Per salvare la propria, a Dolone non valse la pelle di lupo con cui si ricoprì per spiare nell’accampamento dei Greci che stringevano d’assedio la ricca Ilio. Terribili quei Greci, dei, eroi o mortali che fossero, implacabili come i raggi del sole che illumina la loro terra. Per cercare di sopravvivere si deve rispettare scrupolosamente una lunga lista di accorgimenti e avvertimenti.
È tutto incentrato sul tema della prova lo spettacolo Il Vespro della Beata Vergine, tratto da un intenso testo di Antonio Tarantino, a cui dà corpo e voce Andrea Facciocchi diretto da Michela Blasi. Una prova a cui è sottoposto il figlio disgraziato di un padre emarginato, rancoroso, piegato ma non ancora abbattuto dalle risa sprezzanti degli altri, “quelli del bar” che passano il tempo a commentare le sventure altrui.
L’identità di questo figlio veniamo a scoprirla – ma sarebbe più corretto dire che riusciamo a intravederne i contorni, sfumati e sfuggenti – a poco a poco dal racconto del padre, a prima vista più preoccupato che gli scatti del telefono non sforino dalla fascia protetta che gli spetta. E invece il rapporto tra i due è molto più stretto e complesso e Facciocchi trasmette bene al pubblico in sala le rispettive angosce, accomunate dalla difficoltà di comunicare, come se ai due mancasse l’elementare grammatica degli affetti. La madre è un’assenza rievocata soltanto nella descrizione del cadavere ripescato dal fiume, mentre gli altri sono avversari da cui non farsi vincere o, nel migliore dei casi, potenziali alleati da farsi amici solo in vista della propria sopravvivenza.
Il testo è molto intenso e quando il tono tragico tocca le punte più elevate, interviene la correzione dell’ironia ad abbassare il registro, pur rimanendo nel campo del drammatico. Per alcuni aspetti mi è tornato in mente lo stile di Luciano di Samosata e dei suoi Dialoghi dei morti, oltre ai poemi omerici. Uscendo da teatro, ho ascoltato parte della conversazione tra due spettatrici, in cui una faceva notare all’altra la ripetizione frequente di formule ed espressioni, meccanismo retorico tipico dell’epica: acuta osservazione. La sala Cavallerizza, da par sua, è perfetta come ambientazione “catacombale”. Peccato solo per gli ininterrotti colpi di tosse che hanno funestato la prima: consigliamo di tenere sempre in tasca una caramella balsamica d’emergenza.
Saul Stucchi
IL VESPRO DELLA BEATA VERGINE
di Antonio Tarantino
con Andrea Facciocchi
regia di Michela Blasi
assistente alla regia Daniela Ferrante
Dal 14 al 23 gennaio 2011
Teatro Litta – Sala La Cavallerizza
Corso Magenta 24
Milano
Orari: dal martedì al sabato ore 21; domenica ore 17; lunedì riposo
Biglietto: 12 €; 9 €
Prenotazioni: tel. 02.86454545