Meraviglie d’Afghanistan 2

Ay Khanoum fu fondata a ridosso della confluenza tra il Kokcha e l’AmuDaria (l’Oxus degli antichi), il fiume che per lungo tratto segna il confine tra l’Afghanistan e le ex Repubbliche sovietiche di Uzbekistan e Tajikistan.

Alessandro Magno giunse in queste lande nel 330 a.C. all’inseguimento prima del fuggiasco Dario che aveva sconfitto a Isso e a Gaugamela, e poi dei traditori regicidi. La DAFA – Délégation Archéologique Française en Afghanistan – iniziò gli scavi nel 1966. Nel 1978 l’invasione sovietica pose fine agli scavi della Delegazione Francese. Gli archeologi avevano comunque avuto il tempo di portare alla luce una buona parte delle fondamenta degli edifici, scoprendo di avere a che fare con una città ellenistica a tutti gli effetti, come dimostravano i resti dei templi, del grandioso ginnasio e del teatro. Avevano individuato il punto di maggior penetrazione dell’ellenismo in Oriente, i cui influssi hanno lasciato tracce riscontrabili in culture ancora più distanti dal bacino mediterraneo.

Alessandria nel Caucaso
Un’altra sala ospita i reperti scoperti a Begram – cittadina a una sessantina di chilometri a nord di Kabul – che gli archeologi hanno identificato con il sito di Alessandria del Caucaso. Il nome di Tesoro di Begram venne dato alla ricca messe di oggetti provenienti dal Mediterraneo, dalla Cina e dal sub-continente indiano, scoperta nel 1937. S’ignora se il tesoro sia stato interrato di proposito per preservarlo dalle scorrerie dei barbari o se invece appartenesse a un mercante o ancora fosse una collezione. Il sito venne riscoperto nel 1833 da Charles Masson (il cui vero nome era James Lewis), un originale viaggiatore inglese al quale il British Museum ha dedicato una piccola mostra nel 2002. Il tesoro risale al primo secolo dopo Cristo e testimonia la floridezza degli scambi commerciali allora intrattenuti tra il bacino mediterraneo e la Cina. Tra gli oggetti più interessanti si segnalano le piccole placche in avorio, come quella con la rappresentazione di una scena di jataka (opera canonica che magnifica le virtù di Buddha), con Ekacringa e la principessa Nalini, sulla quale sono ancora visibili tenui tracce di pittura rossa e nera. Queste placche erano applicate alla mobilia o a scatole di legno e rivelano una fattura evidentemente indiana.
La collina d’oro

Dagli scavi di Tillya Tepe, ovvero la Collina d’oro, provengono i capolavori più belli esposti in mostra. Si tratta soltanto di una minima parte degli oltre ventimila oggetti ritrovati all’interno di una residenza monumentale alla sommità di un piccolo colle, in seguito alle campagne di scavo condotte dalla missione afgano-sovietica guidata da Viktor Sarianidi. Nel corso dei lavori venne riportata alla luce una necropoli principesca che gli studiosi hanno ipotizzato contenesse le salme di un ramo di sovrani Yueh-chi, antenati dei Kushana. È qui indispensabile un breve excursus di storia: attorno al 250 a.C. la Battriana (regione settentrionale dell’attuale Afghanistan) divenne un regno ellenistico indipendente per poi subire le pressioni dei nomadi Mongoli. Verso il 150 a.C. fu occupata dalle tribù Yueh-chi, da cui discesero i Kushana.

Sepolture principesche
Delle sei tombe principesche, cinque erano femminili e soltanto una maschile. In ciascuna gli archeologi hanno recuperato dai duemila ai quattromila oggetti d’oro che facevano un impressionante contrasto con la modestia delle bare realizzate in legno: non è quindi fuori luogo, questa volta, l’accostamento con la celebre scoperta della tomba di Tuthankamon. Attraverso il vetro di protezione si ammirano monili, fibbie, placche, spille, collane, cammei di squisita fattura. I tesori gettano nuova luce sulla storia della regione tra la fine dei regni ellenistici alla nascita dell’impero kushana che agli albori dell’era cristiana influenzava le oasi centroasiatiche, fondendo aspetti della cultura indiana e di quella nomadica delle steppe, su basi però greco-iraniche. L’impero kushana rivestì un ruolo fondamentale nella diffusione del Buddismo, nato in India e poi propagatosi fino in Cina attraversando le oasi dell’Asia Centrale. Il rinvenimento di manufatti realizzati con inconfondibili caratteri stilistici cinesi e indiani conferma la centralità della regione, punto di scambio nel tragitto della Via della Seta. L’Afghanistan era un crocevia, un punto di contatto tra le grandi civiltà stanziali e quelle nomadi delle steppe.
Saul Stucchi
seconda parte/fine
Museo di Antichità di Torino
ingresso da piazza del Duomo
angolo via XX Settembre
Orario:
da martedì a domenica dalle 10,30 alle 19,30
giovedì e sabato prolungato fino alle 23.
Info: tel. 800329329