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Voi siete qui: Teatro & Cinema » “La morte di Danton” al Piccolo Teatro è da perdere la testa

2 Marzo 2016 Scritto da Saul Stucchi

“La morte di Danton” al Piccolo Teatro è da perdere la testa

Una scena dello spettacolo "La morte di Danton"

Perché vedere La morte di Danton al Piccolo Teatro di Milano? Per molti motivi. Innanzitutto perché è uno spettacolo intenso, potente ed emozionante.

Il Terrore dà spettacolo

Avete tempo fino al 13 marzo per partecipare a una rappresentazione che lascia il segno. Il merito è in primo luogo dell’autore, Georg Büchner, che lo compose in appena cinque settimane quando aveva soltanto 21 anni (sarebbe morto di tifo a 24). Il testo mostra una complessità, una raffinatezza e una sapiente disposizione dei temi da grande scrittore che ha raggiunto la piena maturità. Un peccato averlo perso così giovane!

Mario Martone ne ha tratto una messa in scena vibrante che cattura lo spettatore per tre ore senza fargliele pesare (quando, a volte – purtroppo! – si fa fatica a reggere spettacoli di un’ora…). In qualche momento, è vero, non tutto è filato perfettamente alla prima milanese di ieri: brevi pause fuori tempo, piccoli problemi con le luci… Tuttavia il risultato è stato valutato molto positivamente dal folto pubblico presente che ha salutato con calorosi applausi tutto il gruppo di attori, su tutti Giuseppe Battiston nei panni di Georges Jacques Danton e Paolo Pierobon in quelli di Maximilien Robespierre.

Mai come in questa occasione il sipario rosso del Piccolo ha evocato il colore del sangue e la successione di tende che si alzano e si abbassano durante lo spettacolo pare richiamare l’instancabile lavoro della ghigliottina negli anni del Terrore.

Giuseppe Battiston come Danton e Paolo Pierobon come Robespierre

Personaggi degni di Shakespeare

I personaggi si esprimono con le parole degli infuocati discorsi dei protagonisti della Rivoluzione e viene da pensare che quando le idee s’incarnano assistiamo a una tragedia o a un grande spettacolo, o a tutte e due le cose insieme.

I dialoghi e i monologhi toccano i temi della libertà (individuale e collettiva), del tradimento, dell’uomo e di Dio, mantenendosi a livelli elevatissimi che rimandano alle vette dei dialoghi platonici (la morte di Socrate riaffiora spesso alla mente dello spettatore come punto di riferimento) e delle opere di Shakespeare. Sì: quanto Shakespeare c’è in questa “Morte di Danton”!

Dobbiamo seppellire il gran cadavere con decoro, come sacerdoti, non come assassini; non possiamo mutilarlo, tutte le sue membra devono essere calate giù con lui

dice Saint-Just riferendosi a Danton. Ricorda da vicino le parole di Bruto a Cassio nel Giulio Cesare:

Dobbiamo essere sacrificatori, ma non macellai, Caio.
Tutti noi ci leviamo contro lo spirito di Cesare,
e non c’è sangue nello spirito degli uomini.
Oh, se potessimo allora arrivare allo spirito di Cesare,
e non smembrare Cesare!

Così come la tirata di Robespierre contro l’eccezionalità di Danton (“noi non vogliamo privilegi, noi non vogliamo idoli!”) rimanda all’invito di Cassio a Bruto di smitizzare la figura di Cesare, il cui nome “pesa” esattamente quanto quello degli altri, mentre il suo atto d’accusa contro Danton è degno della celeberrima orazione funebre tenuta da Antonio. E mi è sembrato di individuare anche allusioni al Macbeth e all’Amleto (“c’è della follia in questo pensiero”).

Un grandissimo Pierobon

Nel “tribunale” del teatro, così come in quello della storia, i discorsi di Robespierre sono più potenti di quelli di Danton. Pierobon offre una prova memorabile impersonando un Incorruttibile che scaglia contro i nemici del Popolo parole come coltelli.

Le sfide dialettiche della filosofia sfuggono di mano ai frequentatori dei circoli e dei salotti e il gioco al massimalismo si trasforma in gioco al massacro. Il sangue scorre a fiumi per le strade e le teste rotolano senza pietà né riguardo per nessuno. Danton è stanco di queste stragi e vorrebbe porvi un freno, ma la sua crisi di coscienza viene interpretata come tradimento.

Robespierre teorizza e mette in pratica il dispotismo della libertà (mai è stato coniato un ossimoro più lucido e insieme più tremendo), concepita come “secrezione della virtù”, e la necessità purificatrice del sangue.

Danton ama la vita e crede che tutti condividano in fondo il suo atteggiamento, convinto che esistano solo epicurei rozzi ed epicurei raffinati: nessun’altra differenza tra gli uomini. Ingenuamente s’illude che la Rivoluzione non mangerà i suoi stessi figli (e padri).

E invece Robespierre è fatto di altra pasta. È “un Messia sanguinario che sacrifica” e che alla fine viene sacrificato sull’altare che egli stesso ha innalzato.
Saul Stucchi

Dal 1° al 13 marzo 2016

LA MORTE DI DANTON
di Georg Büchner

Traduzione Anita Raja
Regia e scene Mario Martone

Con Giuseppe Battiston, Fausto Cabra, Giovanni Calcagno, Michelangelo Dalisi, Roberto De Francesco, Francesco Di Leva, Pietro Faiella, Denis Fasolo, Gianluigi Fogacci, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Ernesto Mahieux, Carmine Paternoster, Irene Petris, Paolo Pierobon, Mario Pirrello, Alfonso Santagata, Massimiliano Speziani, Luciana Zazzera, Roberto Zibetti
e con Matteo Baiardi, Vittorio Camarota, Christian Di Filippo, Claudia Gambino, Giusy Emanuela Iannone, Camilla Nigro, Gloria Restuccia, Marcello Spinetta, Beatrice Vecchione

Costumi Ursula Patzak
Luci Pasquale Mari
Suono Hubert Westkemper

Orari: martedì, giovedì e sabato 19.30
mercoledì e venerdì 20.30
domenica 16

Biglietti: platea intero 33 €; ridotto 21 €; balconata intero 26 €; ridotto 18 €

Informazioni e prenotazioni:
tel. 848.800.304

Piccolo Teatro Strehler
Largo Paolo Grassi 2
Milano

Informazioni:
www.piccoloteatro.org

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