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Voi siete qui: Biblioteca » ODISSEA Libro 22: La strage dei rivali fa di Omero il primo Tarantino

15 Dicembre 2013

ODISSEA Libro 22: La strage dei rivali fa di Omero il primo Tarantino

Odissea_XXII_2
Il libro XXII dell’Odissea parte in quarta: Ulisse finalmente abbandona il travestimento da mendico e impugna l’arco. Grida ai rivali che ora cambierà bersaglio e subito scaglia una freccia contro Antinoo, colpendolo mortalmente alla gola. Gli altri urlano di rabbia e terrore perché constatano che nella sala non ci sono armi con cui difendersi; nonostante ciò si sentono ancora in una posizione di forza, tanto che minacciano di morte quello che continuano a considerare uno straniero. Ulisse svela la sua identità e rinfaccia ai rivali le nefandezze di cui si sono macchiati. Solo Eurimaco trova il coraggio di rispondergli, addossando ad Antinoo tutta la responsabilità dei loro atti. Propone un accomodamento per via economica: i pretendenti pagheranno la consumazione, aggravata da una multa (venti vacche, più oro e bronzo), poi tanti saluti e ciascuno a casa propria!

Ulisse però non ha trascorso dieci anni tra sofferenze e pericoli per accontentarsi di un compromesso così borghese (e infatti la polis strutturata in ordinamenti “civili” è ancora di là da venire): vuole la loro morte! Vendetta cruenta! Eurimaco allora esorta i compagni alla resistenza e si scaglia contro Ulisse armato di pugnale, ma l’eroe lo trafigge al petto con una freccia. Telemaco abbatte con la lancia Anfinomo, poi va a prendere le armature per sé, il padre e i due fidi servi, mentre Ulisse fa strage, freccia dopo freccia.

Odissea_XXII_1
Aghelao propone di tentare la fuga attraverso l’unica via d’uscita, una porticina di passaggio verso il corridoio, ma il capraio Melanzio respinge il consiglio e sale al piano superiore per impadronirsi di dodici armature complete. Dunque ora la sfida è tra i fantastici quattro di casa e (almeno) dodici ospiti.

E allora a Odisseo si piegarono le ginocchia e si spezzò il cuore,
perché vide che indossavano le armi
e agitavano le lunghe aste.

Telemaco si assume la responsabilità di non aver chiuso bene la porta, ma quando Melanzio torna di sopra per prendere altre armi, il porcaro e il bovaro lo colgono di sorpresa, sopraffacendolo. Lo impiccano a una colonna, come ha ordinato loro il padrone di casa. A questo punto interviene Atena con l’aspetto di Mentore e Ulisse lo esorta a prendere le sue difese, mentre Aghelao lo minaccia perché non gli porti aiuto. Atena se la prende con il suo beniamino, accusandolo di non avere più il coraggio di quando combatteva a Troia, poi si trasforma in rondine e si apposta sul soffitto.

I rivali si coalizzano contro Ulisse scagliandogli contro sei lance che però Atena devia, mentre vanno mortalmente a segno le risposte dei fantastici quattro che spengono le vite di Demoptolemo, Euriade, Elato e Pisandro. Al secondo tentativo va appena un po’ meglio per la compagine dei pretendenti (“ma che pretendete” – verrebbe da dire – “lo sapete che su di voi grava un nero destino di morte!”) i quali riescono a ferire, ma soltanto di striscio, Telemaco e a sfiorare Eumeo. I nostri eroi invece centrano il bersaglio anche al secondo giro. Fanno una tale strage che “tutto il pavimento fumava di sangue”.

L’aruspice Leode implora pietà a Ulisse, protestando di non avere colpe, ma l’eroe lo decapita
“e la sua testa cadde nella polvere,
mentre lui ancora cercava di parlare”.
Sono probabilmente i versi più macabri dell’intero poema ed è emblematico che l’eroe della parola per antonomasia ponga fine con un gesto di inaudita violenza al discorso di un avversario. Non è più tempo di parole e la logomachia lascia il posto alle armi vere e proprie. Gli unici a scampare alla furia vendicatrice di Ulisse sono il cantore Femio (e qui il poeta si fa complice di una solidarietà di casta…) e l’araldo Medonte, per intercessione di Telemaco. Seguono i versi più belli del libro:

Anche Odisseo si guardava intorno,
per vedere se nella sua casa qualcuno fosse rimasto vivo,
sfuggendo al suo nero destino di morte.
Ma vide che erano tutti caduti tra il sangue e la polvere,
ed erano tanti,
come i pesci che i pescatori trascinano con la rete
su una spiaggia riparata,
fuori dal mare bianco di spuma,
e stanno tutti ammucchiati sulla sabbia,
desiderando invano l’acqua del mare,
finché il sole splendente li uccide.
Proprio così stavano ammucchiati a terra i rivali.

Odissea_fascia_656
Ulisse manda Telemaco a chiamare Euriclea perché gli indichi quali tra le ancelle sono state infedeli. La nutrice ne denuncia dodici su cinquanta. Seguono scene raccapriccianti, con le serve infedeli costrette a ripulire la sala dal sangue della strage e poi giustiziate in modo macabro, mentre Melanzio (si spera ormai cadavere) viene barbaramente mutilato. Infine Ulisse purifica la sala con zolfo e fuoco, e quando arrivano le ancelle fedeli, finalmente scioglie l’emozione in un pianto liberatorio.
Saul Stucchi

Immagini (da WikiMedia):
Gustav Schwab
Le più belle leggende dell’antichità classica (1882)

Pittore di Issione
Mnesterofonia: strage dei pretendenti da parte di Odisseo, Telemaco ed Eumeo.
Lato A di un cratere a campana a figure rosse (330 a.C. circa)
Museo del Louvre

L’ODISSEA a puntate: Indice dei libri e delle recensioni

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