Immagino che per un regista fare teatro consista soprattutto nel confrontarsi. Certo: in primo luogo con il testo che vuole portare in scena e con il suo autore, ma poi con una lunga (si spera!) teoria di convitati tutt’altro che di pietra. Con i padri, i classici, i maestri (buoni e cattivi), i colleghi… In qualche modo vale lo stesso per gli spettatori. Ciascuno di noi, quando si alza il sipario e comincia lo spettacolo, compie un viaggio parallelo fatto di rimandi, incroci, ricordi – di altri spettacoli, di libri, di esperienze vissute – richiamati dalla rappresentazione, ma soltanto in minima parte sollecitati dal regista (alludo alle “citazioni”).
Martedì sera ho pensato a questi incroci assistendo alla prima dell’Enrico IV di Pirandello per la regia di Alberto Oliva, in cartellone al Teatro Litta di Milano fino al prossimo 16 febbraio. Sulla scena incombono due giganteschi ritratti di Enrico IV e di Matilde di Toscana (ma universalmente nota come Matilde di Canossa) e due grandi librerie, ma la prima associazione mentale che ho “registrato” è stata con una celebre tela di Füssli esposta al Louvre, intitolata “Lady Macbeth sonnambula”. Proprio come qui, nell’Enrico IV, la luce artificiale della lanterna non basta a rischiarare, a interrompere la confusione di stato tra sonno e veglia, tra follia e ragione. Ma se in Shakespeare domina il dramma, in Pirandello è il grottesco a imporsi. Lo denunciano subito le maschere indossate dai personaggi in scena (molto belli i costumi di Marco Ferrara). E proprio di una mascherata si tratta: non soltanto quella durante la quale il protagonista ha battuto la testa, ma la vita degli uomini in sé e per sé.
Quando arriva, “Bertoldo” ancora ignora il personaggio che dovrà rappresentare di fronte al folle che si crede Enrico IV (ma non quello di Francia. Quello di Germania: “Il grande e tragico imperatore!). “E il guajo è che non lo sappiamo neanche noi, chi sei tu” gli risponde “Arialdo”. Ma lo spettacolo – è una regola ferrea mutuata proprio dalla vita – deve comunque andare avanti e del resto basta indossare una maschera per entrare nella parte. Sulla scena non la indossa il protagonista, un superlativo Mino Manni che si è meritato i più calorosi applausi del folto pubblico, ma Enrico IV “è” comunque un personaggio. Tutti noi lo siamo. Si copre con la sua finta follia e anche quando si denuda – letteralmente – non riesce a svelarsi, a mostrarsi per come veramente è. Arriva a dire “sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! -Il guajo è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia”, ma alla fine non può che rientrare nel personaggio che si è scelto.
La rassegnazione è la cifra di Enrico IV. Per come la vede lui (con Pirandello) la rassegnazione è una forma di intelligenza che tiene al riparo da guai peggiori, “le velleità”. Ciascuno si arrocca sul bel concetto che si è fatto di sé, ingannando per primo se stesso. Ma insieme e in più c’è altro, per Enrico IV: c’è il piacere di essere spettatore di se stesso, della propria storia. Conoscendone sviluppo e fine, egli può godere di tutti i casi, per quanto tristi, perché essi sono fissati per sempre e non possono cambiare. E in fondo, non è così la vita dell’attore? Un continuo vivere drammi, innamoramenti e felicità passeggere consapevoli di come andrà a finire e di come ricomincerà la sera successiva.
Quello curato da Oliva è uno spettacolo solido, ben costruito, che rivela nell’impianto e nei dettagli la maturità raggiunta dal giovane regista (“non si può avere sempre ventisei anni, Madonna!”, per rubare una battuta al protagonista). La scenografia, le luci e i costumi sono perfettamente calibrati sul testo, così che ne risulta un allestimento classico, nel senso più nobile del termine (peraltro chi scrive conosce solo valori positivi del termine).
Saul Stucchi
Foto di Gianni Congiu
Dal 21 gennaio al 16 febbraio 2014
ENRICO IV
di Luigi Pirandello
Regia: Alberto Oliva
Con: Mino Manni, Davide Lorenzo Palla, Giancarlo Latina, Daniele Nutolo e Sonia Burgarello
Disegno luci: Fulvio Melli
Scene: Alessandro Chiti
Costumi: Marco Ferrara
Teatro Litta
Sala Teatro Litta
Repliche: da martedì al sabato ore 20.30; domenica ore 16.30; lunedì riposo
Biglietti: da martedì alla domenica intero 19 €, ridotti 9/13 €