Il bisogno dell’emancipazione femminile, la voglia di vivere nella società, avendo le stesse caratteristiche di tutte le altre persone, il rischio dell’assimilazione sono al centro dell’ultimo romanzo di Lia Levi E se non partissi anch’io, (Edizioni e/o, 2024). Sullo sfondo del racconto c’è l’ultimo scorcio del XIX secolo: l’esercito italiano che spara sulla folla per ordine di Bava Beccaris, Umberto I che muore per mano dell’anarchico Bresci e lo scoppio della Prima guerra mondiale.
Anche se la Breccia di Porta Pia ha permesso agli ebrei romani di vivere fuori dal ghetto, alcuni pensano che presto verrà emanata una nuova legge che li riporterà a viverci.

Non la pensa così Benedetto Sabatello, uno dei protagonisti, che va a vivere a viale del Re (oggi viale Trastevere) e apre un negozio di libri, vicino a piazza di Spagna. Sua moglie, Rosina, vede con diffidenza quello che Benedetto crede un nuovo inizio.
Con amarezza Rosina sa che gli ebrei, «presto torneranno nel ghetto, come è stato per secoli». Per questo rimane così legata ancora al Portico d’Ottavia e alla Parnassessa, sarta e moglie del Parnas, il guardiano del Tempio. Rosina non capisce i tempi moderni, perché viene da una famiglia più semplice e mantiene una naturale diffidenza per ciò che non è ebraico. La coppia ha due figli, Ida e Vittorio, ma è la ragazza a essere la favorita del padre e la vera protagonista del romanzo.
In linea con i tempi, Benedetto sceglie infatti di mandarla al liceo, con classi miste. Dopo un primo momento di isolamento, Ida fa amicizia con Vanessa, figlia di un’importante figura politica, Irene Lotti, giornalista e attivista, che desta l’ammirazione di Benedetto.
Ida e Vanessa formano poi un trio con Andrea, ragazzo stravagante, dagli abiti stazzonati, ma «che si capivano che erano roba da ricchi». I tre passeranno così gli anni del liceo a casa di Ida per studiare il pomeriggio con Olimpia, la domestica non ebrea, che preparare loro merende. Su di loro, a un certo punto arriva la guerra. E si sentono in casa le discussioni tra neutralisti e interventisti, circolano le parole del socialista Benito Mussolini e delle varie fazioni del partito socialista, di cui Irene Lotti fa parte.
Benedetto è combattuto nel suo intimo: come socialista è contrario alla guerra, ma come ebreo è favorevole. Gli ebrei, in quel momento storico, dopo anni di esclusione, erano fautori dell’entrata in guerra. Non perché fossero a favore della guerra come atto in sé, ma perché volevano diventare parte attiva della nuova società italiana. Atto iniziato con il capitano ebreo, Giacomo Segre, che aveva sparato il colpo di cannone che aveva portato al crollo dello Stato Pontificio, nella presa di Porta Pia.
Per questo a molti ebrei «sfugge un lampo luminoso negli occhi quando sentono parole come nuovo Risorgimento Italiano. E proprio in un attimo simile, cantando E se non partissi anch’io», decidono di partire volontari.
Lia Levi descrive il sentimento della comunità ebraica all’indomani del Maggio Radioso che portò l’entrata in guerra dell’Italia e dove molti furono i soldati e gli ufficiali ebrei che combatterono e morirono per liberare Trento e Trieste.
Ida e Vanessa si trovano, una volta iniziata la guerra, ad aiutare le donne proletarie che hanno i mariti al fronte. Ida si metterà a dipingere i ritratti di mamme e figli da mandare ai mariti al fronte e a scrivere lettere per loro. Per la prima volta nella storia d’Italia le donne prenderanno il posto degli uomini nelle fabbriche e saranno loro a fare quello che gli uomini hanno fatto per secoli. Cavandosela bene. Così sognano e sperano di ottenere, alla fine della guerra, di poter uscire di casa e lavorare come e con gli uomini.
A guerra iniziata le donne prendono il posto dei mariti al lavoro: Agnese in fabbrica; Filomena guida un tram; Angelina rimane disoccupata perché non sa a chi lasciare i tre figli (sono tutte donne che Ida conosce e ammira). Intanto, Ida ha trovato la sua vera passione – disegnare – e decide che vorrà diventare insegnante, una volta finita la guerra.
Ida sogna e agisce, fa la sua parte, fino a quando, Rosina, preoccupata dalla troppa libertà della figlia e percependo il pericolo dell’assimilazione “totale” ai non ebrei, le trova un fidanzato ebreo, Valerio.
Con una scrittura tersa e rapida e dialoghi incalzanti Lia Levi non solo ha scritto di un mondo (quello ebraico) che si assimila pur rimanendo fedele a ciò che è la Tradizione, ma anche raccontato quanto gli ebrei sono stati parte della costruzione dell’Italia, il loro operato e i loro sacrifici, prima dei tempi oscuri della Shoah.
A Lia Levi il merito di aver raccontato al gran numeri di lettori quanto descritto in articoli o libri accademici. Fatti storici che ingiustamente s’ignorano.
Claudio Cherin
Lia Levi
E se non partissi anch’io
Edizioni e/o
Collana Dal Mondo
2024, 224 pagine
18 €