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Voi siete qui: Biblioteca » Da Laterza “La guerra della finanza” di Alessandro Volpi

5 Novembre 2025

Da Laterza “La guerra della finanza” di Alessandro Volpi

Dopo aver analizzato nel precedente I padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia i meccanismi attraverso cui la finanza globale ha progressivamente sostituito la politica come centro decisionale, lo storico Alessandro Volpi torna sul tema con La guerra della finanza. Trump e la fine del capitalismo globale (Laterza). In questo nuovo saggio, l’autore amplia e approfondisce la sua indagine, mettendo a fuoco i conflitti interni al potere economico mondiale e le loro conseguenze geopolitiche.

Al centro dell’analisi tornano i cosiddetti Big Three — BlackRock, Vanguard e State Street — colossi del risparmio gestito che controllano una porzione enorme della ricchezza globale. A questi fondi Volpi affianca un nuovo protagonista, ancora più inquietante: il mondo finanziario che orbita intorno a Donald Trump.

Da questa contrapposizione nasce una vera e propria “guerra della finanza”, che si combatte negli spazi opachi della speculazione e dell’investimento, avendo però sull’industria bellica uno dei suoi terreni privilegiati. L’industria degli armamenti è divenuta il principale strumento di espansione e di profitto per entrambe le fazioni del potere economico globale, mentre l’Europa, in questa contesa, assume il ruolo della vittima designata.

La popolazione mondiale, priva di reali strumenti di intervento, assiste impotente a un collasso che somiglia sempre più a una distopia reale: senza gli effetti speciali del cinema, ma con la stessa logica di sottomissione e perdita di controllo che la narrativa aveva da tempo anticipato.

La potenza dei fondi di risparmio è tale da rendere anacronistica la stessa idea di “mercato”, il concetto fondante del capitalismo. Dopo la crisi del 2008, essi hanno superato per solidità e influenza le grandi banche, divenute fragili e screditate. Gestiscono masse finanziarie superiori a quelle degli Stati, determinano l’andamento delle borse e delle politiche economiche e, di fatto, controllano le scelte di investimento di milioni di cittadini ignari.

Ognuno di noi in questo modo contribuisce inconsapevolmente ad alimentare la macchina che lo stritola: lo smantellamento dello Stato sociale obbliga sempre più europei a ricorrere a fondi pensione o assicurazioni private, che finiscono proprio nelle mani dei Big Three. Gli stessi fondi sono inoltre tra i principali azionisti delle grandi piattaforme tecnologiche — le Big Tech — verso cui la politica europea mostra una subalternità che potremmo considerare suicida.

Nella guerra finanziaria descritta da Volpi, questi colossi del risparmio si trovano ora contrapposti a un fronte alternativo: quello delle criptovalute, degli hedge fund e dei potentati economici legati a Trump. I primi detengono una quota decisiva del debito pubblico statunitense — sempre minore, invece, quella in mano cinese — e garantiscono, in sostanza, la sopravvivenza finanziaria degli Stati Uniti. Con la fine dell’era Biden, però, devono fronteggiare l’offensiva di chi, come Trump, punta su monete digitali e protezionismo per spostare altrove gli equilibri del potere economico mondiale.

L’Europa, si diceva, è di nuovo l’anello debole. Costretta a un programma di riarmo senza precedenti, si trasforma nel campo d’investimento privilegiato per i colossi dell’industria militare. Il riarmo europeo, infatti, consente di trasferire parte della gigantesca bolla debitoria americana verso il Vecchio Continente.

Gli investitori legati a Trump scommettono sui titoli delle grandi industrie belliche, mentre i governi europei, obbedienti e miopi, approvano piani di spesa militare che garantiscono rendite sicure ai nuovi “padroni della guerra”. Non a caso, osserva Volpi, la Commissione von der Leyen ha varato un programma di investimenti nella difesa che ha fatto impennare immediatamente i titoli delle principali aziende del settore.

La politica italiana non fa eccezione. Nella “nazione” farsescamente invocata da Giorgia Meloni, la dipendenza dagli Stati Uniti si rafforza non solo per l’affinità ideologica con il modello trumpiano, ma per la scelta strutturale di aumentare la spesa militare in linea con le direttive del tycoon americano.

Ad avviso di Volpi l’argomentazione propagandistica che dipinge la Russia come una minaccia imminente serve a consolidare il consenso interno e a giustificare l’espansione del settore bellico. Se ciò è vero, non meno vero è però che la pericolosità di Putin è nei fatti. A ogni modo, milioni di cittadini europei, convinti di mettere al sicuro i propri risparmi, finiscono così per finanziare indirettamente la proliferazione delle armi e l’avanzata di un’economia di guerra.

Volpi costruisce la sua analisi con precisione e rigore. Il libro è fitto di dati, esempi e riferimenti tecnici, ma non perde di vista la dimensione politica e morale della questione: mostra come la finanza, una volta sottomessa la politica, abbia potuto piegare gli Stati ai propri interessi.

Nel delineare la rete di rapporti che unisce i grandi fondi d’investimento, i giganti tecnologici, le nuove criptovalute e i potentati legati al presidente americano, l’autore rivela l’intreccio profondo fra potere economico, controllo informatico e manipolazione del consenso.

Ne emerge un quadro inquietante, necessario per comprendere la nostra epoca. La “guerra della finanza” è il paradigma del capitalismo contemporaneo, un sistema in cui il profitto finanziario ha sostituito ogni altra logica e in cui la democrazia appare sempre più un termine vuoto di significato.

Appare urgente come non mai acquisire un minimo di consapevolezza di ciò che accade attorno a noi per immaginare una via d’uscita.

Michele Lupo

Alessandro Volpi
La guerra della finanza
Trump e la fine del capitalismo globale

Laterza
Collana: i Robinson / Letture
2025, 224 pagine
16 €

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