“Allora Pallade Atena diede forza e coraggio a Diomede figlio di Tideo” e il quinto libro si apre con gli Achei che hanno il sopravvento sui Troiani. Ciascun eroe greco uccide un nemico, colpendolo in una parte del corpo diversa rispetto alle vittime dei commilitoni. Fireclo è miracolosamente sfuggito al compilatore dell’indice dei nomi, pubblicato in coda al volume (ma solo perché il suo nome è Fereclo, come vi è correttamente riportato), ma non ebbe scampo contro la furia di Merione che “lo inseguì, lo raggiunse e lo colpì sotto la natica destra: trapassandolo da parte a parte: la punta attraversò la vescica e arrivò fino all’osso; urlando, lui cadde in ginocchio, e la morte lo avvolse”. Che morte ingloriosa: morire per una ferita alla chiappa!
Quando Pandaro riesce a ferire Diomede, Atena infonde a quest’ultimo la forza perché riprenda la battaglia con più vigore di prima. Ed ecco che affronta la coppia Pandaro-Enea, uccidendo il primo e ferendo il secondo.

Un’altra dea interviene allora a modificare di nuovo il corso degli avvenimenti per come andrebbero se agissero soltanto gli uomini. È Afrodite che salva il figlio, rimanendo però lei stessa colpita a un braccio. Ormai gli Achei combattono anche contro gli dei!
Ci pensa Apollo a ristabilire il sostanziale pareggio, infondendo coraggio e forza al figlio di Anchise. Tutti i Troiani riprendono vigore.
Tlepolemo inveisce contro Sarpedonte, ricordando l’impresa di suo padre Eracle che distrusse Troia con appena sei navi. In cambio Sarpedonte lo uccide. Le divinità si dividono secondo le rispettive preferenze. Apollo, Ares e Afrodite parteggiano per i Troiani, mentre Era e Atena sostengono gli Achei. Atena incoraggia Diomede a contrastare Ares perché il dio della guerra è un “voltafaccia”: aveva infatti promesso che avrebbe combattuto i Troiani e invece ora li sostiene apertamente. L’eroe, aiutato dalla dea, ferisce Ares che si rifugia sull’Olimpo a piangere da Zeus, senza però trovarvi compassione: anzi, il padre degli dei lo rimbrotta severamente, ribadendo l’accusa di essere un voltagabbana.
Saul Stucchi
La foto qui sopra è presa dalla Settimana Enigmistica del 30 luglio 2011

I versi più belli:
“Ma se ritornerò,
e rivedrò la mia patria, la mia sposa, la mia bella grande casa,
che mi si possa tagliare la testa
se non getto sul fuoco ardente questo inutile arco,
dopo averlo spezzato con le mie mani!”. (V, 212-216)
Omero
ILIADE
Traduzione di Dora Marinari
Commento di Giulia Capo
Prefazione di Eva Cantarella
Con testo greco a piè di pagina
La Lepre Edizioni
2010, pp. 1074
28 €
www.lalepreedizioni.com