Ieri sera (lunedì 14 aprile 2025, ndr) nella Sala Maggiore del Teatro Comunale di Vicenza si è tenuto il concerto Da Zappa… a Zappa con Giovanni Sollima nel doppio ruolo di violoncellista e direttore dell’Orchestra del Teatro Olimpico (OTO) che lo circondava sul palco.
L’atmosfera che c’era fuori non poteva essere più diversa da quella che si respirava dentro: là pioggia a catinelle e cielo grigio plumbeo, qui aria di goia e applausi che crescevano di brano in brano. Sollima ha incantato e lasciato il segno. All’uscita gli spettatori erano consapevoli di aver assistito a un’esibizione che rimarrà nella memoria, a qualcosa di più di un concerto: a una festa collettiva di quasi novecento persone (poche le poltrone rimaste vuote, là dove il corrispondente abbonato non ha voluto o potuto partecipare alla kermesse).

Questo il programma della serata (più alcuni bis):
- Giovanni Sollima, Hell I per orchestra da camera
- Gaetano Ciandelli, Concerto in Do maggiore per violoncello, archi e basso continuo
- Francesco Zappa, Sinfonia n. 5 in Re Maggiore
- Giovanni Sollima, Fecit Neap. 17 per violoncello, archi e basso continuo
- Frank Zappa, Wild Love
Dire che Sollima non si è risparmiato non rende l’idea dell’energia con cui ha suonato e diretto. Se possibile, si è scatenato ancora di più nei momenti in cui non utilizzava l’archetto per accarezzare o strapazzare le corde del suo prezioso Francesco Ruggieri, datato 1679. Detto così forse non dà bene l’idea, ma pensate che aveva già novant’anni quando venne al mondo Napoleone: deve averne di storie da raccontare quello strumento, altro che il Bonaparte!
A voce, senza l’ausilio del microfono, Sollima ha rivelato come si sia imbattuto – nell’aprile del 2020 quando aveva tanto tempo libero, come tutti noi – nella “chicca” (per usare la sua definizione) del Concerto in Do maggiore di Gaetanno Ciandelli, un autore da lui cercato per anni, nel Fondo Noseda, sparpagliato in varie parti d’Italia.
Era “caduto nell’oblio”, cosa non rara in Italia, ha aggiunto (e io, intanto, pensavo all’intervista che gli avevo fatto poco prima del concerto, iniziata con una mia domanda proprio sul tema della memoria: ne riparlerò tra qualche giorno quando la pubblicherò qui su ALIBI). Ciandelli era amico e allievo di Paganini, niente di meno.
E poi è stato il turno della Sinfonia n. 5 di Francesco Zappa. “Non si è sbiancato”, ha detto Sollima rientrando sul palco con un altro violoncello, più chiaro del Ruggieri. Come fosse la mitica imbarcazione Argo sulla quale Giasone e compagni compirono l’impresa, Sollima ne ha raccontato la storia, svelando che lo strumento è composto di tavole in abete bianco e salice, legni difficili da lavorare in liuteria.
È stata dunque una sfida quella affrontata dal maestro liutaio: dura, ma meno impegnativa di quella con cui dobbiamo batterci tutti, ovvero il cambiamento climatico che ha condotto alla morte gli alberi del cui legno è fatto il violoncello. Ma grazie alla musica ha ripreso vita.
“Vi tengo aggiornati”, ha detto Sollima al pubblico. Stava per riprendere a suonare, quando si è ricordato un altro messaggio che voleva condividere con noi. Il nome del progetto è Anima Quartetto e il sito di riferimento è www.animaquartetto.it. Di solito mi considero un buon osservatore, ma quando sono entrato nel suo camerino ho fatto caso solo al violoncello più antico, colpevolmente ignorando l’altro, anche se ho visto che erano presenti due custodie.

È merito di Frank Zappa la riscoperta di Francesco Zappa, suo “antenato”, anche se in realtà il compositore settecentesco era milanese, mentre la famiglia del musicista statunitense era originaria di Partinico e in casa parlava il siciliano di Palermo.
Avendo assistito, a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, a concerti di Mario Brunello e di Giovanni Sollima, e avendo avuto il privilegio di poterli intervistare entrambi mi viene da dire che il primo è apollineo, quanto il secondo è dionisiaco. Come altro definire l’entusiasmo bacchico con cui Sollima suonava e dirigeva la OTO?
Prima dell’ultimo pezzo, quello di Zappa nel senso di Frank, due addette del teatro – con cui avevo scambiato due parole prima e dopo l’intervista – hanno portato sul palco uno strano arredo di legno, una specie di panca. Sollima non ne ha spiegato il motivo, diventato chiaro quando il percussionista Christian Del Bianco prima si è avvicinato con una mazza, poi l’ha abbattuta sulla “panca”.
E dovrei raccontare del megafono con cui il violoncellista e compositore si è mosso su e giù per il palco e la platea. E poi dei musicisti che, lasciata la rispettiva postazione, si sono mescolati in una sarabanda. Senza tralasciare, naturalmente, i momenti più intimi e toccanti, come quando Sollima ha presentato il brano Aria composto dal padre Eliodoro, dicendo “Sento di doverlo suonare” e definendolo un pezzo “di una dolcezza straordinaria”. L’aria era l’unica cosa che mancava sotto i bombardamenti che negli ultimi anni di guerra martellavano la Sicilia, gli raccontava il padre.
Un concerto così originale non poteva che chiudersi in modo tutt’altro che ordinario. Così, a suggellarlo, ecco che Sollima e la OTO si sono scalmanati in un brano “quasi barocco, ma scritto a Seattle”: Smells like teen spirit dei Nirvana!
Il prossimo appuntamento con l’Orchestra del Teatro Olimpico, sotto la direzione di Alexander Lonquich, è in calendario per lunedì 26 maggio alle ore 20.45, sempre al Teatro Comunale di Vicenza. Il programma prevede la Sinfonia n. 6 Op. 68 “Pastorale” di Beethoven e la Sinfonia n. 1 in Si bemolle maggiore Op. 38 “La Primavera” di Schumann.
Saul Stucchi
Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza
Informazioni e calendario: