C’è tempo fino alla fine del mese (più precisamente fino a domenica 29 gennaio 2023) per visitare la mostra “Domiziano Imperatore. Odio e amore”, allestita in quindici sale dei Musei Capitolini in Villa Caffarelli. Dico subito, per averlo sperimentato di persona, che non è facilissimo trovarne l’ingresso. Una volta dentro, però, si rimane positivamente colpiti dalla qualità e dalla varietà del materiale presentato dai curatori: Claudio Parisi Presicce, Maria Paola Del Moro e Massimiliano Munzi (la mostra è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, mentre l’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura).

Questa romana è la seconda tappa – rivista e ampliata – di un’esposizione che si è tenuta a Leiden tra la fine del 2021 e il maggio del 2022, intitolata “God on Earth. Emperor Domitian”. Ai cinquantotto pezzi esposti in Olanda ne sono stati aggiunti trentasei, per un totale che sfiora i cento tra statue e busti, monete e gioielli, rilievi e altri oggetti.
Domiziano in cinque tappe
L’albo dei prestatori vede nomi di prestigio, il Gotha delle raccolte antiche: dal Louvre al British Museum, dallo stesso Rijksmuseum van Oudheden di Leiden alla Glyptothek di Monaco, senza tralasciare, naturalmente, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Nazionale Romano e il Parco archeologico del Colosseo – Antiquarium Palatino e i Musei Vaticani.
Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni che indagano la figura e il principato di Domiziano sotto altrettanti aspetti, ovvero: la sua vita, la dinastia Flavia, i luoghi privati dell’imperatore, la sua attività costruttiva a Roma, per finire con l’esercito e l’amministrazione.
Che tipo fosse Domiziano (nato nel 51 d.C., fu imperatore dal 71 all’96, quando venne assassinato in una congiura) lo rivela un passo di Svetonio (Vita di Domiziano 13,2), riprodotto su uno dei pannelli dell’allestimento (di un blu un po’ troppo carico, se volete sapere la mia opinione):
Con non minore arroganza, dettando una lettera circolare ai suoi agenti, esordì in questo modo: ‘Il signore dio nostro ordina che si faccia questo’. Da allora si stabilì che, né in uno scritto, né in una richiesta, lo si chiamasse diversamente”.
Modellini come il plastico ricostruttivo dello Stadio di Domiziano in scala 1:100; pannelli didattici con l’albero genealogico della gens Flavia e la pianta di Roma con i monumenti realizzati o restaurati da Domiziano; testi di sala per approfondire svariati temi, come la costruzione della tomba dinastica dei Flavi in continuità e allo stesso tempo in contrapposizione con il Mausoleo di Augusto, oppure la vera paternità del Foro di Nerva. Per dare a Cesare quel che è di Cesare, fu Domiziano il vero costruttore del Foro che poi il suo successore si intestò.
Da uno dei testi di sala prendo, come esempio, questo brano che ha colpito la mia attenzione per il riferimento allo stile del “barocco flavio”:
Capaci di creare nuovi effetti decorativi, attraverso l’innovativo utilizzo e accostamento di marmi colorati provenienti da ogni luogo dell’impero, le maestranze avevano notevoli capacità tecniche dimostrate dall’uso del chiaroscuro ottenuto con trapano e l’utilizzo di quei motivi peculiari del “barocco flavio” che ne caratterizzeranno lo stile: in particolare, il riempimento dello spazio tra i dentelli delle trabeazioni con l’apposizione di due anellini, interpretato come la firma di Rabirio”.
Ritratti dell’impero
Tra i pezzi più significativi segnalo la statua colossale di Ercole bambino, in basanite verde, dall’Aventino (conservata negli stessi Musei Capitolini); il cammeo in calcedonio con l’imperatrice Domizia Longina trasportata da un pavone, prestato dal British Museum che ha concesso anche un aureo che presenta sul dritto il busto della stessa Domizia Longina, mentre il rovescio è occupato dall’immagine del figlioletto nudo su un globo. E poi la statuetta di Meleagro in rosso antico, copia del I d.C. di un originale del IV a.C. di Skopas, da Pompei (ora al MANN di Napoli); lo specchio di Euporos in argento, rinvenuto nel nord dell’Iran e prestato dal Badisches Landesmuseum di Karlsruhe…

Ma il vero cuore della mostra sono i ritratti: dello stesso Domiziano (come quello con foglie d’acanto, arrivato dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen), del fratello Tito (testa colossale dal Templus Gentis Flaviae di Roma, ora al MANN) e del padre Vespasiano (altra testa colossale, in questo caso usata nel medioevo come catino, con una rifunzionalizzazione di valore deteriore, al contrario della nobilitazione toccata al seggio di latrina in marmo rosso di età adrianea che nel medioevo fu impiegato nelle cerimonie d’insediamento dei papi; attualmente è esposto nella splendida mostra “Recycling Beauty” alla Fondazione Prada di Milano).
I pezzi più belli sono però i ritratti femminili, tra cui la cosiddetta “Dama Fonseca”, che deve il soprannome al religioso portoghese José Maria Ribeiro de Fonseca che nel Settecento donò ai Musei Capitolini il busto ritrovato sul Celio presso la chiesa di Santo Stefano Rotondo. Come dal parrucchiere, ciascun ritratto femminile ha dietro di sé uno specchio per consentire di ammirare le rispettive acconciature in tutta la loro elaborata raffinatezza. Peccato che l’illuminazione conferisca una patina giallastra alle opere.
La mostra si chiude con una citazione tratta da La caccia di Domiziano di Pirandello, in cui il princeps è un “moscon matto che un’aquila pare”.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Busto-ritratto di Domiziano con foglie d’acanto
Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek inv. 8
Bronzo
Foto: Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen - Ritratto di Domizia Longina
Parigi, Musée du Louvre inv. MA 1193
Marmo
Photo (C) RMN-Grand Palais (Musée du Louvre)
Foto di Hervé Lewandowski
Domiziano Imperatore. Odio e amore
Informazioni sulla mostraDove
Musei Capitolini, Villa CaffarelliPiazza del Campidoglio 1, Roma
Quando
Dal 13 luglio 2022 al 29 gennaio 2023Orari e prezzi
Orari: tutti i giorni 9.30 – 19.30Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
Biglietti: intero 16 €; ridotto 14 €