Pochi giorni prima che l’Italia si richiudesse in questo lockdown, le cui conseguenze potremo valutare appieno soltanto quando saremo definitivamente fuori dalla pandemia, nel cuore di Verona aveva aperto i battenti la Casa Museo Palazzo Maffei. Una tempistica davvero sfortunata.
Ma noi vediamo il bicchiere mezzo pieno: ci sarà modo di recuperare il tempo perduto. Il tesoro rimane lì ad aspettarci. E che tesoro! E che scrigno! La Collezione del Cavaliere del Lavoro Luigi Carlon brilla nell’edificio più splendido di Piazza delle Erbe, realizzato nel Seicento ma su fondamenta che risalgono al periodo romano.

Se il palazzo è un palinsesto ricco di storie, la collezione è un vero e proprio museo di oltre 350 opere che spaziano dall’antichità (un elmo in bronzo magnogreco è datato al V secolo a.C.) alla contemporaneità, dalla pittura alla scultura e alle arti applicate. Cose le tiene insieme? La risposta più semplice sarebbe “la passione del collezionista Carlon”, ma quella più vera è: la bellezza.
A dar loro il valore che meritano concorrono l’idea museografica avuta da Gabriella Belli – con contributi scientifici di Valerio Terraroli ed Enrico Maria Guzzo – e il progetto allestitivo e di restauro dello studio Baldessari e Baldessari.
Un museo in 18 sale
Il percorso espositivo si snoda in diciotto sale, una più bella dell’altra. Verona è protagonista, dentro e fuori Palazzo Maffei. Basta dare un’occhiata sulla superba piazza o sulle didascalie che riportano i nomi degli artisti, molti dei quali, appunto, sono nati qui. C’è anche una sala (la 8, intitolata “Cannocchiale su Verona”) interamente dedicata alla città scaligera.

Numerosi i capolavori che portano la firma di artisti come Picasso e Magritte, Boccioni e de Chirico, Van Wittel e Fontana, per citarne soltanto alcuni. Molti anche i “dialoghi” proposti dall’allestimento. Per esempio la scultura in bronzo del “Piccolo miracolo” di Marino Marini, posta al centro della sala 6 intitolata “L’Ira Funesta”, dialoga con il suo dipinto “Cavallo e cavaliere”, appeso alla parete retrostante.
Nella sala successiva, “Venere e le altre”, ai lati del vano fanno bella mostra di sé la “Cleopatra” in posa con il braccio alzato alla Laocoonte, olio su tela attribuito a Domenico Brusasorci (Verona, 1516-1567) e quella di Giambettino Cignaroli (altro pittore veronese, ma di due secoli dopo). La didascalia informa che la Biblioteca Ambrosiana di Milano conserva un disegno preparatorio. Cercandolo in rete trovereste che nel disegno la regina d’Egitto assume una posa più patetica e che stringe l’aspide con entrambe le mani.
Un altro abbinamento mi porta a uno dei miei temi preferiti, ovvero le storie di Giuseppe figlio di Giacobbe. A Palazzo Maffei sono esposti l’olio su lavagna “Giuseppe e la moglie di Putifarre” di Antonio Giarola detto Il Cavalier Coppa, e l’olio su tela “Giuseppe accusato dalla moglie di Putifarre” di Simone Brentana.
L’imbarazzo della scelta
Se dovessi attenermi al metodo d’osservazione che segue lo scrittore Hisham Matar (ne parla in “Un punto di approdo”), mi troverei in grande imbarazzo: su quale singola opera mi concentrerei durante la prossima visita? Su “Cristo davanti a Caifa”, tempera su tavola attribuita a un pittore della cerchia di Altichiero da Verona? O sul Trittico assegnato al cosiddetto Secondo Maestro di San Zeno? Al centro c’è la Crocifissione, mentre sui pannelli laterali ci sono rispettivamente San Giacomo e San Rustico a sinistra e Sant’Agostino e San Lorenzo a destra.

Oppure, avanzando di un paio di secoli, abbandonerei i temi sacri per quelli profani della mitologia, dedicandomi per esempio al “Ratto di Elena” dipinto da Zenone Veronese o all’“Apoteosi di Ercole” di Battista Zelotti?
Più probabilmente ammirerei la “Femme assise” di Picasso (raffigura forse la sua amante, la pittrice Françoise Gilot?), ma non potrei trascurare “Jeanne dans l’atelier (Femme lisant)” di Gino Severini. Sarebbe impossibile far finta di non vedere il “Ritratto di signora seduta” ovvero “Madame S., cantante argentina” di Giovanni Boldini. Non è l’unica opera di questo grande artista. Piccolo ma pregevole è l’olio su tavola intitolato “Mercato in Piazza delle Erbe a Verona” (il quadretto adesso è a casa, si può dire!). Chi abbia voglia di fare qualche ricerca in rete, troverà anche il prezzo di acquisto all’asta.

