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Voi siete qui: Biblioteca » Bethencourt spiega genesi e cause dei razzismi

17 Gennaio 2020 Scritto da Michele Lupo

Bethencourt spiega genesi e cause dei razzismi

“La costruzione dei miti ha sempre un fine” scrive lo storico Francisco Bethencourt in “Razzismi. Dalle crociate al XX secolo” (Il Mulino).

Lo fa ricordando la nascita del mito della razza ariana nel Rig Veda – un popolo di allevatori chiamati Arii (bianchi) che si scontrò in India con un popolo di “barbari” di pelle scura. Esempio di una tesi fondamentale del suo volume, ossia che il razzismo va inteso come un fenomeno contingente a luoghi e momenti determinati della storia umana.

E se il comune denominatore è dato da un progetto politico (che non si può ricondurre a una lotta di classe, ai marxiani rapporti di produzione, né a un innatismo biologico) e da uno sguardo pregiudiziale su alcune comunità etniche, il modo in cui le pratiche discriminatorie ai danni delle vittime si è manifestato è sempre stato peculiare. Il contesto storico-sociale dunque non può essere mai eluso nell’analisi dei fatti storici che rubrichiamo genericamente come eventi razzisti.

Francisco Bethencourt, Razzismi, Il Mulino

Peraltro, il problema – lo stesso concetto di razza com’è noto è assai precario – non è nato secondo Bethencourt con la teorie razziali dell’Ottocento (Gobineau si appropriò dello sciagurato mito di cui all’inizio e ne fece un paradigma buono a tutte le latitudini e in ogni tempo: di qua le élite ariane di là gli altri) – come altrimenti considereremmo tragedie epocali, dal delirio del sangue “impuro” dei convertiti con la forza (gli ebrei, ancora, e i musulmani) nella Spagna cattolica, le decine di milioni di schiavi africani, e l’identificazione paranoica con la nazione nella modernità a noi più prossima? Definire, come pure si tende a fare, conflitti o persecuzioni religiose fenomeni meno “idealistici” ed escludere l’idea di una concezione gerarchica dell’umano è un errore.

Come ognuno sa, i pregiudizi su base etnica si traducono in azioni violente in tempi di crisi, né le democrazie liberali o i convincimenti degli illuministi sono stati al riparo da quei pregiudizi (dalle navi di negrieri di Voltaire ai crimini ripetuti degli americani verso i nativi indiani o verso i neri). Ecco perché, nelle tappe decisive di questa storia che è la peggiore fra le umane, ad avviso dell’autore vanno annoverate intanto le Crociate, poi le spedizioni nel Nuovo Mondo in età rinascimentale e il colonialismo ottocentesco prodromico alle tragiche guerre del Novecento.

In nessuno di questi capitoli è stato secondario il motivo tutto temporale delle terre (e delle relative risorse) da conquistare, a dimostrazione ulteriore che il razzismo non è una disposizione naturale dell’essere umano, ma segue l’azione per giustificarla più che produrla motu proprio.

“È la lotta per il monopolio del potere che si combatte con il razzismo e le teorie razziali”, scrive Bethencourt in questo libro ponderoso, il cui sguardo scorre nella storia di persecuzioni europee, asiatiche, africane, americane, rilegge le teorie di Linneo e Darwin, il nazionalismo moderno e il razzismo scientifico, registra le variabili e le diverse occorrenze, le tipologie e le classificazioni di una lunga, purtroppo ancora non esaurita, vicenda.

Michele Lupo

Francisco Bethencourt
Razzismi. Dalle crociate al XX secolo
Il Mulino
672 pagine, 49 € rilegato – 22 € tascabile

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