L’editoriale “L’ALIBI della domenica” di questa settimana è dedicato ai “Mostri favolosi” di Alberto Manguel.
Vi capita mai di leggere più di un libro alla volta? Per me è diventata ormai un’abitudine e in alcuni momenti mi trovo immerso in quattro o cinque volumi contemporaneamente. Più che percorsi paralleli, sono intrecci di storie: rimandi ed echi, contrapposizioni e contrappunti, domande e risposte. Non importa che i libri siano dello stesso genere, leggo infatti sia narrativa che saggistica.
Tengo sempre un foglio volante per prendere appunti, ma da poco mi sono imposto di trascriverli su un quaderno, perché altrimenti corro il rischio di smarrire le annotazioni, scontando il disordine con il tarlo che martella per giorni domande senza risposta: “Dove ho letto questa cosa?!”.

Figli di spettri di carta
In questi ultimi giorni ho letto “Mostri favolosi” di Alberto Manguel, appena uscito da Vita e Pensiero con la traduzione di Giovanna Baglieri, che di Manguel ha già tradotto per lo stesso editore “Il sentimento di sé” e prima altre opere per Archinto. L’ho accompagnato – tra gli altri – con “Il taccuino di Bento” di John Berger, pubblicato da Neri Pozza. Proprio in quelle pagine ho trovato un brano che calza a pennello (e l’espressione è tutt’altro che casuale) con il nuovo libro di Manguel.
Quando una storia ci colpisce e ci commuove, genera qualcosa che diventa, o può diventare, una parte essenziale di noi, e questa parte, piccola o ampia che sia, è, per così dire, la sua discendenza o prole. Quel che sto cercando di definire è più idiosincratico e personale di una semplice eredità culturale; è come se il flusso sanguigno del racconto letto si congiungesse al flusso sanguigno della nostra storia di vita. Contribuisce a farci diventare quel che diventiamo e continueremo a diventare.
Senza nessuna delle complicazioni e dei conflitti dei legami familiari, queste storie che si formano sono, a differenza degli antenati biologici, nostri progenitori fortuiti”.
Credo che Manguel sarebbe d’accordo. Nell’introduzione scrive infatti che “nel nostro intimo sappiamo di essere i figli e le figlie di spettri fatti di carta e di inchiostro”. “Mostri favolosi” è in qualche modo il suo album familiare. Gli “amici letterari” di cui parla il sottotitolo sono fratelli e sorelle, zii e nipoti dell’autore: da Monsieur Bovary che apre la galleria di ritratti a Wakefield che la chiude, passando da Emilia ed Emilio, due personaggi distinti e distanti, e tanti altri.
E come “Il taccuino di Bento” è accompagnato dai disegni di Berger, così “Mostri favolosi” è impreziosito da quelli di Manguel, con tanto di doppio autoritratto: seduto in cima a una pila di libri in copertina e abbracciato alla creatura del Dr Frankenstein sul risvolto. E già quell’abbraccio dice molto dell’amore che l’autore nutre per i suoi amici, che siano eroi senza macchie né paure oppure spietati assassini (come Long John Silver). In fondo, sono anch’essi poveri diavoli. Tanto più lo sono Satana e il Mefistofele del Faust.
Alice e il cosciotto di montone
Il posto d’onore – lo sanno tutti gli affezionati lettori di Manguel e le sue risposte al Questionario di Proust lo confermano – è riservato ad Alice. Proprio da “Al di là dello specchio” di Lewis Carroll è preso il brano che fa da citazione d’apertura al libro.
Quella pagina mi ha riportato alla memoria un evento di una decina di anni fa (correva il 2009). Per la biblioteca di Mezzago avevo organizzato un ciclo di incontri sul rapporto tra Turchia ed Europa, intitolato “I Turchi alle porte”. Ospite di una serata era stato Mario Gallina, professore di Storia del Mediterraneo medievale all’Università di Torino. Ma che c’entra Alice con la caduta di Costantinopoli? Lo scoprirete guardando il video qui sotto!
Più che negli altri suoi libri, qui Manguel contrappone il mondo della fiaba (lato sensu) a quello della realtà, sgradevole e noiosa quando va bene, altrimenti violenta, falsa e traditrice, un mondo basato su un “meccanismo che non vuole creare cittadini, ma produrre consumatori che sbarcano il lunario all’ombra degli stessi corrotti governanti”.
Le cose non vanno affatto bene, come ricorda – tra gli altri – l’accenno alle isole Melville e Christmas, separate dal governo australiano dal proprio territorio nazionale per potervi deportare migliaia di immigrati illegali. Non sono certamente quelle le isole care alla nostra memoria di lettori, alla nostra cartografia immaginaria.
Non che in passato andassero meglio. Mette i brividi sapere che negli Stati Uniti vigevano “leggi severe che proibivano a tutti i neri, liberi o schiavi che fossero, di imparare a leggere”. E invece è vitale che un “libro conversi con noi, ci illumini, ci garantisca il piacere vicario della lungimiranza e della ribellione e che si opponga eroicamente all’oscurità del suo tempo” e del nostro.
Come? Per esempio insegnandoci la regola aurea della divagazione, della disobbedienza verso chi ci impone di procedere da A a B. Come patrono dei disobbedienti potremmo indicare Giona, per ragioni familiari personaggio particolarmente caro a chi scrive queste righe, ma evidentemente anche all’autore di “Mostri favolosi” che al profeta inghiottito dalla balena (dag gadol, grosso pesce) dedica uno dei racconti (stavo scrivendo “raccolti” ed è un lapsus molto significativo) più lunghi del volume, più esteso dello stesso libro biblico. Giona è un artista e come può un artista piegarsi alle regole del mercato senza prostituire la propria arte?
I nostri amici di carta
“Mostri favolosi” è un album di personaggi e di storie di libri ma anche di lettori più o meno illustri e dei loro giudizi, su cui Manguel non esprime, almeno apertamente il proprio. Per esempio Gide considerava l’Emilio di Gide “illeggibile” e Manguel glissa accennando all’opinione di “lettori più pazienti”.
Ciascuno di noi potrebbe stilare la propria rassegna di “amici letterari”. Nella mia avrebbero un posto d’onore Giuseppe e i suoi fratelli, i Karamazov, Snoopy con la banda di amici, ma vi accoglierei con curiosità e stima anche i “pirati di terra” che turbavano i sonni del piccolo Manguel: “per qualche oscuro motivo non possedevano una nave e si spostavano a piedi”.
Chissà quante storie avrebbero da raccontare questi pirati intraprendenti! Saprebbero sicuramente fornire suggerimenti utili nei momenti delicati della vita. Lo stesso autore ha confessato che i suoi tanti amici di carta (tra i quali non annovera Renzo e Lucia né Julien Sorel), sono stati con lui prodighi di consigli.
Ecco: una biblioteca è un super-libro di risposte, ancor più ricco di domande. Ed è un affidabile punto fermo, come lo è stata nella vita errante di Manguel, ma anche del Capitano Nemo.
Saul Stucchi
Alberto Manguel
Mostri favolosi
Dracula, Alice, Superman e altri amici letterari
Traduzione di Giovanna Baglieri
Con illustrazioni dell’Autore
Vita e Pensiero
2020, 328 pagine
20 €