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Voi siete qui: Biblioteca » Recensione di “Ardesia” di Ruska Jorjoliani

6 Novembre 2025

Recensione di “Ardesia” di Ruska Jorjoliani

Ardesia di Ruska Jorjoliani (pubblicato da Italo Svevo, 2025) è la storia, narrata in prima persona, di un ritorno a Mestia, in Georgia. Ma anche di un viaggio nella memoria personale e collettiva di un mondo che vive tra quello che rimane della storia russa e il mondo di oggi. Un cugino ha ereditato ciò che resta della casa di famiglia. Per costruire un B&B, deve togliere i resti dell’avo, così organizza una traslazione.

I parenti della protagonista hanno seppellito il corpo del bisnonno nel giardino della casa di famiglia, perché non potevano seppellirlo nel cimitero del villaggio. L’avo era colpevole di aver consegnato le icone della chiesa alla Milizia. Per questo alla sua morte, avvenuta negli anni Trenta la famiglia aveva deciso di seppellirlo in giardino. Loro in gran segreto avevano costruito e custodito la tomba – qualcosa di simile ad un ipogeo.

La vita dell’avo ha accompagnato la protagonista in tutta l’infanzia. Sa che la vita dell’avo era stata «turbolenta, costellata di passioni, delitti e di una evasione». Con una morte misteriosa, avvenuta «nel fiume Mtkvari, per evadere dal carcere di Metekhi, il più rigido della capitale, quasi allo stesso modo del giovane Stalin circa vent’anni prima». Un uomo che ha amato molte donne e dalle quali ha avuto figli che non ha riconosciuto. E di cui molto probabilmente non sapeva. A un uomo così «inquieto», non può essere concesso un quieto riposo, una lapide e una tomba, come agli altri, perché quelli come lui non «muoiono. Al massimo in certi periodi di grande siccità, evaporano».

Per questo lo ha sempre immaginato come «un eroe». Da bambina, in alcuni momenti se l’è rappresentato come «una vittima delle purghe staliniane, prima nel ‘24», in altri «stipato in un vagone con rivoltosi, comunisti condotti nella capitale». O come «un braccato senza sapere da chi o perché, finché, allo stremo delle forze, ormai sul punto di arrendersi, si ritrovava in una fitta oscurità, in mezzo a una terra brulla, senza casa».

Ma l’immaginazione della protagonista non si era fermata a questo: aveva trovato un «romanzato finale di questo episodio: nel silenzio che sopraggiungeva dopo il frastuono degli spari, nello spazio attraversato dai raggi di luce entrati da centinaia di fori, si levava il lamento di qualche sopravvissuto ferito».

Quando un parente le aveva accennato alle sue capatine a Batumi, cittadina sul Mar Nero dove ribolliva un certo fermento nazionale, era sicura il bisnonno s’incontrasse lì con qualche ribelle.

Tra digressioni, rivelazioni e racconti la protagonista ripercorre una parte della storia della Georgia che negli anni Venti del Novecento passa dall’impero zarista a quello del potere dei Soviet, ma anche una «certa indolenza intrinseca alla natura georgiana».

La storia di questo bisnonno racconta anche della dittatura dell’URSS e di come gli abitanti abbiano continuato in segreto a professare la religione ortodossa, anche quando questa era stata bandita dal governo centrale di Mosca.

La vita in questo villaggio racconta anche di ciò che rimane della tradizione locale, a distanza di decenni, non solo la popolazione locale si ricorda dell’avventure e delle ambiguità di quest’uomo, per questo non vuole che abbia una vera e propria sepoltura nel cimitero locale. A lui, alla fine, tocca solo il conforto di una tomba, ma senza il suo nome.

Chi legge questo breve scritto non può non rimanerne affascinato. Perché l’autrice, in poche pagine, racconta di un mondo lontano dai luoghi proposti dalla letteratura italiana. Riporta gli odori, i sapori e un mondo ormai scomparso. Un mondo fatto di tradizioni che affondano nel paganesimo e non può reggere il confronto con il turismo di massa e con gli effetti della globalizzazione che unifica e svilisce tutto.

Ruska Jorjoliani è una delle scrittrici più rappresentative della letteratura della diaspora georgiana. Il grave conflitto interno, che tra il 1991 e il 1993 dilaniava la Georgia, costringe l’autrice a fuggire ancora giovanissima dalla propria terra natia, trovando rifugio in Sicilia.

Jorjoliani scrive nella lingua del Paese d’adozione, l’italiano, per addentrarsi nella cultura d’origine ma anche descrivere la Sicilia, dove vive. I suoi romanzi − La tua presenza è come una città (2015) e Tre vivi, tre morti (2020) – descrivono il delicato equilibrio tra il passato e il presente.

Claudio Cherin

Ruska Jorjoliani
Ardesia
Italo Svevo Edizioni
Collana Incursioni
2025, 128 pagine
16 €

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