“Non torniamo mai nei luoghi che abbiamo vissuto. Essercene allontanati e desiderare di tornare non produce il miracolo. Quel che abbiamo abbandonato s’è spento e il ricordo amaro è soltanto un buon modo che ha il narratore per raccontarlo”.
Con queste parole Filippo Tuena chiude la sua prefazione al libro – una raccolta di cinque racconti – “Peninsulario” di Marino Magliani, pubblicato dall’editore Italo Svevo. Qualche riga sopra scriveva: “paragoniamo sempre le letture attuali con i ricordi di altri testi, fino a tessere una trama individuale e coerente del nostro leggere”.
Quest’ultima cosa capita a tutti (almeno a noi lettori), dunque anche a me che in questi giorni, dopo aver gustato i racconti di Magliani, mi sono tuffato nel romanzo breve – o racconto lungo che dir si voglia (sono poco più di cento pagine) – “Le negazioni” di Marco Gottardi, edito da Emersioni, nel frattempo leggendo altro, come mia abitudine. A capodanno ho dato infatti avvio alla lettura della Recherche di Proust, con il piano di affrontarne un libro al mese. Così eccomi a leggere quindici pagine al giorno di Dalla parte di Swann nella traduzione di Giovanni Raboni (per gli Oscar Mondadori).

Non stupitevi dunque se ho trovato più di un elemento in comune, di un’assonanza, di un richiamo. “Le negazioni” è, in effetti, una ricerca del tempo perduto traslata in avanti di un secolo e con il Veneto vicentino a fare da sfondo, invece che Combray (in verità tutt’altro che un semplice sfondo!). Centrale in entrambe le opere è infatti il tema della memoria. En passant segnalo che Centrale è il nome del bar del paese in cui si svolge la vicenda raccontata da Gottardi. Ma “Centrale a cosa?”, si domanda il protagonista…
Padre e figlio
È arrivato il momento di presentarlo. È un professore universitario che insegna a Parigi, dove vive con la compagna Amélie, tornato nel piccolo comune natio per sistemare quanto va fatto in seguito alla morte di un genitore. Valter ha appena perso il padre, Lauro, che non ha visto per gli ultimi sedici anni, da quando il giovane uscì dalla porta di casa in modo burrascoso. È lo stesso protagonista a raccontare in prima persona quello che è successo, ma lo fa un frammento alla volta, dando al lettore un pezzo qua e uno là di un puzzle il cui disegno risulterà completo e coerente soltanto nel finale (che ovviamente non svelerò).
In realtà, come anticipano il titolo e la bella citazione da Ossi di seppia di Montale posta in esergo, molte informazioni sono in negativo. È più facile – a volte è più comodo, altre è l’unico modo – descrivere un fatto o un sentimento attraverso una negazione, appunto. Gottardi ricorre a questo sistema per analizzare la perdita di familiarità tra Valter e suo padre (causata da una lunga serie di “piatti non colmati e polente non fumanti, di pasti non condivisi e parole non dette, di mani assenti e sguardi neanche immaginati”) e il tentativo del figlio di recuperarla, anche se ben oltre il tempo massimo.
Il rientro da Parigi prenderà altre strade rispetto a quelle immaginate dall’io narrante che constaterà presto di essersi trasformato in “mendicante di memorie”. Assenze e distanze verranno riconsiderate nel “labirinto del presente” e prese in esame con uno sguardo nuovo, in una ricerca di senso che è prima di tutto ricerca di sé.
Problemi di cuore
La voragine di sedici anni non può naturalmente essere colmata, né le ferite ricucite come se nulla fosse. Pesano i vuoti di una casa da liberare perché sia venduta, ma soprattutto quelli lasciati da chi non c’è più: il padre appena scomparso, ma anche la madre, Rosa, morta quando Valter aveva appena tre anni. Un’altra annotazione di passaggio: diversi per carattere, divisi da tanti anni e separati da mille chilometri, padre e figlio sono uniti dall’esperienza dell’infarto che risulta mortale per Lauro. È un’evidente metafora per i loro problemi di cuore.
Degli altri personaggi con cui Valter vive i giorni del suo rientro è il caso qui di menzionare almeno il vicino di casa Bruno – il cui ruolo si può sintetizzare nel termine Ersatz caro agli psicologi, ovvero “sostituto / surrogato” – e la ex fidanzata Veronica, una delle tante persone che Valter ha lasciato dietro di sé quando è partito per Parigi.
La provincia veneta non è Combray (né Gottardi è Proust, senza offesa per l’autore montebellunese), tuttavia di pagina in pagina emergono i dettagli – presenti e passati – di questo “eldorado di niente” in cui vivono i personaggi della storia. E cosa fa da ponte tra il qui e l’allora, se non il profumo che rievoca un ricordo? Ecco come Valter giustifica la sua decisione di mangiare al ristorante di Veronica:
E non è nemmeno per il suo profumo di biancospino che insisto per pranzare lì, ma è quel profumo dolce e antico che mi accompagna al tavolo, e io lo assaporo tutto e sono già sazio, perché è il profumo del perdono e ha il sapore buono dei miracoli inattesi”.
Il caso ha voluto che leggessi questo brano lo stesso giorno in cui mi sono imbattuto nei biancospini della Recherche…
Saul Stucchi
Marco Gottardi
Le negazioni
Emersioni
2022, 120 pagine
14,50 €