Il racconto di Odisseo prosegue nel decimo libro dell’Odissea con la rievocazione dell’arrivo sull’isola galleggiante di Eolia, regno di Eolo. Lì l’eroe fu ospitato per un mese, poi quando fu tempo di ripartire, Eolo gli donò un otre in cui aveva racchiuso tutti i venti.
Le cose però dovevano mettersi male, un po’ per imprevidenza di Odisseo che governò il timone della nave ininterrottamente per nove giorni per addormentarsi al decimo, quando ormai erano in vista della patria, ma soprattutto per la gelosia dei compagni che vollero curiosare nell’otre in cui credevano fossero stati riposti doni d’oro e d’argento.
Appena aperto l’otre, ne uscirono i venti che spinsero le navi al largo. Al risveglio Ulisse provò tale disperazione da pensare al suicidio ma decise di resistere ancora alle disavventure. Tornò alla dimora di Eolo ma questa volta l’ospite lo scacciò in malo modo, rifiutandosi di prestargli soccorso perché in odio agli dei.
Dopo altri sei giorni di navigazione Ulisse e i suoi approdarono nella terra dei Lestrigoni. Anche in questo caso il protagonista è curioso e vuole informarsi su chi vi abiti, ma preferisce mandare avanti dei compagni. Di nuovo la prima persona incontrata è la figlia del re del luogo, ma questa volta finisce in tragedia. Antifate è infatti tutt’altro che ospitale e si mangia un componente della delegazione, mentre i Lestrigoni fanno strage degli altri compagni. Odisseo riesce però a fuggire e a riprendere il mare.
La tappa successiva non sarà meno pericolosa, ma avrà i suoi lati positivi, soprattutto per lui. La nave superstite attracca infatti a Eea, l’isola di Circe. Qui Ulisse abbatte un enorme cervo con cui ristora i compagni che poi riunisce in assemblea, solo per informarli del suo piano. Li dividerà in due gruppi, uno guidato da lui e l’altro con a capo Euriloco. La sorte dirà che sarà quest’ultimo ad addentrarsi con i suoi nell’isola.
Com’è, come non è, a Ulisse toccano sempre in sorte le missioni felici, ai compagni quelle che finiscono in tragedia. Ma tant’è, così va l’epos: piangono quelli che partono e piangono quelli che restano.
L’episodio di Circe che trasforma in maiali i compagni di Euriloco è uno dei più celebri dell’Odissea e sicuramente sarà servito come spunto all’Orwell de La fattoria degli animali (ricordate la scena finale, in cui uomini e maiali ormai non si distinguono più?). Sono i versi più belli del libro: li ritrovate in calce.
Euriloco torna per raccontare a Ulisse quanto è accaduto. Il re di Itaca si arma per andare da Circe, ma Euriloco lo implora di lasciarlo lì: è una missione suicida quella a cui si sta preparando. Durante l’avvicinamento, appare all’eroe il dio Ermes che gli anticipa le mosse di Circe e le vanifica con un antidoto.
Gli spiega di non rifiutarsi di andare a letto con la dea, ma di costringerla a compiere un solenne giuramento con cui impegnarsi a lasciarlo andare. Odisseo fa tutto secondo le indicazioni di Ermes e grazie al farmaco benefico rimane indenne al veleno di Circe. La maga comprende che è arrivato infine colui di cui Ermes le aveva un tempo predetto.
Ora rimetti la spada nel fodero,
poi andiamo a letto
perché, stando insieme e facendo l’amore, possiamo fidarci l’uno dell’altra.
Freud verserebbe fiumi d’inchiostro sulla prima richiesta di Circe che poi, anticipando di millenni i social networks, chiede a Odisseo la sua amicizia.
Per ottenerla, però, deve sottostare al giuramento. Una volta diventati amici, Circe fa il bagno all’eroe e poi lo invita a mangiare, ma lui è angosciato per la sorte dei compagni. La maga allora li ritrasforma in uomini – anzi, li fa più belli e più giovani di prima – e poi consiglia a Ulisse di tornare alla nave per nascondere i tesori che trasporta.
