Gerusalemme, Gerusalemme 3

Gerusalemme è una città in cui il concetto di normalità assume nuove forme, profondamente diverse dalla nostre. In Israele la normalità è che in aeroporto ti interroghino come se tu stessi cercando di ingannarli, che ti perquisiscano come fossi un criminale, ma dopo ti chiedano scusa per l’atteggiamento diffidente che devono assumere: in fondo anche loro sono persone come noi e sono i primi a sentirsi a disagio per il disagio che ci hanno arrecato.
La normalità è vedere militari spiegati dappertutto; la normalità è sapere che probabilmente qualcuno dei servizi segreti ti sta seguendo ed osservando; la normalità è la consapevolezza che noi stranieri non passiamo comunque inosservati; la normalità è vedere i ragazzi del servizio militare (poco meno che ventenni) girare la sera per le strade del centro, col mitra in una mano e il cellulare nell’altra; la normalità è sapere che qualche Israeliano o qualche Palestinese oggi potrebbe fare una gran bella stupidaggine; la normalità è incontrare per le strade e nei locali gente dall’apparenza “bizzarra”, dall’ebreo ultraortodosso col cappellaccio nero e le treccine, alla donna mussulmana col burqa. L'importante, quando si è lì, è rendersi conto che tutto questo è normalità, fa parte dello “status quo”, (espressione molto adoperata per indicare i delicati equilibri fra le varie parti) e la si vive con la stessa serenità (o quasi) con cui noi in occidente viviamo la nostra quotidianità.
Gerusalemme, al giorno d’oggi, si presenta separata in due parti distinte: la città vecchia e la città nuova. A loro volta ciascuna di esse è divisa in una zona palestinese e in una israeliana.
La città vecchia è delimitata da grosse mura di cinta e vi si accede tramite alcune enormi porte. Al di fuori di tali mura si estende la città nuova.

La città vecchia non va confusa con la città antica, cioè, per intenderci, quella della tradizione ebraica, quella dei tempi di Gesù, distrutta poi dai Romani e conquistata dagli Ottomani che la hanno ridotta sino ai confini attuali.
La città vecchia è un enorme guazzabuglio. Tutto ammassato, tutto mischiato, territorio arabo a tutti gli effetti, fatta eccezione per un quartiere ebraico e uno armeno. Al suo interno, persi in quel dedalo di stradette e stradine, ci sono i luoghi della tradizione (o per esser più corretti delle tradizioni) affidati, o meglio, spartiti tra vari popoli, confessioni, ordini religiosi di questo mondo. In realtà nulla di quel che si vede è esattamente quel che era un tempo perché è stato conteso e il padrone di turno ne ha lasciato un’impronta evidente. Sopra le reliquie dei luoghi sacri sono state erette enormi cattedrali, o sinagoghe, o moschee che ben poco hanno a che vedere con il luogo originale. Questo, se da un lato ne ha deturpato l’estetica e in certi casi violato la funzione, dall’altro ha reso possibile che questi luoghi arrivassero più o meno integri sino ai giorni nostri. Perciò, in fondo, è poco male. (3 – segue)
Stefano