La paternità è un concetto che coglie impreparato qualunque maschio, e questa evidenza diventa incontrovertibile nel momento in cui una figlia entra nell’adolescenza e comincia a vivere la ribellione tipica di questa fase dell’esistenza.

Così un evento inatteso nella sua potenziale drammaticità rappresenta l’occasione forzata per rileggere il rapporto da entrambe le parti e riscoprire tutte quelle piccole cose che, al di là dell’inevitabile conflitto generazionale, legano i due protagonisti (ciascuno solo a proprio modo): un padre separato e una figlia alla continua ricerca della propria collocazione, in perenne ribellione verso ogni convenzione.
Lo spettatore di “Beata gioventù” (andato in scena al Teatro Leonardo di Milano il 23 e il 24 novembre) può quindi immedesimarsi nel genitore maldestro che si sforza di imbastire un dialogo, oppure nella ragazzina che esterna agli amici i propri stati d’animo per il tramite di un immaginario social network. Occasione, questa, per rielaborare il proprio ruolo (genitoriale o filiale) esattamente allo stesso modo in cui il padre rilegge alcuni mancate conversazioni-chiave con lei.

Grazie alla levità tipica di Valeria Cavalli (autrice e regista), lo spettacolo si gioca in continuo equilibrio fra commozione e risate, fra sentimentalismo e ironia feroce, fra rimpianti e rimorsi, il tutto con una fluidità che rappresenta la forza del testo, capace di affrontare in modo asciutto un tema che da altri era stato letto con un approccio stucchevole.
Il tutto grazie anche all’ottima interpretazione degli attori (Claudia Veronesi e Andrea Robbiano), i quali sanno percepire il giusto mood e trasferirlo efficacemente in scena, fra citazioni di Kafka (interessante il parallelo fra lo stato d’animo adolescenziale e la percezione di sé come scarafaggio del protagonista de La metamorfosi), di Prévert (chi non ha mai baciato in piedi suscitando l’invidia dei passanti, non ha mai dato un bacio vero), e la versione di All the small things dei Blink182 nella struggente versione dei Postmodern jukebox ft. Puddles Pity Party.
Un’ultima annotazione: azzeccato l’espediente scenico di utilizzare una web cam che proietta gli sproloqui della ragazzina contro l’imbranato padre-matusa, per rappresentare il social network mediante il quale lei comunica il malessere alla propria bolla.
Oscar Wilde scriverebbe “I figli iniziano amando i loro genitori, in seguito li giudicano. Raramente, se non mai, li perdonano”.
Simone Cozzi
Foto di Alessandro Saletta
Beata gioventù
di Valeria Cavalli
con Andrea Robbiano, Claudia Veronesi
regia Valeria Cavalli, Claudio Intropido
Teatro Leonardo
Via Andrea Maria Ampère 1
Milano
Informazioni: