Il pubblico ha apprezzato. Nessun contorcimento di budella, né assalto al teatro, né tantomeno violenza al direttore: solo applausi e qualche “bravissimo, Mauricio!” (pronunciato alla spagnola).
Ieri sera al Teatro Real di Madrid è andata in scena la prima rappresentazione assoluta de El Público, opera commissionata dallo scomparso Gerard Mortier a Mauricio Sotelo, tratta dall’omonimo lavoro teatrale di Federico García Lorca. E nessuna reazione negativa che viene paventata (o paradossalmente, auspicata) nel testo si è verificata.
Sarà che sono trascorsi oltre ottant’anni dal 1930, ultima data a cui possiamo riferire gli interventi dell’autore sul testo, le cui genesi e trasmissione sono particolarmente complesse e oscure (e per le quali rimandiamo all’introduzione di Glauco Felici per la collana Collezione di teatro dell’editore Einaudi).
Sarà che nel frattempo la società spagnola, al pari di altre europee, si è evoluta e affronta una tematica come quella dell’omosessualità con uno spirito molto più aperto, tanto da non sentirsi offesa né scandalizzata. Sarà che Sotelo ha sparso una “polverina magica” su tutta l’opera per farne un colossal flamenco, all’incrocio tra tradizione e rivoluzione.
Durante un piacevolissimo caffè con la stampa internazionale, Sotelo e il librettista Andrés Ibáñez hanno raccontato come è nato e si è sviluppato il progetto, sottolineando la diversità de Il Público dalle altre opere teatrali di García Lorca: predominano i toni contrastati, il linguaggio è crudo ed esplicito se non osceno, quasi ogni parola nasconde un simbolo, la tematica è lontana dai cliché delle opere teatrali spagnole contemporanee.
Essendo un’opera che alla prima lettura può risultare poco comprensibile o addirittura urticante (quando a L’Avana Lorca lesse alcuni brani ai suoi amici durante il soggiorno cubano, non ricevette da loro alcun apprezzamento…), Sotelo sentiva la necessità di lavorare su un libretto dalla struttura chiara ed è quello che ha realizzato Ibáñez, che pure è rimasto fedele allo spirito e alla lettera di Lorca, nonostante i tagli. E lo spettacolo che ne è risultato mi è parso meno “rivoluzionario” del previsto.
C’è infatti molta tradizione spagnola, a cominciare dal flamenco. Anzi, proprio le parti di flamenco affidate a ballerini, cantanti e al formidabile chitarrista Cañizares emergono come le vette emozionali più intense dello spettacolo: pura elegia dell’amore, ma un amore contrastato e impastato di morte. La scenografia, molto elaborata, ricostruisce un mondo onirico in cui i costumi sottolineano nei colori e nelle fogge i simboli di cui è ricca l’opera. Allo spettatore sembra di essere invitato a passare dall’altra parte dello specchio per ritrovarsi in una delle affollatissime scene dipinte da Bosch, come nelle Tentazioni di Sant’Antonio.
Orientarsi serve a poco, è meglio lasciarsi cadere e trasportare dalla musica che segue il testo, nota per nota parola per parola. Sono rincorse, fughe, discese e risalite, sottolineature e accenni a quanto avviene sul palcoscenico, dove riveste (è proprio il caso di dire) un ruolo centrale il paravento. È dietro il paravento, simbolo dell’occultamento, che i personaggi si cambiano d’abito e dunque di personalità. Le maschere, come in Pirandello, sono intercambiabili, ma sono le uniche facce che si possono mostrare in pubblico, al pubblico.Sul finire dell’opera profetizza il personaggio del regista:
“Algún día, cuando se quemen todos los teatros, se encontrará en los sofás, detrás de los espejos y dentro de las copas de cartón dorado, la reunión de nuestros muertos encerrados allí por el público. ¡Hay que destruir el teatro o vivir en el teatro!”
“Un giorno, quando tutti i teatri bruceranno, si troverà nei divani, dietro gli specchi e dentro i bicchieri di cartone dorato, l’insieme dei nostri morti lì imprigionati dal pubblico. Bisogna distruggere il teatro o vivere dentro il teatro!”
Sotelo ha deciso di rimanere dentro il teatro. Se El Público di García Lorca è un’opera meta-teatrale che critica il teatro “all’aria aperta” ormai morto (con buona pace di Shakespeare e della sua Giulietta), l’opera di Sotelo è meta-teatro al quadrato, ma pur sempre nei limiti del teatro. Anche perché fuori, non c’è nulla. Ci ha infatti insegnato Shakespeare che tutto il mondo è un palcoscenico.
Un’ultima considerazione: negli ultimi anni gli Spagnoli si sono impegnati nella ricerca delle salme di Cervantes e di García Lorca (al momento entrambe senza esito). Con il suo El Público Sotelo rende omaggio allo spirito di Lorca e sembra voler dire: un autore vive nelle sue opere, non nel suo corpo.
Saul Stucchi
Foto: © Javier del Real / Teatro Real
“El Público”
Opera in cinque quadri e un prologo
Libretto di Andrés Ibáñez, basato sulla opera di teatro El Público (1928) di Federico García Lorca
Prima assoluta
Incarico e nuova produzione del Teatro Real
Klangforum Wien
Coro Titolare del Teatro Real
Direzione musicale: Pablo Heras-Casado
Direzione di scena: Robert Castro
Scenografia: Alexander Polzin
Costumi: Wojciech Dziedzic
Luci: Urs Schönebaum
Coreografia: Darrel Grand Moultrie
Direzione del suono: Peter Böhm
Assistente alla direzione del suono: Florian Bogner
Direzione del coro: Andrés Máspero
Direttore: José Antonio López
Primo cavallo: Arcángel
Secondo cavallo : Jesús Méndez
Terzo cavallo: Rubén Olmo
Primo uomo: Thomas Tatzl
Secondo uomo: Josep Miquel Ramón
Terzo uomo: Antonio Lozano
Elena: Gun-Brit Barkmin
Imperatore / Prestigiatore: Erin Caves
Julieta: Isabella Gaudí
Servitore / Infermiere: José San Antonio
Chitarra solista: Cañizares
Percussionista: Agustín Diassera
TEATRO REAL
Plaza de Isabel II
Madrid
Info:
www.teatro-real.com