Euriloco si oppone all’idea di tornare da Circe e Odisseo non prende bene il suo rifiuto: vorrebbe staccargli di netto la testa, nonostante sia un suo parente stretto. Per fortuna i compagni lo trattengono. Per un anno intero Odisseo e i compagni restarono sull’isola a “mangiare carni senza fine e a bere vino dolcissimo”, ma trascorsi i dodici mesi i compagni rimproverano a Ulisse di aver dimenticato la patria. Lui allora chiede alla dea di lasciarlo partire, ma lei gli spiega che prima di tornare a Itaca dovrà fare un altro viaggio:
fino alle case di Ade e della tremenda Persefone,
per interrogare lo spirito di Tiresia, l’indovino cieco,
il solo a cui Persefone ha concesso di conservare la memoria,
mentre le altre anime sono solo delle ombre vaganti
Ulisse ha una nuova ricaduta nella disperazione e si mette a piangere (l’intero libro è un bagno di lacrime). La dea lo rincuora istruendolo sui sacrifici che dovrà compiere una volta giunto nell’Ade e l’eroe sollecita i compagni a partire. Purtroppo lo stolto Elpenore si rompe l’osso del collo cadendo ubriaco dal tetto del palazzo di Circe. Fosse rimasto un porcello…
Cuorisità su Circe
Chi era la maga Circe?
Circe è una figura della mitologia classica. Figlia del dio del sole Helios e della ninfa oceanina Perseide, Circe, oscillante fra dea e maga, appare in letteratura per la prima volta nell’Odissea di Omero, dove viene descritta come una Dea dalla chioma riccia raccolta in lunghe e morbide trecce.
E arrivammo all’isola Ea: vi abitava
Circe dai riccioli belli, dea tremenda con voce umana
Quale è il potere di Circe?
Circe è in grado di creare i ‘pharmaka’, potenti pozioni capaci sia di trasformare l’uomo in animale, sia di migliorarlo (rendendolo addirittura un dio). Nella terribile trasformazione l’uomo non perde il proprio noos (la consapevolezza).
Nell’Odissea Circe trasofmra i compagni di Euriloco in maiali. La maga offre infatti loro il ‘ciceone‘, rinforzante bevanda rituale in uso nell’antica Grecia, alla quale aggiunge una sostanza che fa dimenticare tutto. Grazie al moli (μῶλυ), la pianta-antidoto fornitagli da Ermes, Ulisse resterà immune a tale bevanda, sottraendosi alla metamorfosi e riuscendo quindi a salvare i compagni.
Quali sono gli animali domestici di Circe?
A seconda del proprio carattere e della loro natura, gli sventurati vengono tramutati in maiali, leoni o cani.
Dove si trova l’isola della maga Circe?
La dimora della maga si trova sull’isola favolosa di Eea (Αἰαίη, Aiáiē o Αἰαία in greco antico; Aiáiā, in latino: Aeaea). Il nome deriva da ‘Eos‘. aurora. Fin dai tempi antichi, come racconta Strabone, l’isola è stata identificata con quello che oggi è il promontorio del Circeo. Poiché questo in passato era una penisola, è verosimile l’ipotesi che nell’antichità fosse separato dalla terra e quindi circondato dalle acque (o comunque raggiungibile attraverso una spiaggia). Nell’Odissea, Ulisse, salito su un roccia, riesce a vedere tutto il contorno dell’isola.
Visto da Sperlonga o Gaeta tale promontorio può apparire come un’isola. Vi sono però altre ipotesi che identificano l’isola con l’acropoli di Terracina, con’Isola di Ustica, con un luogo non ben identificato vicino alla Sardegna.
Recenti studi archeo-speleologici (Lorenzo Grassi) sembrano aver identificato il luogo dettagliatamente descritto da Omero con una fenditura carsica della Grotta Spaccata di Torre Paola, quelle ‘cave grotte’ dove Circe convinse Ulisse a ‘nascondere gli arnesi e il carico’. Come sostiene lo stesso Grassi: ‘Il complesso scavato nella roccia combacia alla perfezione con la descrizione e i riferimenti geografici della narrazione omerica‘.
Saul Stucchi
I versi più belli:
(Circe) li accompagnò a sedere su bei sedili e sedie a braccioli,
poi mischiò per loro formaggio, farina d’orzo e miele
nel vino di Prammo,
ma alla bevanda unì dei veleni, perché dimenticassero completamente la loro patria.
E appena ebbero bevuto,subito dopo, spingendoli con un bastone, li chiuse nei porcili.
E quelli avevano ormai testa, voce, setole e pelle di porco,
ma la mente era rimasta la stessa di prima.
(X, vv. 233-240)
Didascalie: Scena dell’Odissea (attacco dei Lestrigoni), I secolo a.C.: dalla
Casa di via Graziosa sull’Esquilino, a Roma (da Wikipedia).
- Circe trasforma in animali i compagni di Ulisse (da Wikipedia)
- Circe offre a Ulisse una coppa | Dipinto di John William Waterhouse, 1891 (Wikipedia)
L’ODISSEA a puntate: Indice dei libri e delle recensioni
- Omero: ODISSEA
- Traduzione di Dora Marinari
- Commento di Giulia Capo
- Prefazione di Piero Boitani
- La Lepre Edizioni
- 2012, pp. 630, 16 €