
Il libro XIX dell’Odissea si è chiuso su Atena che ha fatto scendere il dolce sonno sulle palpebre della povera Penelope, affranta dal dolore per la ventennale assenza del marito.
Il XX si apre invece su Ulisse che si rigira nel giaciglio di pelli approntato nel vestibolo: medita su come avere la meglio sui rivali, senza trovare una soluzione, ed è infuriato per il comportamento libertino delle sue ancelle che si concedono ai pretendenti. Deve di nuovo intervenire la dea per porre momentanea interruzione ai suoi affanni: Atena, il sonnifero che non delude mai!
Ma l’epica ha le sue leggi, più ferree di quelle divine. La più importante è che l’ascoltatore non deve addormentarsi (può capitare all’autore – Quandoque bonus dormitat Homerus, dirà Orazio nell’Ars poetica – ma non deve assolutamente succedere al suo pubblico). Dunque appena si appisola il marito, si sveglia la moglie. Ha sognato che Ulisse le dormiva accanto e a lui è sembrata la stessa cosa: ah, l’amore!

L’eroe chiede a Zeus un segno e subito viene esaudito, a conferma che il padre degli dei è dalla sua parte. Intanto si è svegliato anche il bel Telemaco: alla buonora!
A palazzo fervono i lavori: ancelle e servi sono impegnati nelle rispettive mansioni perché “oggi è festa per tutti”, come dice l’accorta Euriclea, e i rivali saranno presto di ritorno. Arrivano anche il porcaro Eumeo e il capraio Melanzio che ancora una volta minaccia il mendico. Gli si rivolge invece con cortesia il bovaro Filezio, giunto per terzo.
È indeciso se rimanere e assistere allo spreco di risorse altrui da parte dei rivali o andarsene a servire un altro padrone. Il mendico gli giura che è vicino il momento del ritorno di Ulisse che farà strage dei pretendenti.
L’arrivo dei rivali coincide con l’inizio dell’ennesimo banchetto. Carne e vino rinfocolano il loro ardore, anche se si trattengono dal fare violenza a Telemaco che ha imposto loro di rispettare il mendico. Atena però non permette che si quietino perché vuole che Ulisse frema di rabbia contro di loro.
Il perfido Ctesippo oltraggia l’ospite scagliando verso di lui una zampa di bue, senza tuttavia colpirlo. Aghelao tenta di riportale la calma invitando Telemaco a sollecitare sua madre perché finalmente scelga come sposo uno dei pretendenti.
Il giovane respinge la richiesta, sostenendo di non voler imporre alla madre una simile cosa. A questo punto Atena interviene a confondere i rivali e la scena si fa surreale, anticipo della strage.

Come Macbeth, Teoclimeno “simile a un dio” vede i fantasmi e il sangue imbrattare le pareti della sala. Eurimaco si fa beffe di lui e lo straniero preferisce andarsene per non assistere all’imminente vendetta di Ulisse.
I rivali prendono in giro Telemaco, rinfacciandogli di non saper scegliere i propri ospiti. Con la conclusione del banchetto cala il sipario del libro, non prima però che il poeta preannunci la rovina dei pretendenti.
Saul Stucchi
Immagine:
Angelika Kauffmann
Penelope svegliata da Euriclea (1772)
Vorarlberger Landesmuseum, Bregenz (da WikiMedia)