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Voi siete qui: Interviste » Il Bacco di Verzijl torna a casa. Intervista a Massimiliano Caretto

16 Marzo 2017 Scritto da Saul Stucchi

Il Bacco di Verzijl torna a casa. Intervista a Massimiliano Caretto

Jan Franse Verzijl, Un giovane come BaccoLo scorso febbraio la Galleria Caretto & Occhinegro di Torino ha donato al Museum of Jewish Heritage di New York un dipinto dell’artista olandese Jan Franse Verzijl, raffigurante “Un giovane come Bacco”. Il quadro apparteneva alla collezione di Max Stern, un collezionista e mercante d’arte ebreo nato in Germania nel 1904, scomparso nel 1987.

Durante la seconda guerra mondiale Stern riuscì a fuggire in Canada, ma la sua collezione venne in parte confiscata e in parte venduta. Al termine del conflitto Stern si mise alla ricerca delle sue opere, tuttavia la gran parte di esse risulta ancora dispersa. I suoi eredi hanno costituito il “Max Stern Restitution Project” per ricomporre la collezione.

Periti osservano "Un giovane come Bacco" di Jan Franse Verzijl
Per saperne di più della donazione del dipinto e delle figure di Stern e di Verzijl abbiamo intervistato Massimiliano Caretto (già noto ai lettori di ALIBI Online).

Chi era Max Stern?

Max Stern, per noi, è innanzi tutto un collega. Questa è la prima risposta che mi viene in mente.

Stern faceva parte di quella tipica classe borghese di origine ebraica sulla quale era basata più o meno tutta la ricchezza economica della Germania e, più in generale, del Nord Europa nel XX secolo. Ben educato, benestante e ambizioso, Maximilian era un gallerista che, una volta venuto a mancare il padre, prese in mano le redini dell’attività familiare e, nel giro di pochi anni, fece diventare la sua galleria (la Dominion) tra le più importanti della Germania.

Come tutti i galleristi, aveva il vizio (o il pregio) di pensare in grande e aveva già progettato di aprire sedi a Londra, in Europa e in America.

Di gusto eclettico, ma principalmente interessato alla pittura fiamminga e olandese del ‘500 e del ‘600 (che per tutto il ‘900 ha rappresentato un must per qualsiasi collezionista che volesse definirsi tale, in particolare tedesco) seppe raccogliere veri e propri capolavori, tra cui anche un dipinto di Hieronymus Bosch e uno squisito Brueghel.

Jan Brueghel il Giovane, Allegoria della terra e dell'acquaOvviamente, i suoi sogni furono stroncati dal sorgere del Terzo Reich, come quelli di tutti. Il governo lo “invitò caldamente” a chiudere i suoi affari il più in fretta possibile, costringendolo a organizzare una vendita e a cessare ogni attività di gallerista. La vendita, nota come la Auktion 392, fu organizzata presso la blasonata e antica casa d’aste di Monaco, la Lempertz (tra le più antiche del mondo) che all’epoca era particolarmente vicina al Potere.

Fortunatamente, Max Stern abbandonò l’Europa per tempo, rifugiandosi in Canada, dove, a fine guerra, riorganizzò le sue forze in una fondazione, iniziando per più di cinquant’anni la ricerca delle opere che gli erano state confiscate e riuscendo a recuperare parte di queste.

Oggi, la Fondazione continua l’attività di Max. Tra le opere che Stern cercava, c’è anche il nostro Bacco di Jan Franse Verzijl.

Chi era Jan Franse Verzijl?

Verzijl era il maggiore rappresentante del così detto movimento caravaggista (o caravaggesco) nella città olandese di Gouda. La lezione di Caravaggio arrivò solo in un secondo momento anche a quei pittori che non fecero un viaggio di formazione in Italia (come Verzijl, per l’appunto) per mezzo delle opere di altri artisti che invece quel viaggio lo fecero eccome. In sostanza, possiamo definirlo un “caravaggista del secondo giro”.

Le opere eseguite da questo maestro sono molto rare e rappresentano un documento assai importante, tanto che eravamo in trattative con la pinacoteca cittadina di Gouda per chiudere l’acquisizione del dipinto. Ovviamente, questo prima che emergessero le vicende legate a Stern.

Che giri ha fatto il quadro e come l’avete acquistato?

Come è molto chiaro a chi si occupa di mercato dell’arte, i quadri girano e rigirano senza sosta. L’opera era stata regolarmente acquistata a fine anni ’80 a Londra (Sotheby’s) da Luigi Caretto, che vendette il dipinto in Italia, a una collezionista privata.

