Sabato 8 luglio è andata in scena al Teatro Romano di Verona l’ultima rappresentazione del “Richard II” (Riccardo II) di Shakespeare nell’adattamento di Peter Stein, uno degli appuntamenti più interessanti e attesi di questa sessantanovesima edizione dell’Estate Teatrale Veronese.
Si tratta di un’opera poco rappresentata che fa parte del complesso ciclo dedicato alle storie inglesi, insieme al ben più celebre “Riccardo III”, ai quattro “Enrico” (IV, V, VI e VIII) e al “Re Giovanni”.
Un candido ingenuo
Molte sono le sue particolarità, a cui il regista ha voluto aggiungere la scelta di affidare la parte del protagonista a un’attrice, Maddalena Crippa (sua moglie), come aveva già fatto Deborah Warner nel 1995 dando il ruolo a Fiona Shaw.
[codice-adsense-float]Viene così sottolineata la componente femminile (effeminata) del sovrano inglese, estremo fiore della dinastia dei Plantageneti, l’ultimo sovrano per diritto divino. La Crippa indossava una veste bianca a sottolineare il candore ingenuo di questo re nato a Bordeaux, un “Piccolo Principe” impreparato a gestire la realtà di un mondo che sta cambiando davanti ai suoi occhi senza che lui se ne avveda.
L’attrice è stata brava nel rendere le varie sfaccettature del personaggio: marziale quando misurava a grandi falcate il palcoscenico, risoluto nel decretare l’esilio dei pari in lotta tra loro, scosso dal tradimento degli aristocratici, fanciullescamente innamorato della sua Inghilterra…
Alle spalle del trono campeggiava il cervo bianco che decora il retro del Dittico Wilton, uno dei capolavori più celebri conservati alla National Gallery di Londra, i cui pannelli frontali mostrano la scena della presentazione di Riccardo (inginocchiato) alla Vergine Maria da parte dei Santi Giovanni Battista, Edoardo il Confessore ed Edmondo martire.
Le scene più belle
Gli attori hanno affrontato una prova fisica non indifferente, bardati con pesanti (ma ben curate) vesti sceniche nonostante gli oltre trenta gradi che ancora a mezzanotte soffocavano la splendida cavea del Teatro Romano.
L’audio non mi è parso ottimale, soprattutto nella prima parte della rappresentazione, quando non è stato sempre agevole seguire le battute dei personaggi più lontani dalla fila di microfoni piazzati a bordo del palcoscenico che ospitava una scenografia piuttosto minimalista.
Il regista ha tagliato le scene in cui compare la regina Isabella, compresa quella con i giardinieri.
Tra le scene più belle ricordo quella del duello tra Bolingbroke (il futuro Enrico IV) e Mowbray, interpretati rispettivamente dagli ottimi Alessandro Averone e Graziano Piazza; la lode dell’Inghilterra, un tempo simile all’Eden e ora invece data in appalto come un appezzamento qualsiasi (verrà poi Napoleone a definirla “nazione di bottegai”…), declamato da John Gaunt (un intenso Paolo Graziosi) sul letto di morte e la scena del trapasso della corona nel IV atto, quando Riccardo e Bolingbroke sono divisi, uniti e contrapposti dal simbolo del potere che sta per cambiare testa.
Ma su tutte metto la seconda scena del III atto, ovvero l’altalenante ondeggiare di Riccardo tra un ottimismo privo di agganci alla realtà e il nero sconforto:
Io vivo di pane come vivete voi, sono soggetto alle stesse necessità,
assaporo gli stessi dolori, e ho bisogno d’amici.
Soggetto come sono a tutto questo, come potete dirmi ancora che son re?
Riccardo ed Enrico
L’opera è ricca di dualismi e contrapposizioni: come la parola di Riccardo è sempre contestata, precisata e ribattuta, soprattutto quando vuole suonare come definitiva, così gli ordini di Bolingbroke s’impongono perentori e vengono eseguiti senza commenti. Se Riccardo è il giorno, l’usurpatore è la notte; ma il sole di Riccardo è già salito al suo zenit e ora corre veloce verso il tramonto.
Tradito e abbandonato da quelli che un tempo lo adulavano e gli gridavano “lunga vita al re!”, il Plantageneto ha perso contro il Tempo ed è rimasto imprigionato nella gabbia della sua corona e non gli resta che recitare la parte di re nel castello di Pomfret in cui è rinchiuso e dove lo raggiungeranno i sicari di Enrico.
La tournée proseguirà in autunno partendo da Macerata (31 ottobre e 1 novembre), mentre il calendario dell’Estate Teatrale Veronese prevede come prossimo spettacolo la commedia di Goldoni “Le baruffe chiozzotte di Goldoni” (dal 19 al 22 luglio).
Saul Stucchi
Foto di Paolo Porto
La foto del saluto degli attori al termine della recita è di Saul Stucchi
La citazione è tratta dalla traduzione di Gabriele Baldini per la BUR
6, 7 e 8 luglio 2017 – ore 21.15
Richard II
di William Shakespeare
- traduzione Alessandro Serpieri
- riduzione e regia Peter Stein
- con Maddalena Crippa, Alessandro Averone, Gianluigi Fogacci, Paolo Graziosi, Andrea Nicolini, Graziano Piazza, Almerica Schiavo, Giovanni Visentin, Marco De Gaudio, Vincenzo Giordano, Luca Iervolino, Giovanni Longhin, Michele Maccaroni, Domenico Macrì, Laurence Mazzoni
- scene Ferdinand Woegerbauer
- costumi Anna Maria Heinreich
- luci Roberto Innocenti
- assistente alla regia Carlo Bellamio
Biglietti:
platea numerata 29 €; platea ridotta over 65 e under 26 22 €
gradinata 18 €; gradinata ridotta 15 / 10 €
Teatro Romano
Regaste Redentore 2
Verona
Informazioni:
Tel. 045.8066485-8066488
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