Ieri, mercoledì 20 novembre, al Museo Egizio di Torino si è tenuto il momento più alto delle celebrazioni per il bicentenario della fondazione, avvenuta nel 1824, quando l’Italia unita era ancora di là da venire.
Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del ministro della Cultura Alessandro Giuli, del segretario generale del consiglio supremo delle Antichità dell’Egitto Khaled Mohamed Ismail e, ovviamente del direttore e della presidente del Museo Christian Greco ed Evelina Christillin, si è aperta una nuova pagina per il più antico museo egizio del mondo e il secondo per importanza, dopo quello del Cairo.
Al netto della retorica – inevitabile in un’occasione così importante, ma forse un po’ eccedente il limite della sobrietà sabauda che ha segnato la lunga storia dell’istituzione – si è trattato di un importante momento di festeggiamento e insieme di riflessione sul ruolo del museo nel presente e soprattutto nel prossimo futuro.
Passato e futuro
Nella tarda mattinata si sono avvicendati tre curatori, seguiti dal direttore e dalla presidente; a chiudere il ministro Giuli, mentre Mattarella non ha pronunciato alcun discorso.
Enrico Ferraris ha presentato il progetto Materia. Forma del Tempo, risultato di un’evoluzione iniziata giusto dieci anni fa. L’archeometria, termine ombrello sotto il quale s’incontrano tante discipline diverse, permette di rileggere – e insieme leggere meglio, in modi nuovi – il ricchissimo patrimonio del museo, compresi quei reperti finora considerati “muti” perché non accompagnati da notizie di scavo o di provenienza.
La galleria del museo recentemente inaugurata si divide in tre sezioni, dedicate rispettivamente a legno, terracotta e pietra. Questa evoluzione è in realtà una rivoluzione che consente di trasformare i dati in una nova narrazione.
Nuovi allestimenti
Alessia Fassone ha rievocato la vicenda del tempietto di Ellesiya, fatto costruire da Thutmose III attorno al 1450 a.C. per celebrare le sue campagne in Nubia.
Arrivato via mare e poi per treno a Torino, il tempietto venne inaugurato nel 1970 dall’allora direttore Silvio Curto. La nuova tappa della sua plurimillenaria storia prevede un accesso libero e gratuito, indipendente dal percorso espositivo del museo, direttamente da via Duse. Costituirà un punto d’incontro tra il Museo Egizio e la cittadinanza, intesa nel senso più ampio, internazionale, del termine.
Il tempietto rupestre – vi si accedeva via fiume – fu donato all’Italia dal presidente egiziano Nasser nel 1966 in riconoscimento dell’impegno sostenuto dal nostro Paese nella campagna internazionale per il salvataggio dei monumenti che altrimenti sarebbero stati sommersi (molti infatti lo sono stati) dalla gigantesca diga costruita per rispondere ai bisogni idrici sempre più esigenti dell’Egittto.
A Federico Poole è toccato il compito di presentare il nuovo allestimento della Galleria dei Re, la cui inaugurazione ha segnato la giornata di ieri. Il precedente allestimento, firmato dal celebre scenografo Dante Ferretti (vincitore di tre premi Oscar), aveva una durata prevista di appena sei mesi, giusto il tempo delle Olimpiadi Invernali. Quel semestre si è invece dilatato in un arco temporale di ben diciotto anni, a riprova dell’innegabile fascino e dell’apprezzamento da parte del pubblico.
Ma era ormai arrivato il tempo di tornare a una lettura più filologica e chiara delle statue lì collocate. Nel nuovo allestimento le statue tornano a essere protagoniste. Si abbassano, letteralmente, all’altezza degli umani – noi visitatori – e si fanno più leggibili.
Per la prima volta, per esempio, si può girare intorno alla statua più famosa del museo (la sua icona), quel Ramesse II che è stato definito l’Apollo del Belvedere della scultura egizia.
Christillin e Greco si sono soffermati sulle tappe che hanno portato a questa storica ricorrenza, essa stessa tappa di un percorso tuttora in atto. “Per festeggiare i 200 anni un solo giorno non poteva bastare” ha detto la presidente.
Restare al passo
Particolarmente intenso – e applaudito – è stato il discorso di Christian Greco, intessuto di parole pesate e a lungo pensate. L’ha aperto con la citazione dal Canto dell’arpista che lui e la presidente hanno messo a guardia del loro libro Le memorie del futuro. Musei e ricerca, pubblicato da Einaudi nel 2021. Quelle sono state le parole chiave: memoria e futuro, musei, ricerca ed educazione.
Il museo cambia costantemente pelle per restare al passo della società e deve impegnarsi a costruire ponti e ad abbattere barriere.
Il tema dell’accessibilità – a monte e non a valle, ovvero come fondamento e non come accessorio – guida l’azione del ministro della Cultura nelle parole dello stesso Giuli che ha chiuso il programma degli interventi, a cui è seguita la visita del presidente della Repubblica nella nuova Galleria dei Re.
Saul Stucchi
Museo Egizio di Torino
via Accademia delle Scienze 6
Torino