Gerusalemme, Gerusalemme

Circa un anno fa mi era giunta voce di un viaggio a Gerusalemme, organizzato da un’associazione culturale che promuove attività di studio all’estero. A rigore, tali attività erano indirizzate a studenti, nell’ambito delle scienze umane, giuridiche, politiche ed economiche, ma io, che di ingegnere, allora, non avevo neanche il titolo, fregiandomi dell’appellativo di dottore, intuii che l’occasione di un viaggio in Terra Santa era un’opportunità che probabilmente non mi si sarebbe ripresentata mai più.

Perciò, più confuso che persuaso, decisi di buttarmi in questa spedizione in Israele che aveva come pretesto una serie di incontri con autorità diplomatiche ed accademiche del luogo, un vero e proprio workshop dal tema “la cooperazione tra la diplomazia internazionale e l’università per promuovere la pace e lo sviluppo”. Dico pretesto perché quando si va in “Terra Santa”, un po’ di sano turismo viene da sé. Mi decisi perciò a partire all’ultimo minuto o quasi: un mese è un intervallo di tempo sufficiente per sistemare gli impegni all’università, procurarsi il passaporto, tranquillizzare la mamma spiegandole che l’aeroporto di Tel-Aviv, benché il nome della città non suoni troppo amichevole, è uno dei più sicuri al mondo.
Non credo valga la pena raccontarvi giorno per giorno quello che è successo, le visite o gli incontri; piuttosto penso che possa essere interessante parlarvi di come mi sento adesso, di quel che ho capito, di quel che ho provato, di quello che ho portato con me, fornendovi tutte le informazioni necessarie laddove occorra.
Esperienza bella, toccante, completa, dal punto di vista culturale, religioso, turistico e godereccio. Si è passati dal sacro al profano, ma senza mancare di rispetto a luoghi e persone, tentando di vivere, quanto più a fondo possibile, le mille realtà che compongono il mosaico di Gerusalemme e, in misura minore, il resto dello stato d’Israele.
Stefano
(1° parte – segue)