A quarant’anni dalla morte ricordiamo Roberto Rossellini con il suo film più controverso: “Il generale Della Rovere”. Rossellini è stato tra i massimi esponenti del cosiddetto Neorealismo italiano. Anzi, secondo molti, il suo “Roma città aperta” è da considerarsi il manifesto di quella corrente.
Il Neorealismo si è sviluppato tra la fine della seconda guerra mondiale (1945-46), sino ai primi anni Cinquanta (1953-1956). Gli aspetti principali furono: il rifiuto del teatro di posa e la scelta di ambienti naturali, interni o esterni; l’opzione della quotidianità ove situare personaggi o eventi; l’accantonamento della lingua colta, a vantaggio di una lingua parlata, spesso dialettale; la preferenza per volti anonimi, molte volte attori non professionisti. Tutto questo con un intento morale, con lo scopo di far riflettere sulla tragedia appena trascorsa e suscitare di conseguenza sentimenti migliori.
Bene. Esaminando “Il generale Della Rovere”, dimenticate tutto quanto ho scritto riguardo la corrente neorealista. Non viene rispettato nessuno dei canoni definiti. Il tempo in cui viene realizzato il film è il 1959. È quasi interamente girato nei teatri di posa di Cinecittà. Gli interpreti, Vittorio De Sica, Hannes Messemer, Vittorio Caprioli, Giovanna Ralli e gli altri, sono tutti attori professionisti.
Eppure, il tocco di Rossellini riesce nel piccolo miracolo di creare un’opera vicina, nell’estetica e nello spirito, al periodo neorealista.
[codice-adsense-float]Ma andiamo con ordine. Il maestro italiano, archiviata l’esperienza del Neorealismo, si era dedicato ad una ricerca sull’uomo (“Stromboli”, “Europa ’51”, “Viaggio in Italia” fra gli altri) e stava per avvicinarsi al cosiddetto periodo didattico (“India Matri Bhumi”, “Viva l’Italia”, “Cartesius”, ecc…).
Nel 1958, quando si trovava in India, gli giunse la proposta da parte del produttore Moris Ergas di fare un film in coproduzione italo-francese. Ergas pose come condizione quella di presentare il lavoro alla Mostra del Cinema di Venezia, obbligando così Rossellini ad accelerare le riprese ed a concentrarle nei teatri di Cinecittà. Questo si nota facilmente, nelle scene degli esterni, nelle quali il regista ricorre all’uso dei “trasparenti” (*).
Al Festival di Venezia “Il generale Della Rovere” si aggiudica il Leone d’Oro in ex equo con “La grande guerra” di Mario Monicelli. Scoppiano le polemiche. Le critiche vertono sul fatto che il Neorealismo sia ormai superato dalla storia; che il film di Rossellini presenti una grande differenza tra la prima parte, quasi una commedia e la seconda, molto più drammatica; sulla rappresentazione dell’homo italicus che viene data con il personaggio impersonato da De Sica.
Anche la resistenza, l’occupazione tedesca e il colonnello interpretato da Messemer sono visti con un occhio differente rispetto ai film girati nel periodo della guerra. Tutte queste critiche, però, possono anche venire rovesciate e considerate sotto una luce positiva. Rossellini era riuscito nel difficile compito di unire la commedia al dramma, senza mai cedere al patetico né al macchiettismo, guidando anzi De Sica nella sua prima parte drammatica; la rappresentazione poi dell’invasore nazista risente più della ricerca che il regista vuole compiere sull’aspetto umano, lasciando da parte l’aspetto più propriamente storico.
“Il generale Della Rovere”, oltre la consueta maestria di Roberto Rossellini nell’uso della macchina da presa (innovativo a questo proposito, l’uso dello zoom, mai fino ad allora impiegato in un film italiano), si avvale di ottimi collaboratori. La fotografia è opera di Carlo Carlini; il montaggio di Cesare Cavagna e le musiche di Renzo Rossellini.
Quello che risalta maggiormente è, però, la sceneggiatura. Come racconta il figlio Renzo, a Rossellini, quando ci si sedeva per scrivere, piaceva circondarsi di autori con idee e opinioni diverse: chiama così, al suo fianco, Diego Fabbri (cattolico), Sergio Amidei (comunista) e Indro Montanelli (autore del racconto). Il film ottenne anche un grande successo commerciale.
(*) Il trasparente è uno schermo particolare sul quale sono proiettate immagini che saranno utilizzate come sfondo per la scena. Un classico esempio potrebbe essere quello in cui degli attori sono seduti in un’automobile e il movimento viene simulato per mezzo delle immagini che scorrono sul trasparente e che sono visibili dai finestrini.
Curiosità: in questo film lavorarono come aiuto registi Tinto Brass e Ruggero Deodato, entrambi passati in seguito dietro la macchina da presa.
L S D
- Le immagini sono prese da Wikipedia
Il generale Della Rovere
- regia: Roberto Rossellini
- interpreti: Vittorio De Sica, Hannes Messemer, Vittorio Caprioli, Sandra Milo, Giovanna Ralli, Anne Vernon, Nando Angelini