"Un giovane come Bacco" di Jan Franse Verzijl a New YorkAll’epoca non esistevano leggi internazionali precise in merito ai furti nazisti di opere d’arte, né l’opinione pubblica era così sensibile e informata su questi temi, così Sotheby’s poté mettere all’incanto il dipinto senza alcun problema. Sostanzialmente, se la casa d’aste non rendeva noti i problemi di provenienza delle opere o non era intercorsa in problemi legali, questo veniva considerato sufficiente per procedere normalmente a livello di trattative commerciali internazionali.

Nel 2014 la collezionista ha deciso di rivendere l’oggetto, decidendo ovviamente di rivolgersi in primo luogo agli specialisti del settore che glielo avevano venduto negli anni ’80. Data la bellezza dell’opera io e il mio socio, Francesco Occhinegro, non ci abbiamo pensato sopra neanche due secondi, ricomprando immediatamente il dipinto, che intanto era pure accresciuto di valore e importanza, dato il lungo lasso di tempo durante il quale era stato assente dal mercato.

In seguito, durante una fiera a New York, abbiamo scoperto, grazie all’intervento dell’FBI, che l’opera era appartenuta a Max Stern. In America sono incredibilmente attenti e sensibili all’argomento e, così, abbiamo subito realizzato il da farsi.

Il "Bacco" di Verzijl a New YorkCome è avvenuta la collaborazione con l’FBI?

La collaborazione, anche se delicata per via dei molti documenti da compilare (e io detesto compilare documenti) ha seguito un percorso lineare. Abbiamo subito consegnato il dipinto all’ufficio preposto a questo tipo di episodi, dopodiché abbiamo organizzato assieme a loro una conferenza stampa al Museum of Jewish Heritage di New York, durante la quale il dipinto è stato ufficialmente riconsegnato alla Fondazione Stern, che ci ha calorosamente ringraziato per la donazione volontaria che abbiamo compiuto.

L’atto ha creato un po’ di scalpore/stupore nell’ambiente, perché di solito episodi come questo vanno a incancrenirsi in infinite dispute legali, dove tutti si sentono parte lesa e nessuno è disposto a scendere a compromessi.

Noi abbiamo fatto una scelta diversa, perché crediamo fortemente che oggi sia necessario compiere una serie di scelte professionali che siano anche etiche ed esemplificative. I galleristi amano l’arte molto di più (e molto più di altre categorie del settore…!) di quello che comunemente si pensa: i dipinti non sono “schiave turche” che si vendono al migliore offerente, ma rappresentano – per un gallerista – una scelta passionale. Sono Storia, Bellezza, Civiltà e poi, dopo, ovviamente anche denaro.

Il “Bacco” è tornato a casa e, se un giorno la Fondazione lo vorrà rivendere (cosa non troppo rara all’estero) a nome del defunto Stern, magari riusciremo anche a ricomprarlo: chissà, i quadri girano e rigirano.

Chi ci ha rimesso?

Nessuno, proprio per la scelta che abbiamo fatto. Qualcuno potrebbe dire che, in termini meramente economici, forse non è una scelta che ci ha favorito, dato il valore del dipinto. Ma una donazione è tale proprio quando ha spessore e consapevolezza. Il resto, è cialtroneria.

Le iniziative a cui state lavorando?

Sul versante culturale, oltre a non stancarci mai dei nostri amati Brueghel (sui quali stiamo lavorando anche a livello di una pubblicazione), stiamo pensando a due nuovi grandi progetti divulgativi. Una mostra su Rembrandt e la Golden Age organizzata per aree tematiche, in modo da chiarire una volta per tutta al visitatore italiano i punti fondamentali del ‘600 olandese (se ne sente il bisogno, il pubblico la chiede, lo abbiamo constatato dalle molte conferenze e lezioni che abbiamo tenuto in questi anni), e un’altra mostra dedicata, invece, all’intricata stagione del “Rinascimento Fiammingo” con l’idea di narrare un po’ tutto quello che è successo nelle Fiandre da Van Eyck a Bruegel.

Per il mondo culturale italiano è sostanzialmente un campo ignoto che, invece, è una stagione incredibilmente interessante e piena di geni assoluti. Ovviamente, per concretizzare idee del genere, servono anche istituzioni pubbliche che abbiano un minimo di intelligenza culturale e imprenditoriale. Questo è il punto più delicato.

L’attività della Galleria Caretto & Occhinegro, invece, sarà incentrata su una mostra commerciale tematica, che presenteremo all’estero e poi in Italia, ma per ora non vogliamo svelare altro, meglio un po’ di scaramanzia.

A cura di Saul Stucchi

Galleria Caretto & Occhinegro
Via Maria Vittoria 10
Torino

http://carettoeocchinegro.com/it

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