Il Salotto Blu
Nella caminiera con specchio circolare convesso di manifattura napoletana (XVIII-XIX sec.) che campeggia nel Salotto Blu si riflette non soltanto la tela “Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia” di Gregorio Lazzarini, maestro del Tiepolo, ma anche il visitatore stesso.
Proprio oggi ho letto un brano del “Viaggio intorno alla mia camera” di Xavier de Maistre che si adatta perfettamente all’occasione. Lo riporto nella traduzione di Gianluigi Saraceni per Tarka (del libro riparlerò più in dettaglio nei prossimi giorni):
Prendendo lo specchio per quel che è, io spero che nessuno mi biasimerà di averlo posto al di sopra di tutte le opere della Scuola italiana. Le signore, del cui gusto non si può dubitare, e alle cui decisioni bisogna attenersi, gettano di solito, entrando in un appartamento, la loro prima occhiata su quel quadro”.

Anche dovesse compiere un viaggio in questa sala della durata di quello di de Maistre, ovvero quarantadue giorni, il visitatore non avrebbe modo di annoiarsi. Oltre a rimirarsi nello specchio, si farebbe ammaliare dal ritratto di “Donna Franca Florio” di Boldini. Sarà il caso che legga “I Leoni di Sicilia” di Stefania Auci per sapere di più di questa donna che “a 19 anni sposò don Ignazio Florio, famoso imprenditore italiano e tra gli uomini più ricchi d’Europa, fu una delle bellezze più celebrate tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento”, come racconta la didascalia.
Chiomara e Orgiagone
A proposito, le didascalie sono proprio ben fatte! Si legga per esempio quella della tavola dipinta a olio dal veronese Nicola Giolfino (1476-1555) con il soggetto “Chiomara getta la testa del centurione ai piedi del marito Orgiagone” (confesso che mi erano ignoti tanto il pittore quanto il soggetto che Berenson aveva erroneamente indicato come “Sacrificio di Ifigenia”):
Al centro della piccola tavola, di pregevolissima fattura, è raffigurata Chiomara, moglie di Orgiagone, capo dei Volci Tectosagi o Gallogreci. La nobildonna galata getta ai piedi del marito la testa del centurione che l’ha stuprata, denunciando la terribile offesa subita. Il marito, in piedi davanti a una tenda dell’accampamento, ascolta turbato il racconto della moglie vendicatasi di tanta nefandezza. Secondo le fonti l’episodio sì colloca verso il 189 a.C., al tempo della guerra del console romano Cneo Manlio Vulsone contro il popolo dei Galati in Asia Minore. Tito Livio per primo dà notizia di quel fatto, ripreso poi dallo scrittore latino Valerio Massimo e molti secoli più tardi da Giovanni Boccaccio in De claris mulieribus. ll dipinto è censito nel 1856, insieme ad altre tre tavole di uguali dimensioni, come opera di Francesco Caroto nel catalogo della collezione di Girolamo Manfrin di Venezia. L’attribuzione a Giolfino si deve a Bernard Berenson e a Robert Cust, che nel 1907 concordavano sull’autografia delle tavole già in collezione Manfrin, destinate con ogni probabilità a decorare un cofano nuziale”.

Ho parlato quasi solo di pittura, ma anche chi preferisca la scultura ha di che godere. Potrebbe, per esempio, rimanere in contemplazione della statua di Bodhisattva (Essere illuminazione nel Buddhismo), opera dell’arte del Gandara datata al III d.C. O della “Maternità” in Pietra di Finale di Arturo Martini o della “Testa di cinghiale” (dalla serie Prismi) di Giuseppe Gallo.
E poi ci sono vasi, campanelli da tavolo, formelle, appliques, cassette reliquiario, scrigni… Non vedo l’ora di tornare alla Casa Museo Palazzo Maffei!
Saul Stucchi
Foto di Paolo Riolzi
Didascalie:
- Facciata di Palazzo Maffei da Piazza delle Erbe
- Sala I “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese…”
Sul fondo: Zenone Veronese, Il ratto di Elena, olio su tela - Secondo Maestro di San Zeno
Trittico: Crocifissione; San Giacomo e San Rustico (a sinistra); Sant’Agostino e San Lorenzo (a destra); Motivi floreali e stelle (al retro)
Tempera su tavola
Palazzo Maffei Casa Museo, Verona
Collezione Luigi Carlon - A sinistra: Pablo Picasso, Femme assise (1953), olio su tela
A destra: Gino Severini, Jeanne dans l’atelier (Femme lisant) (1916), olio su tela - Il Salotto Blu
- Sala III “Mater Amorevolissima”. In primo piano: Arturo Martini, Maternità (1932-1933), Pietra di Finale
Palazzo Maffei
Piazza delle Erbe 38
Verona