi e tempi diversi, segno distintivo di una scrittura in cui tutto avviene qui e nel contempo in lontananza, e dove ogni gesto pare convocare qualcosa di cruciale e insieme divagante.
La stratificazione in Rituali guadagna anche dalla disposizione della fabula in tre periodi distinti il cui racconto però principia nel mezzo, negli anni Sessanta, slittando prima indietro poi avanti nei decenni contigui.
Il suo antieroe, Inni Wintrop, vaga per Amsterdam, una città che nel 1963 “cominciava a prendere fuoco”, inquieta non meno di lui, un uomo che vive di piaceri, “un dilettante” per programma, che rifiuta a priori qualsiasi ambizione, per il quale anche “le convinzioni politiche, di qualsiasi tendenza fossero” non erano che “forme più o meno gravi di malattia mentale”. Piaceri che sono tuttavia accompagnati da una perenne insoddisfazione dovuta alla convinzione che il mondo non abbia significato alcuno.
La scrittura di Nooteboom, notoriamente a suo agio nel costeggiare l’evanescenza degli oggetti, dei luoghi, dominata da uno sguardo che confonde i piani della percezione, sa trafiggere le attese del lettore con stilettate metalliche, sentenze al limite del cinismo, non di rado sagacemente umoristiche.
Inni è stato lasciato dall’amata Zita, la sua “principessa della Namibia”, che però cornificava a ogni occasione, e nemmeno il gesto estremo gli riesce. Gesto peraltro preparato per tempo, per via di una previsione astrologica sui nati sotto il segno del Leone, previsione tutta sua, di Inni, che campa scrivendo oroscopi.
Una volta realizzato il terremoto in Borsa, e constatato di essere vivo, acquista una quantità d’oro sufficiente a farlo vivere di rendita. Sprovveduto ma non del tutto, insomma, disperato ma imprevedibile, indolente e ingabbiato in una sorta di attardato esistenzialismo e uno humor che vaga dall’autolesionismo all’autoindulgenza – così appare anche il suo sguardo sulle cose, zigzagante nel nulla, inattivo eppure partecipe, indeciso se esiliarsi dal mondo o tenerselo stretto accumulando godimenti in maniera persino frenetica.
Estenuato e ossessionato dal sesso – le cui descrizioni sono rapide ma efficaci – Inni crede di amare “ma capitava che si sentisse come un vampiro incapace di vivere se non succhiando luce dalle donne”.
Il mondo non ha molte possibilità di modificare alcunché nell’uomo, seppure mostra di avere antenne sensibilissime, ma le sue curiosità appaiono estemporanee – invece di vivere, “tu ti lasci distrarre” gli dice un giorno un amico scrittore, cogliendo la natura fantasmatica di un’esistenza che prova a dare una disciplina al culto dell’insensatezza attraverso due amici, altrettanto eccentrici, i Taads, padre e figlio, conosciuti in periodi diversi, che provano a sottrarsi all’angoscia del nulla, il primo in una vita rigida, notarile, l’altro attraverso lo zen e i suoi rituali. Ma nemmeno l’ascesi riesce a persuaderlo.
Per questa strada conosciamo il Nooteboom scrittore di libri sul Giappone e l’Oriente in generale, affascinato dalla sua estetica, dall’impermanenza delle cose, sospeso fra il senso e la sua assenza, fra la vita e la sua fine. Un libro che merita di stare fra i grandi romanzi del tardo Novecento.
Michele Lupo
Cees Nooteboom
Rituali
Traduzione e postfazione di Fulvio Ferrari
Iperborea
2024, 256 pagine
18 €