Sparire, topos di molti, dentro e fuori il romanzo. Chi non ha mai pensato una volta nella vita di voler sparire, se non definitivamente almeno per un certo periodo di tempo, scomparire al mondo di sempre o a qualcuno in particolare?
Da noi, basta una scolarizzazione elementare perché alla mente giunga subito il fallimentare tentativo di Mattia Pascal, uomo in fuga da una vita opprimente, ancor più perché è in esso evidente un paradosso possibile del volersi dissolvere: averne un’altra, di vita, in cui credi – senti o ti illudi – di esserci per davvero.
Eventualità singolare e non obbligata di una specie di sparizioni più o meno volontarie: è solo il primo infatti fra i molti modi di scomparire contemplato nel saggio di Daniel Heller-Roazen, Nessuno – Sui diversi modi di non esserci, edito da Quodlibet (traduzione di Giuseppe Lucchesini). La seconda tipologia riguarda chi subisce un’amputazione dei diritti. L’ultima, i morti veri e propri.

Tali sparizioni nella prospettiva dello studioso producono non-persone: e “le non persone sono legione”. Se il loro numero è elevatissimo, variabile appare il catalogo in cui riassumere le forme dell’assenza. Sostanzialmente l’autore muove l’indagine attraverso tre tipologie principali: la prima, quella in cui rientrerebbe anche l’antieroe pirandelliano, ha a che fare con le sparizioni improvvise. Com’è il caso anche di alcuni personaggi di Hawthorne, Wakefield in particolare, esempio di “rara crudeltà coniugale”.
Quando decide di allontanarsi dalla moglie col pretesto di un viaggio, costringendola per l’assenza prolungata negli anni a pensarlo morto, si accampa in realtà in un’abitazione non molto lontana da quella della coniuge, salvo tornare nella stessa vent’anni dopo come nulla fosse.
Perché lo ha fatto? A lui interessava soltanto capire cosa, come fosse la vita della moglie senza di lui. Questo è soltanto uno dei motivi per togliersi di mezzo senza uccidersi. I personaggi di Kafka ne avrebbero molti, sebbene quello che capita al protagonista di America non dipenda da una sua decisione volontaria.
Nonostante in questo tema il Nessuno ulissiaco campeggi archetipico, la scomparsa non è questione necessariamente letteraria: la ricerca di Heller-Roazen abbraccia anche il diritto, la storia, la filosofia.
Quali sono ad esempio le condizioni legislative per considerare una persona effettivamente scomparsa? La persona è viva, per qualche motivo finita da un’altra parte, ma giuridicamente morta. Emergono risposte diverse in culture diverse, dall’Islam alla Francia moderna per esempio, dalle diverse procedure del diritto.
Assai noto il caso del contadino Martin Guerre, scomparso nel nulla (siamo a metà del Cinquecento) per poi ricomparire anni dopo davanti alla moglie, felice di riconoscerlo per tale, salvo che altri avrebbero poi preteso di reclamare quell’identità, e a maggior ragione.
Se nella prima tipologia delineata da Heller-Roazen spesso si sparisce di proposito, nelle altre due le cose cambiano. Nella seconda, abbiamo a che fare con una ferita causata dal potere, nella terza con il decesso.
Nella storia e nella geografia – qui il discorso si fa più politico – ricorre l’esperienza di chi si mantiene in vita a fronte di una drammatica diminuzione di diritti, un venir meno della possibilità di legittima rappresentazione. Si può agilmente guardare ai popoli per cui gli altri erano “i barbari” – né oggi va molto meglio quando la differenza fra un indigeno e uno straniero si fa abissale.
Molte pagine sono dedicate ai dispositivi legislativi che governavano la schiavitù o la nozione di nemico a Roma o presso i Greci, cui ne seguono altre che trascorrono dal Medioevo fino alla modernità, dal banno alla scomunica alla cosiddetta “morte civile”. Ce n’è abbastanza perché si configuri un universo in cui le eccezioni non sembrano molte meno della norma, i confini si slabbrano, i numeri si confondono con il mutare dell’ordine sociale. Si è clandestini per scelta o per necessità – in attesa di stremare nel mondo dei defunti.
A chi resta, il problema di definire i cadaveri: non-persone? Il tracciato interdisciplinare di Heller-Roazen non esaurisce la domanda. La lotta, per secoli combattuta fra la teologia col gravame dell’anima, e la scienza medica, non risolve a favore della seconda come saremmo tentati di credere.
Se la filosofia incrocia il diritto – difficile immaginare il contrario nell’ordine (più o meno condivisibile) di un’organizzazione sociale – l’impasse è inevitabile: i servi della gleba dell’impero zarista venivano registrati come anime nei censimenti, la distanza fra uno e l’altro dei quali però si contava in decenni.
Contadini nel frattempo smettevano di vivere, ma non per l’ordinamento fiscale dei proprietari che collassava in una voragine di disposizioni arbitrarie. Da questa follia prese spunto il gran romanzo di Gogol’, Le anime morte. Per ridere, anche, delle pretese di classificare i vivi e i morti.
Michele Lupo
Daniel Heller-Roazen
Nessuno
Sui diversi modi di non esserci
Traduzione di Giuseppe Lucchesini
Quodlibet
Collana Saggi
2025, 336 pagine
24 €